Ai crociati

AI CROCIATI
Amici e Fratelli d’ Armi a qualunque Corpo apparteniate ascoltate le parole d’ un uomo libero e franco.
Nella vita delle nazioni v’hanno alcuni momenti di sì grave pericolo,
di crisi cotanto inaspettate, che nel periodo di esse è tradimento ristarsi
muto e tranquillo spettatore senza levare tremenda una voce a scuote-
re gli animi, perchè sian presti a prevenirne le male augurate conseguenze.
Si è divulgato, che fra poco per ordine superiore ci verrà imposto
di discioglierci e separarci. Non mi rendo mallevadore di tai detti,
che anzi inclino a credere essere una delle solite voci sparse ad arte
dai nostri sempre più ostinati, e baldanzosi nemici, non potendo sup-
porre, che l’attuale Ministero, sebbene non goda la pubblica fiducia,
voglia rendersi colpevole di tale reato ed esordire la sua sublime mis-
sione] macchiandosi di cotanta infamia. Instrutto però da dolorosa e-
sperienza, che le novelle infauste si avverarono mai sempre, egli è
mestieri prepararsi a tal colpo, e rinvenire i mezzi opportuni a sven-
tare simili obbrobriosi progetti.
E santo dovere d’ogui leale Cittadino, di ogni zelante amatore della
Patria, obbedire riverente alle leggi, che da Coloro promulgansi, cui
affidammo le nostre sorti, ed ogni nostro potere; giacché altrimenti
1′ anarchia e la discordia verrebbero ad assidersi ove solo regnar do-
vrebbe ordine ed unione ; e guardimi il Cielo dal farmi fuor di tem-
po agitatore degli animi e dallo sparger fra voi la mala semenza della
ribellione. Ma qualora queste leggi,, questi ordini traggano la loro
origine da uomini inetti, e apertamente traditori della Patria, non
previo il consenso dei Rappresentanti del Popolo, o se pure, strappato
a forza d’ urli e grida disperate da una venduta minorità, non in ar-
monia alle esigenze del tempo , ma contrarli del tutto ai bisogni e-
stremi d’Italia ed utili oltremodo al Nemico, non devesi di questi te-
ner conto, dispregiarne gli autori non solo , ma chiamarli eziandio a
render conto della loro gestione e porli in istato di accusa, siccome
mancatori di parola, e rei di leso popolo, di lesa liberta : che impatto
esiste fra noi ed essi, il quale a noi d’obbedire impone, ad essi di
ben comandare; quelli per i primi rompono la data fede e noi siam
francati dal nostro giuramento. Verranno adunque le ordinanze della
dissoluzione dei nostri Corpi: ci saranno reiterate volte comunicate, se
pure troverassi un uomo cotanto ardimentoso a sobbarcarsi a tanta re-
sponsabilità, ma noi non daremo ascolto ad alcuno; ci serberemo o-
gnor più compatti ed uniti, protesteremo innanzi alla Patria, all’Italia
tutta air Europa intera. Diremo: Costoro in altro tempo men reo del
presente fecero appello al nostro coraggio e al nostro affetto di patria e
noi volonterosi accettammo l’invito : ci posero a tutela della Santa Ban-
diera; ci apprestarono i mezzi, sebbene miseri e quasi nulli all’uopo,
onde difender quella, vestire, e nutricarci: ci addimostrarono che Ita-
lia quantunque infrante avesse le catene di sua schiavitù e prossima
fosse al possesso della sua libertà e della sospirata indipendenza, esi-
geva, che si valicasse il Po onde inseguire più d’appresso il barbaro e
fuggente oppressore. Noi al pari dei loro detti accorremmo veloci, e nel
venir ben presto a tenzone col nemico resistemmo da veterani all’ im-
peto di quello ?. Sventuratamente benigna non ci arrise la sorte ; ma non
fu nostro l’errore, che le boscaglie di Cornuda, le amene campagne
della Venezia, la Città di Treviso, la non mai abbastanza lacrimata
resa di Vicenza , la quale al certo farà meravigliare anco i tardi Ne-
poti, sono indubbie prove del nostro coraggio, e del caldo affetto , che
alla Patria ci lega,- ma di coloro bensì fu la colpa, i quali a Duci delle
nostre Legioni, fatte poche onorevoli eccezioni, posero od uomini inetti
o traditori, i quali ci privarono dei mezzi di difesa e fomentarono tra
