La situazione politica
LA SITUAZIONE POLITICA
L’avvenire dell’Italia Centrale assorbe l’attenzione della diplomazia. La pace di Villafranca o è accompagnata da articoli segreti riguardanti l’asset-
to di queste provincie così generosamente levatesi
al grido d’ indipendenza, o ha per necessario co-
rollario un Congresso Europeo che statuirà coi pro-
tocolli quello che doveva essere deffinito dalla spa-
da. Le cinque Potenze segnatane dei trattati del 4 5
non possono rendersi solidarie del nuovo assetto
dato all’ Italia sui campi lombardi senza essere con-
sultate; non tollererebbero, e sarebbe nuovo in effet-
to nelle tradizioni della diplomazia, che un trattato
avesse vigore quando non da tutte appprovato. Il
Congresso si terrà quindi o verrà inevitabile una
nuova guerra; le razze teutona e latina dovran di
nuovo cimentarsi per la soluzione del gran quesi-
to che da cinque secoli affatica 1′ Europa e alla
quale si collega indissolubilmente tutta la futura
civiltà. È lotta di principii che non ammettono
composizioni, che di concessioni non si appagano;
da un lato il principio dell’obbedienza passiva e le
ragioni di diritto divino e tutta la congerie indige-
sta di illazioni che ripudiano la ragione e la liber-
tà umana, dall’ altro il principio del libero esame,
almeno nelle cose politiche, e le imperscrettibili
ragioni dei popoli, e i diritti irrefregabili delle na-
zionalità. Napoleone III eletto dal suffragio
universale è la più splendida emanazione di questo
principio e accenna a raccogliere sotto di se tutte
le genti latine per abbattere le dighe che la razza
teutona frappone al progresso della civiltà. La pace
di Villafranca è una fermala dolorosa ma la via resta
aperta e la forza delle cose è tale che necessario è
ben di percorrerla.
Il Congresso si adoprerà a tutt’uomo per scio-
gliere il problema che 1′ irresistibile logica degli
avvenimenti ha creato, ma fra l’essere e il non
essere non offerendosi via di mezzo, le sue cure e
i suoi sludi non sappiamo a che riusciranno. Una
nuova guerra, noi crediamo, è in fondo a tutto
questo mistero, e una guerra che dai principii di
nazionalità si diffonde fino a guerra di razze. Pen-
dente questo gran litigio, questa suprema lotta del-
la civiltà colla barbarie, il senno di queste Provin-
cie si manifesta intero colla dignitosa calma che
serbano, colla sicura coscienza colla quale propu-
gnano i loro diritti, sgombri di paure, schifi d’in-
temperanze. Toscana, Modena, Bologna vedran fra
breve raccolte le varie assemblee che al cospetto
dell’ attenta Europa diranno le impossibilità delle
ristaurazioni di ordini decrepiti, la necessità delle
nuove istituzioni e dei principati nuovi che un
arringo di tante promesse dischiudono alle nuove
generazioni. Sarà bello e aneliamo di vederlo sor-
gere presto quel giorno in cui raccolto il fiore dei
cittadini di queste provincie si udirà dalle tribune
bandire al mondo con maschia eloquenza perchè
impossibile sia il ritorno delle antiche cose, quale sia
la vita nostra e da noi trasfusa nei nostri figli co-
me sacro legato, per tutelare il decoro e l’avve-
nire dell’ Italia. L’ amor di patria infiammerà in
quel dì i più fiacchi e l’Europa allora saprà se ra-
gionevole o no sia quest’ odio verso i caduti go-
verni , se santo o no quest’ amore che alle cose
nuove ci porta. Neil’ aspettativa di quel gran dì
mostriamo all’Europa, come i nostri fratelli Esten-
si e Toscani, che non il più lieve disordine può
turbare un popolo che non altro al mondo di-
manda se non savie leggi e provvide istituzioni,
che con un filo di seta si può condurre questa
moltitudine calunniata tanto, che la stima fra gover-
nati e governanti è il primo cemento della pubbli-
ca tranquillità e che il fine delle rivoluzioni sarà
qui segnato quel giorno che decretato sia il termi-
ne di un governo in opposizione con tutto quello
che ha di più santo l’indole generosa degli uomini.
Il Congresso vedrà questo dignitoso contegno e ne
prenderà atto; la guerra, se, come crediamo, una
nuova guerra poscia ci sarà, si recluterà largamen-
te in queste provincie. Confondiamo i nostri nemi-
ci mostrando loro che, abborrenti dalla licenza, a-
doriamo la libertà, gelosi della dignità nostra pro-
pugniamo il principio della nazione, custodi e vin-
dici dell’ antica civiltà sappiamo di discendere dal
gentil seme latino contro del quale i barbarici in-
flussi non prevarranno. Così sollevatici all’ altezza del
nostro stato aspetterem sicuri il dì della battaglia, se
pure tal contegno ‘non farà forza nella diplomazia
per offerirci anche prima della mischia la palma
del trionfo. ^M