Lettera del commendatore Carlo Bon-Compagni in risposta alle parole sull’Italia…

DEL COMMENDATORE CARLO BON-COMPAGNI
in risposta alle parole sull’ Italia dette dal sig. Cordoen nella discussione della causa
contro i quattro italiani rei di complotto contro la vita dell’IMPERATORE NAPOLEONE.
Pregiatissimo Signore
Nella requisitoria del signor Cordoen, procuratore ge-
nerale di Parigi, contro i quattro italiani accusati di avere
cospirato contro la vita dell’ Imperatore dei francesi, leggo
queste parole:
« Le idee di anarchia hanno sempre il loro centro prin-
cipale in Italia, mentre le idee di ordine, di gloria e di
pace sociale riposano sopra una testa gloriosa fra tutte, ed
hanno per difensore un sovrano, al quale teste si rimpro-
verava in un altro recinto di essere troppo potente e troppo
preponderante in Europa. »
Alieno quale io sono per indole e per intimo convinci-
mento da ogni violenza, posso affermare che non vi ha nes-
suno a cui l’ assassinio politico ispiri maggiore ribrezzo che
a me. Nessuno più di me è riconoscente al sovrano, il quale,
primo dei potentati stranieri, dichiarò in faccia al mondo
che l’Italia (baciate, 1’Italia, non questa o quella delle
sue provincie) deve essere libera dall’ Alpi all’ Adriatico,
e che essa deve progredire liberamente nelle vie dell’ordine
e della libertà : nessuno più di me si addolora a vedere dei
nomi italiani comparire in congiure contro la sua vita. Non-
dimeno nessuno di questi sentimenti può farmi tollerare nò
le ingiurie che alcuni francesi, amici del governo imperiale,
scagliano contro 1′ Italia, nò le dottrine di coloro che spac-
ciano con una grande sicumera di avere trovato il rimedio
sicuro contro 1′ anarchia perchè hanno esagerato la potenza
di chi governa.
Se le idee a” anarchia hanno sempre il loro centro in Italia,
come va che congiure di questa fatta si tentano in Francia
e non qui fra noi?
Permettetemi, o signore, che senza dare importanza ad
un mio detto, vi narri ciò che dopo la pace di Villafranca,
stando io in Firenze commissario del Ile, risposi ad un
francese, il quale mi esprimeva il timore che il contegno
della Toscana potesse dare inquietudini agli amici dell’ordine.
« Conoscete in Francia due dipartimenti di cui siate sicuro
« che le cose procederebbero quiete come in Toscana , se
« si trovassero essi nelle condizioni nostre’:’)) Ciò che dissi
allora della Toscana, ripeto oggi con maggior ragione del-
l’ Italia. Certo danno prova di un senno politico assai vol-
gare coloro che per far giudizio delle condizioni di un
grande paese non badano che al fatto di pochi scellerati,
senza guardare né alle istituzioni che vi sono in onore, né
all’ obbedienza dell’ universale, né alle condizioni interne,
imperfette certo in molte parti, ma sempre più quiete che
non siano mai state quelle di uno Stato, il quale dopo
aver l’atto una grande rivoluzione, si trovi ancora di fronte
agi’ interventi ed alle dominazioni straniere che danno in-
citamento alle passioni rivoluzionarie e che non possono
prolungarsi indefinitamente senza mettere in compromesso
1′ esistenza dello Stato.
Il signor procuratore generale di Parigi crede che per
prevenire quei fatti scellerati non vi sia miglior partito che
di dare quanto più potenza e quanto più preponderanza si
possa al capo dello Stato.