noi gli odii intestini: di coloro, che non vollero armarsi di coraggio
civile per iscuotere dal sonno di morte Colui, che dopo aver benedette le
sante Bandiere, dopo aver dato 1? impulso alla Santa Guerra, ci abban-
donò nel momento supremo del pericolo e pentissi d’avere accomunato
la sua causa a quella del Popolo : di coloro, che lasciarono libero il cam-
po ai neri nemici d’Italia di preoccupare l’animo di Lui con panici ti-
mori, ratinarsi ad infernale congrega, e apparecchiare i mezzi della
nostra distruzione e della mina della Patria –. La missione, che Essi
ci affidarono non è adunque compiuta — L’ITALIA non è libera an-
cora–. Anzi di presente trovasi in istato più miserevole e in condizio-
ni assai peggiori: sendo che le Austriache belve cacciate a colpi di ba-
stone dall’eroiche Città Lombarde, eransi rintanate solo nei Forti di
Peschiera, Mantova, Verona: la Venezia libera del tutto, Modena e
Parma anco dai loro tirannelli: tutti gli stati, tutti i Popoli d’Italia
eran pronti all’Offesa: un Re potente, sebbene con simulate frasi di
fratellanza, di amicizia e di disinteresse, sen veniva con formidabile e-
sercito sul campo della gloria: le politiche vicende d’Europa intera fa-
voreggiavano la nostra causa. Oh ! momento fortunato, se un uomo di
alta levatura, e di cuore magnanimo ne avesse saputo trarre profitto.
Ma ora 1′ orizzonte Europeo si è alquanto rischiarato per nostro danno:
rardente spirito di libertà e di nazionalità, che agitava violentemente
la Germania evenuto meno per le ottenute concessioni: le nordiche fie-
re sono sbucate dai loro antri ed infestano la Lombardia e le Venete
Città: Modena e Parma di nuovo riconquistate dagli espulsi Signorotti :
fallite le speranze concepute su di un Re bombardatore delle sue più belle
cittadi : i Crocesegnati Toscani barbaramente sacrificati da un altro Re le
mille volte traditore sono quasi al nulla ridotti: i Pontificii dopo le loro
gesta gloriose in gran parte sbandati: le Truppe Piemontesi tradite dal loro
Duce e volte in fuga precipitosa restituite ai proprii confini. Se allora
dunque era necessario il nostro braccio, molto più lo sarà oggi: noi
siamo memori del giuro, che facemmo dinnanzi agli uomini ed a Dio,
di vincere cioè, o di morire: noi perdemmo, ma viviamo, dunque di
nuovo alla pugna, né deporremo le armi finché un solo, un solo stra-
niero osi calcare questa terra di Paradiso : e se non ci verrà concesso per
il momento d’incominciare le offese, veglieremo alla custodia dei nostri
confini–. Se oggi cedessimo vilmente le armi per saziare le brame dei
tristi, che direbbe di noi la Patria, l’Italia, l’Europa? Ci appellerebbe
a buon dritto traditori e matricidi, che solo la speranza di aver compagni
nel tradimento spinge coloro , che comandano , ad un tale intimo. A qual
prò tante passate fatiche, gli slenti , i digiuni, le veglie , le faticose mar-
cie, i disagi tutti della guerra ? il sangue dei nostri Fratelli, dei Martiri
avventurosi della libertà rimarrebbe ivendicato: noi stessi saremmo pre-
sto o tardi preda del barbaro. Reduci alle nostre Città i Padri, le Madri
gli Amici i Congiunti dovrebbero arrossire nel vederci e reputare assai
più fortunati coloro, i quali non riabbracceranno i proprii Parenti morti
gloriosamente nella difesa d’Italia. I Cittadini movendo il capo in se-
gno di scherno ci scaglierebbero addosso l’anatèma meritato da coloro,
che pongono le mani all’ aratro, e nel mezzo del lavoro si coricano all’ om-
bra di amica pianta; ci strapperebbero di fronte l’alloro, che ci ac-
cordò la patria riconoscente per il nostro coraggio e la nostra fer-
mezza: ognuno sì pentirebbe dei profusi encomii , e noi coperti di
pesante infamia dovremmo esulare dalla diletta Patria. Quale non
sarebbe la gioja dei nostri nemici per V ottenuto trionfo, i quali
tante e sì ree macchinazioni posero in opera per disgregarci! Questo
solo pensiero bastar dovrebbe a tenerci vieppiù uniti e concordi.
