Fondazione Giangiacomo Feltrinelli

Cos’è il populismo? Quali sono gli elementi che lo caratterizzano? Quando è corretto parlare di populismo a proposito di una formazione politica o di un governo?

Il ritorno sulla scena politica negli ultimi anni di fenomeni politici che sembrerebbero caratterizzarsi per la presenza di elementi “tipici” del populismo ha indotto molti, fra studiosi e non, a interrogarsi sulla natura di questo fenomeno, nonché sui confini entro i quali sarebbe “lecito” ricorrere a una categoria e ad un termine molto spesso, occorre dirlo, abusati e utilizzati impropriamente.

Il sociologo italiano Gino Germani (1911-1979) è stato indubbiamente uno dei precursori sulla strada della comprensione del fenomeno in questione nella sua specificità storica. Sono stati, infatti, proprio i suoi studi sul peronismo che, ad esempio, hanno inaugurato la cosiddetta definizione «cumulativa» del populismo, che avrebbe occupato un posto di primo piano nel campo delle scienze sociali per vari decenni (Zanatta 2004). Tra i suoi lavori pubblicati in Italia ricordiamo i saggi “Tradizioni politiche e mobilitazione sociale alle origini di un movimento nazional popolare: il Peronismo” (1974), Autoritarismo, fascismo e classi sociali (1975), “Ideologie autoritarie e crisi di transizione” (1976), “Democrazia e autoritarismo nella società moderna” (1981).

Eppure, come ha sostenuto di recente Federico Finchelstein nel saggio From Fascism to Populism in History (2017), nonostante il suo contributo pionieristico allo studio della materia in questione, peraltro determinante nella correzione della visione distorta che in Europa si aveva di quest’esperienza “tipica” del contesto latinoamericano, l’opera di Germani è stata ed è tutt’ora in larga parte ignorata (https://fondazionefeltrinelli.it/fascismo-e-populismo-conversazione-con-federico-finchelstein/).

Sarebbe piuttosto complicato scindere l’attività di sociologo e la ricca produzione scientifica di Germani dalla sua esperienza di vita come militante antifascista. Le sue prime riflessioni sul destino della democrazia nella società moderna e sulle radici dei regimi autoritari e totalitari vengono fuori, infatti, nella primavera del 1930, durante il suo periodo di reclusione per mano della polizia politica del regime fascista, all’interno del carcere di Regina Coeli, prima, e, successivamente, sull’isola di Ponza. Costretto all’esilio in Argentina, riprese i suoi studi universitari presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Buenos Aires, convertendosi in breve tempo in uno dei più apprezzati nomi del panorama accademico locale. Con l’avvento del peronismo, a causa dei suoi studi, Germani fu censurato, allontanato dall’Università e anche messo agli arresti. Solo dopo il colpo di Stato che segnò l’uscita di scena di Juan Domingo Perón a Germani venne concesso di riprendere l’attività di accademico, attività che lo avrebbe condotto nel giro di pochi anni ad affermarsi come uno dei principali artefici dell’istituzionalizzazione delle scienze sociali in Argentina. Germani sarebbe tornato in Italia solo alla metà degli anni Settanta, grazie alla proposta ricevuta dallo storico Giuseppe Galasso di contribuire alla cattedra di Sociologia presso la Facoltà di Lettere dell’Università Federico II di Napoli[1].

Fu mediante lo studio diretto dell’esperienza del peronismo in Argentina e, in modo particolare, attraverso l’analisi della struttura economica e sociale e della derivante composizione di classe presente all’interno del contesto in questione che il sociologo italiano si avvicinò al tema del populismo. Il peronismo veniva definito da Germani come un movimento sociale e ideologico – nonché, una volta al governo, una forma di dominazione autoritaria – affermatosi nel passaggio da una società di tipo tradizionale ad una società moderna industriale, in cui rapidi cambiamenti socio-economici e socio-culturali avevano prodotto un significativo spostamento della popolazione, modificando sostanzialmente la composizione delle classi inferiori e gettandole in esperienze lavorative, stili di vita e contesti sociali completamente nuovi (Germani 1982). In questa transizione da una società all’altra, un leader carismatico, grazie anche ad un sapiente utilizzo dei nuovi mezzi di comunicazione (a cominciare dalla radio) aveva stabilito una relazione diretta e non mediata con queste “nuove” grandi masse di lavoratori precedentemente escluse dalla partecipazione politica, presentando sé stesso come l’unico in grado di aiutarle e di rappresentarne realmente gli interessi (ibid.). In questa prospettiva, il potere di Perón – prototipo del leader populista – si fondava su di un’idea di partecipazione politica diretta propria della cultura politica creola, una sorta di “democrazia inorganica” «basata non solo sull’accettazione passiva di un sovrano autoritario, legittimato dalla tradizione o accettato per il suo carisma (anche se questa qualità era necessaria), ma anche radicata nel sentimento del diritto di partecipare» (ibid.)[2].

L’insistenza di Germani sul fatto che il peronismo non si identificasse con il fascismo, al netto delle similitudini e anche degli stretti vincoli ideologici esistenti fra Perón e Mussolini, non era il prodotto di un mero esercizio teorico, ma rispondeva alla necessità di comprendere a fondo le contraddizioni insite nella modernità e le condizioni che favoriscono la crisi e, eventualmente, il crollo stesso delle democrazie. Secondo Germani, infatti, la società moderna, che aveva offerto la cornice necessaria allo sviluppo delle forme democratiche fino alle ultime e più estreme conseguenze, portava con sé, allo stesso tempo, delle tensioni “strutturali” che avevano condotto in passato e che avrebbero potuto condurre in futuro alla soppressione della democrazia stessa. Il crollo di questa sarebbe potuto coincidere con l’avvento di regimi di tipo autoritario, totalitario, o di soluzioni populiste nazionali che, se fondate sul sostegno di una maggioranza effettiva della popolazione, si sarebbero caratterizzate per la compresenza di elementi di tipo democratico e componenti autoritarie (Germani 1979).

Nel corso dei decenni successivi al periodo in cui si inserì l’attività di Germani il populismo è stato oggetto di grande attenzione da parte delle scienze sociali. Tantissimi fra sociologi, politologi e storici hanno continuato ad occuparsi del tema. Nel frattempo, l’apporto di Germani è stato progressivamente messo da parte o relegato ai margini delle interpretazioni europee e nordamericane del fenomeno in questione. Probabilmente è proprio dai suoi lavori che bisognerebbe ripartire per una migliore comprensione di quella che continua a rappresentare una categoria analitica tutt’altro che semplice da inquadrare.

 

[1] A. A. Germani, “Sobre la «crisis contemporánea». Gino Germani 1911-1979”, in C. Mera e J. Rebón (a cura di), Gino Germani. La sociedad en cuestión. Antología comentada, CLACSO, Buenos Aires, 2010, pp. 20-43.

[2] Traduzione a cura dell’autore del presente articolo.

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