Relazione della famosa sentenza di morte eseguita in Parigi colla ghillotina nello scorso Giugno 1848… dopo
RELAZIONE
della famosa sentenza di morte eseguita in Parigi colia ghillotina nello scorso Giugno 1848
sopra i5 individui francesi e quattro italiani rifuggiati, che appartenevano alla compagnia
dei 5o assassini, che da tanti anni si sottrassero alle indagini della polizia e delle camere di
giustizia di Parigi, nelle cui mini poi capitarono per F ultimo orrendo misfatto da essi commesso
nel Castello di S. E. il Barone di Glosè distante 4 ore ^a Parigi, dove fra feriti e morti
da loro si contano più di 5o individui 3 nei quali non fu risparmiata la vita neppure a
donne incinte ed ai fanciulli in fascie.
Era da molto tempo che un orda infame di scellerati assassini infestavano la Francia ,
il loro capo era il famoso Bordoà che come un tempo il gran Mastrili di Terracini ed il gran
Diavolo di Genova era divenuto il terrore di tutti i paesi di
campagna nei quali si presentava. Fra i cinquanta suoi scellerati compagni aveva due
rifuggiati napoletani, Francesco Costa,
ed Andrea Volpe , e due altri rifuggiati romagnuoli, Carlo Testa ed Antonio Bovi.
Più che sui suoi francesi Bordoà si fidava su questi quattro
fierissimi italiani, che più che gli altri all’occorrenza di ogni
delitto da commettersi, erano capaci di secondarlo nel valore e
nell’uso dell’armi e delle attrocità.
Da pertutto ove si presentavano o sulle strade contro i poveri viaggiatori, o nelle
case contro i pacifici abitatori della campagna, commettevano furti ed omicidj,
mali trattamenti colle
spose, le vedove e le figlie degli infelici assassinati.
Indi si ritiravano nelle valli, nelle montagne e nei boschi ;
e là dopo aver lavati dal sangue i coltelli dell’assassinio, tripudiavano in lautissimi convitti.
Su Bordoà, e sopra i suoi fidi rifuggiati italiani, e sopra alcuni altri francesi non compariva
giammai un ombra di rimorsi. Essi anzi conversando al lauto loro pranzo ridevano ed esultavano
al racconto dei barbari annedoti che ad essi succedevano , e si facevano racconto dei commessi
delitti, cioè di aver involato tant’oro a questo a quello, di aver maltrattata la moglie del tal
altro; e di aver violentata questa e quella fanciulla innocente, molte delle quali erano restate
vittime delle loro scelleratezze.
Uno di questi chiamato Fransoà aveva voluto nell’assalto di
una famiglia nelle vicinanze di Nantes salvare una bellissima
fanciullina, ma non gli fu possibile. L’ empio Bordoà volle anzi sugli stessi occhi di questo
suo complice , ma un poco più sensibile, uccidere questa innocente fanciullina con un colpo del
«no pugnale.
Chi considera atti simili di attrocità in un uomo , deve concludere, che l’uomo, perduto ogni
sentimento di Religione, si abbandona al delitto, egli diviene più crudele delle Tigri e delle
Jene, ed il più perfido, il più crudele degli animali che Dio
ha posto sulla terra.
Noi però consoliamoci in Dio che non sono che rari questi
casi in cui la natura produce uomini si brutali e snaturati.
Invano per tanto tempo la vigilanza della polizia inseguiva il
famoso assassino Bordoà e i suoi cinquanta compagni. Invano
egli fu attaccato più volte e dalla re^le Gendarmeria, e dalla
forza armata di linea e di cavalleria. Egli si sottrasse sempre
da questi attacchi illeso facendo fuoco su tutti, ed uccidendo
molti gendarmi, e quindi ritirandosi fra i suoi boschi e !e sue
caverne sulla cima dei più alti monti dov’era certo di non poter essere assalito.
Avendo egli confidenti qua e là pagati grandemente a sue
spese li mandava a fare le sue esplorazioni, e quando era certo di poter sottrarsi alle forze
del Governo che li inseguivano
usciva dalle sue grotte per compiere nuovi delitti sulle case e
sulle strade.
Ma finalmente Bordoà attratto dall’amore di certa Adelaide
sua antica amante che abitava nel castello di S. E. il barone
di Closè 4 ore distante da Parigi volle tentare il difficile passo
di recarsi fino a sì poca distanza di Parigi al Castello del Barone per rapirvi e portarsi
seco la sua Adelaide.
Sottraendosi alle strade postali onde non essere raggiunto dalle pubbliche forze,
attraversando incognite vie di boschi di
monti e di torrenti arriva alfine il famoso assassino Bordoà al
castello del Barone.
Era circa la mezza notte e fra le tante case dei villici soggetti al barone che circondavano
il castello Bordoà batte alla
casa di certa villica sua antica conoscente Rosa Desprè.
