Uno sguardo allo Stato Pontificio

Uno sguardo allo Stato Pontificio.
Grandi speranze si pongono nella Commissione governativa di Stato.
Guai s’ella non si arma di energia.
e si lascia addormentare ! Convien che agisca con grande
circospezione e immensa attività : conviene che si
guardi dagli uomini, che circondarono il Pontefice e che
quantunque non implicatisi nella tremenda rivoluzione,
la prepararono ed ora si chiamano uomini della moderazione.
Se io dicessi che nello Stato Pontificio la moderazione
affretterebbe un altro rovescio, mi ecciterei contro la critica
della stampa toscana, la quale dovrebbe
ricordarsi che nell’ anno passato grandi mali essa pure,
anche la così delta parte moderata, preparò alla sventurata
Italia. Eppure la cosa è così : la moderazione nei
dominj della Chiesa prepara una via sicura ad una seconda
catastrofe ; perchè la moderazione vuole che sia
serbato lo Statuto, che siano i ministri laici, che siano
richiamate alle cariche persone, le quali non hanno
violentemente congiurato contro il governo papale, ma
gli son avverse : la moderazione vuole che nessuna misura
di rigore sia presa contro coloro che sono stati i
principali autori della rivoluzione. Coloro che predicano
la moderazione devono ignorare certamente che nello
Stato della Chiesa esiste una fazione nemica del Cattolicismo
e della società , la quale se colla repubblica ha
congiurato all’ aperto, ora ricomincia la lotta delle congiure
segrete. Questa fazione congiura non per avere
forme costituzionali più o meno larghe, questa più che
quella forma di governo ,? ma per rovesciare l’edificio
sociale, per annientare i principj di morale, per piantare
una bandiera, su cui sia scritto come su quella dei socialisti
francesi : Dio è una menzogna, la proprietà è
un furto: o almeno sia scritta l’epigrafe del deismo:
Dio e il popolo ; congiura per arricchirsi derubando, saccheggiando.
Ed è perciò che ad essa sono stretti, e di
essa sono il principale sostegno le persone le più disperate
5 avvocati senza clientele, medici senza riputazione, nobili
ignoranti e spiantati, letteratuzzi dozzinali,
poetastri, giornalisti a cui manca il buon senso, e poi
gente di plebe, pronta ad ogni delitto. E simili
persone erano quelle, eccettuate assai poche, le quali
dominavano durante la repubblica romana del 1849. Tutta
gente, che nulla aveva da perdere : che avevano in fatti
un Mazzini, un Saffi, un Rusconi, Lazzarini, Mariani,
Avezzana, Garibaldi, Roselli, Galletti, e quasi tutta la
schiera dei membri componenti 1′ Assemblea ? Mazzini un
avventuriere genovese, mantenuto dalla setta della giovane
Italia : Saffi, un conte spiantato di Forlì, a cui per compassione
fu data, sono pochi anni, la carica di segretario dell’ amministrazione
provinciale : Rusconi un tristo
romanziere, poi un immondissimo giornalista : Lazzarini,
un avvocato incipiente della curia di Forlì, dove, in mancanze
di cause, si occupava di congiure segrete coi Sajani,
coi Romagnoli e altri settarj : Mariani, un miserabile di
Marano, presso Subiaco, che viveva alle spalle di un suo
zio sacerdote : Avezzana, un demagogo di Genova, che cercava
fortuna nel disordine: Garibaldi, un avventuriere,
che viveva predando: dicasi lo stesso degli altri. Or costoro
tutti sono partiti portando seco grande quantità d’ oro
e argento e lasciando allo Stato milioni di carta-monetata.
Eppure avevano essi rovesciato il governo papale per
il bene dell’ Italia , per il bene del popolo , così andavano
dicendo ; ma il fatto mostra che lo roversciarono per arricchire.
E per arricchire essi spogliarono le chiese, i monasteri,” imposero
contribuzioni, saccheggiarono ec, onde
non patrioti, ma predoni meritano di essere chiamati.