Anche qui il signor procuratore generale, di cui mi
piace credere che sia un giureconsulto valente, e che avrà
certo consenzienti gli uomini di Stato più potenti del suo
paese, lascia divedere un senno politico molto volgare. Se
la cosa sta proprio come dice il signor Cordoen, come va
che gli attentati che fanno inorridire lui, e con lui tutti
gli onesti, siansi sempre veduti negli Stati retti a signoria
assoluta o quasi assoluta, anziché in quelli che sono retti
a libertà ? La risposta al quesito non è difficile a trovarsi
nelle parole stesse del signor Cordoen. Quando tutte le idee
d’ ordine, dì gloria, di pace sociale riposano (come egli dice)
sopra una testa gloriosa fra tutte, è orribile, ma pure si com-
prende che alcuni fra i nemici dell’ ordine e della pace
sociale, i quali naturalmente sono sempre più o meno scel-
lerati, pensino a troncarla. Ci penserebbero se 1′ ordine, la
gloria e la pace sociale riposassero invece sulla libertà lar-
gamente assicurata dalle leggi, largamente esercitata da
tutti ? Quale sarebbe allora il pazzo o lo scellerato a cui
potesse cadere in mente questa tentazione?
Io rispetto profondamente le leggi della Francia, come
rispetto quelle di tutti i popoli, ma in presenza di così
enormi errori non posso a meno di fare un atto di fede
nella libertà costituzionale consacrata dallo Statuto, di fare
il voto che lo spirito a cui esso s’ informa ravvivi tutte le
parti della pubblica amministrazione, che penetri nelle abi-
tudini di tutti gli italiani. che gli avvezzi a provvedere ala-
cremente al bene del paese, senza aspettar sempre o l’im-
beccata o 1′ aiuto del governo: che si diffonda in Europa:
che informi non pure il diritto interno degli Stati, ina le
loro relazioni internazionali,, ed insieme con queste anche
le relazioni della Chiesa e dello Stato. Sarà questa la sola
via per uscire dalle agitazioni e dalle perplessità che tur-
bano il presente progresso della civiltà.
Ravvi ancora nella requisitoria del procuratore generale
di Parigi un’ altra parola che suscitò in me un sentimento
che non voglio tener celato.
« Le fazioni d’ Italia hanno due capi del pari insensati
e del pari funesti alla sua prosperità; 1′ uno di questi due
capi almeno non teme di esporre la sua vita come 1′ ultimo
dei volontarii che lo seguì. »
Ognun vede che qui si parla del generale Garibaldi. Io
ho sempre disapprovato quei partigiani o quei governanti
che attribuirono a lui un’ importanza eccessiva, la quale
non può mai competere al cittadino di uno Stato libero.
Biasimai il generale quando da Napoli voleva andare a
Roma ed a Venezia prima del Ile e senza il Re; lo biasi-
mai più gravemente quando, nella spedizione che finì ad
Aspromonte, si mise in aperta opposizione col Re, col Par-
lamento, colle leggi. Ma tutto ciò non mi fece dimenticare
1′ ammirazione dovuta ad un’abnegazione più singolare che
rara ai nostri tempi, ad un valore eroico, a grandi servizi
resi alla patria. Queste qualità devono ispirare riverenza
agli uomini onesti di tutti i paesi e di tutte le opinioni;
questo rispetto fu dimenticato dal signor Cordoen.
Perciò non potei a meno di commuovermi ad indegna-
zione quando vidi che da esso il generale Garibaldi era ,
se non pareggiato, almeno posto vicino agli scellerati che
dicr nel sangue e nell’ aver di piglio ¦
Gradite, o signore, i sensi della mia distinta conside-
razione.
BON-COMPAGNI.
(Sì vende , ove spacciansi anche tulli li giornali sì italiani che francesi, sotto le loggie del Pavaglione, dirim-
petto al Negozio Baroni).
Bologna. Regia Tipografia.

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Estremi cronologici: s.d.
Segnatura definitiva: MRI1239
Descrizione fisica: c. 1
Dimensioni: 34X25 cm
Colore: bianco e nero
Autore: Bon-Compagni Carlo
Tipografo (ente): Regia tipografia, Bologna
Lingua della documentazione: italiano
Descrizione del contenuto: Incipit: Nella requisitoria del signor Cordoen, procuratore generale di Parigi, contro i quattro italiani accusati di avere cospirato contro la vita dell'Imperatore dei francesi...
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