Gli fu aperto , ed egli entrandovi pacifico , assicurò la Desprè e tutta la sua famiglia che
non solo avrebbe dato ad essi alcuna molestia ma dell’oro se gì’insegnavano la via di entrare
nel castello del Barone eh’ era armato di porte e ferriate
inespugnabili , onde rapirvi e portarsi seco la sua Adelaide.
La Rosa Desprè gli disse, che la sua Adelaide che cercava,
già da due mesi era morta.
A questa risposta Bordoà, supponendolo un’inganno, uccise
subito con un colpo di pugnale la Rosa Desprè ch’era incinta
e quindi il suo sposo e due innocenti figli che gli erano appresso.
Poscia furibondo entrò nelle case degli altri villici e vi lasciò
fra tutti i5 morti e 17 feriti, non risparmiando donne, vecchi
e fanciulli.
Neil’ ultima casa ove commise i suoi misfatti vi- era un fanciullo che dormendo il sonno dell’
innocenza si svegliò al grido
estremo della morte de’ suoi genitori. Un’ Ufficiale che in questa casa era di alloggio e che
non venne scoperto da Bordoà si
svegliò ai gemiti del fanciullo mentre Bordoà coi suoi era partito. L’ Ufficiale visto il caso
atroce dei trucidati prende ardito
il fanciullo fra le sue mani e vola con questo alla vicina guarnigione , ove raccontato il caso
al suo Colonello, questi distacca
subito una forza imponente che incontra Bordoà coi suoi che
sulla riva di un torrente stava per attraversarlo onde darsi alla fuga.
Non atterrito il Bordoà da questa sorpresa fa fuoco sopra uno
squadrone di cavalleria e sopra un battaglione di fucilieri che
lo assalsero. Dopo lungo combattimento da ambe le parti col
più feroce accanimento , e dopo di essere molto battuti ne caddero molti morti e feriti dall’una
parte e dall’altra; ma finalmente Bordoà e tutti gli assassini suoi compagni caddettero
nelle mani della pubblica forza , e tosto carichi di catene a
lordi di sangue ancora fumante furono tradotti subito alle carceri di Parigi, e all’indomani la
camera di Giustizia costituita
in commissione speciale condannò all’ultimo supplizio da eseguirsi colla ghillottina e col taglio
preventivo della mano destra
il famoso capo Bordoà1, ed i quattro italiani rifuggiati, Francesco Costa , Andrea Volpe, Carlo
Testa ed Antonio Bovi, e furono pure condannati, ma senza il taglio della mano destra altri 14
individui, e tutti gli altri creduti sedotti e meno colpevoli forono condannati ai ferri in vita.
Fransoà che nel fatto di Nantes volea salvare dalle mani di
Bordoà quella bellissima vergine fanciulla e trovatolo meno reo
degli altri fu condannato a soli due anni di prigione.
Carlo Testa romano ed il più giovine di tutti quelli che furono condotti al patibolo essendo
ammogliato con figli, prima di essere condotto alla morte intercesse la grazia di scrivere la
seguente lettera a sua moglie.
Carissima moglie.
Dopo io anni che tu non hai saputo mie notizia, ecco ora a
comparirti una lettera che quando sarai per leggerla non esisterà più su questa terra chi l’ha
scritta. ? Tuo marito dopo
io anni di lontananza ti si presenta in punto di morte , e di
morte infame eseguita da un carnefice, su di un patibolo, su
una pubblica piazza. Dacché ti abbandonai la mia vita non tu
che una continua serie di delitti, di massacri , di più orrendi
misfatti, il rimorso ora mi oprime, la gistizia mi castiga, e
Dio finalmente tronca il filo della vita dell’ uomo più scellerato, che esister possa su questa
terra.
Il rimorso di averti abbandonata mi ha sempre perseguitato,
l’ombra di quel bambino che ti lasciai nelle fascie sempre mi
era presente, ma l’abbandono della religione, il traviamento
che fui condotto dai perfidi amici, mi acciecò e mi condusse a
questo terribile passo. Prima però di essere condotto al supplizio prostrato ai tuoi piedi
ti domando perdono, dei mali trattamenti che ti feci, dei patimenti che avrai dovuto sopportare
te e quella innocente creatura , e se questo infelice ti chiedesse di suo padre non nominarmi,
acciocché non abbia a maledir chi gli diede la vita. Ricordati di educarlo nella santa religione,
sola guida sicura per poter vivere su questa terra. Allontanalo dagli amici , vera causa di tutti
i mali che succeder
possano a un nomo , e ti sia di specchio l’infame fine che fa
tuo marito, che abbandonata la religione, maltrattata una moglie, lasciato orfano un tenero
figlio va condotto alla morte da
un carnefice, pieno di rimorsi e di delitti.
Bologna. Tipografia De’ Franceschi alla Colomba.