Questi eroi, questi settarj, che favellavano a nome di
Dio e del popolo hanno potuto, non dico per colpa di
chi, fuggire coi loro passaporti : e siccome le cose a loro
sono tornate assai bene, perchè hanno potuto sfogare le
loro passioni, rubare a man salva; così non lasciando la
speranza di un’ altra rivolta, la preparano dalle rive del
Tamigi, dalle isole Jonie, dall’ Elvezia ec. E nello Stato
hanno lasciato” i loro colleghi nelle civiche, le quali non
hanno più le armi ma continuano ad essere organizzate
col loro colonnello e coi loro capitani ; nei circoli, i quali
non si adunano più in bene illuminate sale, ma in segreto;
in molti magistrati, che mostrano affezione al governo papale per
avere provvedimenti e modo a meglio
far congiure ; nella plebaglia, che aveva imbrandite le
armi, e che nel mestiere delle medesime lucrava una
mercede, che era follia sperare d’ altronde. A questa gente
rimasta nello Stato si rivolgeranno sempre i capi della fazione
che in tutta pace si godono quanto hanno derubato : vi si
rivolgeranno colle stampe clandestine, coi
segnali di convenzione, cogli emissarj, e mille altri mezzi.
Che se così sono le cose, io chieggo se un governo,
che intende ristabilirsi, dovrà usare moderazione ? Prima
sia spenta la fazione, e poi regni la moderazione : ed io
quando dico di spegnere, non intendo di uccidere ogni
fazioso, no ; ma di renderlo impotente a più nuocere.
E per conseguir ciò, guai al governo se si accontenta
delle mezze misure ! getti uno sguardo sul passato. La
clemenza di Pio IX, perchè illimitata, lo ha costretto
a fuggire, ed ha bagnato di sangue il Campidoglio : una
seconda clemenza simile alla prima affretterebbe una
seconda rovina : essa sarebbe un atto d’ingiustizia, essendovi
il danno del terzo : farebbe trionfare gli scellerati , i nemici
dei troni e della Religione, e farebbe
nuovamente gemere i buoni. La moderazione nel governo getta
fra noi la classe delle persone oneste nella,
desolazione, e i perversi riempie di contento.
Forse taluno potrebbe rimproverarci di crudeli, dirci
avidi del sangue di questi sciagurati : no ; noi abborriamo
dal sangue : è vero che coi ladri e gli assassini conviene
adoprare secondo le enormezze dei delitti la scure,
ma noi non intendiamo eccitare a ciò il governo : lo
eccetiamo però a rendere impotente la setta, a sradicarla
a qualunque costo : perchè la questione che si agita è
di vita o di morte: si tratta di vedere la società
governata da uomini immorali, ladri, assassini, da uomini
che tutto rovesciano, o da persone oneste, volenti
la giustizia e 1′ ordine Ed a spegnere la setta, la moderazione
nulla giova. Perchè finora si è voluta la moderazione, noi
nelle città e nelle borgate udiamo ancora
canti repubblicani , leggiamo libercoli irreligiosi, vediamo
segni convenzionali, si odono minacce, si macchina in segreto,
si nascondono armi, si veggono al
potere ancora uomini di perduta fama, le polizie sono
ancora impotenti, si paralizza 1′ azione dei governi, si
scredita, si combatte. Il governo per non fallire tenga
sempre innanzi, che nello Stato, in mezzo alle maggioranze
dei buoni, vi ha una fazione senza pudore, audace, pronta
ad ogni cimento, baldanzosa per tante ribalderie impunite,
la quale non dorme mai, ma veglia, esplora, travaglia onde
rovesciare il potere costituito. Il governo pontificio vuole
o non vuole continuare la sua
esistenza? Se vuole, si persuada che bisogna reprimere la
fazione, che minaccia ucciderlo. Si provveda di mezzipotenti
onde non soccombere nella lotta : cogli audaci,
audacia ; coi moderati soltanto moderazione. Il governo
pontificio ama o non ama gli onesti suoi sudditi? Se li
ama imponga una volta freno alla fazione, la quale, sa
solleva il capo, getta in maggiori sciagure i buoni cittadini.
Conviene che il governo si faccia forte, proceda
coraggioso, e senza riguardo; sui malvagi piombi il rigore
della legge : la clemenza non giova a farli buoni ; essa
al contrario li rende più arditi. Gli agitatori considerano
le concessioni dell’ Autorità, non come una compassione
o indulgenza del potere verso di loro, ma sì
come un proprio diritto, o paura in chi comanda. Il
governo pontificio con tutta alacrità eserciti la giustizia,
procuri il vero bene dei popoli ; e non si lasci illudere
dalla forma, senza cui si crede a’ dì nostri non potersi
ben governare. %,
{Dal Messaggere di Modena 20 agosto 1849