Il reduce della cattività l’anno MDCCXLVI
Il REDUCE DALLA CATTMTÀ
L’AIfllO MDCCCMiVI.
Già de’ felsinei colli il bel sereno
Verde, e del ciel l’armonioso riso
Rallegravan a Paolo gli occhi e ‘1 seno.
Ne mai più dolce e dilettoso al viso
L’aspetto di natura era venuto,
Poscia eh’ ei fu d’ogni suo ben diviso.
Dal forame del carcere veduto
Non ride il mondo, e alle pupille smorte
Di duolo il cielo di bellezza è muto.
Ma poi che aperse le ferrate porte
Il sommo Padre, che regnar sapiente
Elesse coli’ amor, non colla morte,
Uscito fuor del career la ridente
Primavera l’accolse, e l’alma luce
Destò le ciglia d’ allegrezza spente.
Oh qual rivide te, dolce mia luce ,
Felsina, e quanto alle tue mura altere
Di ville intorno e di hei templi luce.
Entrò le porte, e per le vie sincere
Di gaudio il bel sorrider delle genti
Rompea le larve paventose e nere.
Più volte dubitò, non le clementi
Visioni del sogno entro del petto
Volasser per pietà de’suoi tormenti,
E temette l’immenso suo diletto…
Ma già la man tutta tremante avea
Toccato T uscio del paterno tetto.
Già le scale saliva, e già scendea
Verso di lui quella che tanto amava,
E la faccia e le lagrime vedea.
Quanto mutata, ohimè! la ritrovava
Da quel di pria!… ma subita allegrezza
Beltà novella in volto a lei creava.
Siccome quando la notturna brezza
Tenue nube sospinge, a Cinzia il volto
Si vela di dolcissima tristezza:
E come passa quel vapor disciolto,
Colei si vede lampeggiar d’un riso,
E del candor nel suo bel giro accolto.
Ed ecco a lato della donna un viso
Di verginella, sì pietoso in vista,
Che pareva un amor di Paradiso.
Tre lune prima che sonò la trista
Ora, ed ei fuor le dolci case uscio,
Quella era già con lui viva, non vista.
Oh ebbrezza ineffabile, oh desio!…
La chiuse al petto, ed il bel cor di figlia
Sul cor di padre a palpitar sentio.
Tre volte e quattro con avide ciglia
Ei guarda quelle amabili, e di poi
Di favellar con esse si consiglia.
E incominciò: Nel carcere con voi
Ahi! quante volte mi trovai: vedeva
Te colla figlia, e io diceva: Noi,
Qui nel petto ridendo vi premeva
Desiderate — si dolean le vene
E i polsi — al seno un gran dolor stringeva,
E mi destai stringendo le catene….
Or non sogno, non sogno io…. né più mai
Si desteran con meco le mie pene.
Qui tacque un poco, e pianamente i rai
Gli s’oscuraro d’un pensiero…. ond’Ella
Tremando il dimandò: Paolo, che hai?
Dov’ è mia madre?… le rispose. E quella
Sospirò sì, che di dolore è morta
Gli disse senza aprirgli la favella.
Tosto in pianto amarissimo la smorta
Guancia gli si risolve: 0 madre, o madre!…
E ‘1 pianto ad altro dir chiuse la porta.
Mentre così piangea, colle leggiadre
Mani per man lo prese la figliuola,
Non pianger, disse, e Io chiamava: Padre.
Perchè tornava il riso e la parola,
E contando gli affanni e i giorni rei
Dell’ aspettate gioie si consola.
Mentr’ Essa a lui ragiona ed Egli a lei,
Ed ecco un uom, che pinti e sculti arreca
Chiusi in vaghe cornici uomini e Dei.
Del nuovo Pio dentro dorata teca
La chiara faccia anco portava, quello
Che in amor volse l’ira matta e cieca.
Molto era il prezzo al reduce novello:
E la sua donna ogni sua cara cosa
Avea già dato, fuorché ‘1 santo anello.
Questo solo le resta, e le riposa
Nella mano fedel; or se lo toglie,
E compra quell’ immagin graziosa.
Dintorno a quella a supplicar s’accoglie
La redenta famiglia: a Lui di fiori
Gran copia l’aurea vergine raccoglie,
E ‘nterpreti ghirlande e grati odori
Compone amando ed offre: a Lui cantando
Ritrovan inni e non venali cori,
E sera e mane lo salutan: quando
Son più felici, i rallegrati sguardi
Cercano il Padre che disciolse il bando.
Ei li riguarda, e dal suo viso dardi
Escon d’amore, e dalla cara bocca
Par che non sieno i detti a venir tardi.
« * Quand’ io son lieto, entro del cor mi tocca
» Memoria dei dolenti – Io penso a quelli,
» Che d’altrui colpa impetuosa e sciocca
» Piangono orbati, vedove orfanelli:
» E penso a quei, che ‘n giovanile errore
» Cadder sedotti, non malvagi e felli.
» Pace…. solo d’amor sia patto amore,
» Sacramento V Onore. » 0 vero Pio!
Or hai formato un popolo d’onore,
Siedi Re dell’Amor, Vicario a Dio.
UGO BASSI DE1 BEKNABITI.
BOLOGNA. TIP. HOCCHI. ” IMPR. F. CAIY. CASONI C. E.
* Parole pigliate dal bello ed incomparabile editto del nostro, dopo Dio, Padre Sovrano Pio IX.