Discorsi
In Italia il testo di Verri nella prima edizione originale è presente solo in poche biblioteche. Un esemplare è posseduto dalla Fondazione Giangiacomo Feltrinelli e costituisce l'originale su cui è stata eseguita questa riproduzione anastatica
Nel 1781 nel momento in cui sembrava assolutamente messo fuori gioco dalla ripresa montante della aristocrazia non illuminata, Pietro Verri (1728-1797) decideva di radunare in un solo volume le sue riflessioni sul dolore, sulla felicità e sulla economia politica (negli stessi anni scrive le sue Osservazioni sulla tortura che rimarranno inedite).
Sono i temi su cui in forma diversa era già brevemente intervenuto nelle pagine de “Il caffè” il periodico che aveva fatto conoscere venti anni prima i giovani illuministi milanesi al mondo intellettuale europeo. Al centro dei testi di Verri stanno dunque le riflessioni sul lusso, sulla felicità, sulla interpretazione delle leggi, sul liberismo economico, sulla necessità di una modernizzazione radicale degli stili di vita e dei costumi.
In queste pagine si consegna un testamento spirituale e intellettuale di un protagonista del rinnovamento della cultura in Italia convinto della “missione del dotto”.
Espulso dalla storia coeva, Verri è convinto che un ciclo politico e generazionale debba esaurirsi perché egli possa tornare a parlare a un’opinione pubblica sensibile e misurata, afflitta per la condizione precaria del bene pubblico e partecipe delle difficoltà di un quadro sociale e politico incerto e fragile.
Verri non si sbagliava. I suoi Discorsi torneranno puntualmente a segnare i momenti alti della questione pubblica in Italia subito dopo l’Unità nazionale e nel secondo dopoguerra, poi nei primi anni ’60 del Novecento, per scomparire e rimanere un testo emblematico della Milano europea.