Stringiamoci adunque intorno alla nostra bandiera: guai a colui
che ardirà anco biecamente guardarla ! Noi protestiamo di non voler
riconoscere patti segreti dettati da un Barbaro, che fuggiva debellato
dai prodi Bolognesi, e accettati da un timido Cardinale e forse anco
traditore. La Nazione, il popolo soltanto ha il diritto di sanzionare
leggi, giurar patti: tutto ciò che tramasi, tutto ciò che viene stabi-
lito nei segreti degli aulici Gabinetti per noi noi è un nonnulla, né
possiamo, riè vogliamo aderirvi. Alla piena luce del giorno convien
discutere i nostri politici interessi e lo appigliarsi al partilo migliore:
la nostra inchiesta è breve e precisa L’ITALIA LIBERA E INDIPEN-
DENTE; IL NEMICO OLTR’ALPE–0 VINCERE 0 MORIRE.
Ecco la nostra decisione.
Qualche anima vile ed infame sperando intimorirvi vi sussurrerà
all’orecchio con amaro sogghigno, che i compri satelliti dei despoti,
purché ottengan 1′ intento , giungeranno all’ eccesso della barbarie
facendo sospendere i pagamenti alla truppa necessarii : no , per
Dio, che di tanto non saranno arditi: ma se pure ciò avvenisse, che
importa? Riuniremo tutti i nostri particolari peculii, ne formeremo
una sola cassa per sostentare i nostri compagni, i quali per le in-
terrotte comunicazioni sono privi da tanto tempo di nuove delle loro
Famiglie e di denaro: esausti i nostri fondi ci appelleremo alla Pa’
tria : Essa grata e riconoscente si terrebbe fortunata e gloriosa di sov-
venire alle nostre bisogna, e volonterosa accorrerebbe in nostro aiuto
con large elargizioni. Che se questa ( rifugge 1′ animo al solo pensar-
lo ) negasse soccorso ai suoi figli ai suoi prodi difensori, sarà giuo-
coforza dilungarsi da queste contrade, finché rinsaviscano i suoi abitato-
ri–.Le Venete Lagune ci attendono: quell’eroica Republica ci porge a-
mica la destra: essa sola rimane unico baluardo della Italiana Indipen-
denza. I nostri fratelli colà ci attendono; è sacro dovere soccorrerli e con
essi dividere la loro sorte. Venezia per la naturale sua positura è impren-
dibile; e spero, che resistendo intrepidamente al furibondo Austriaco, da
essa avrà origine il nuovo e duraturo italiano risorgimento.
Non inorgoglite adunque o iniqui partitanti del dispotismo, se la ti-
rannide risorge momentaneamente con il sostegno della forza brutale:
passeggero è il vostro trionfo; un turbine più procelloso si addensa sul
vostro capo: esso ischianterà i superbi Cedri del Libano ; lorchè di nuo-
vo i tiranni della terra, i carnefici dell’umanità cadranno nelle nostre
mani non più verremo a transazione con essi; la nostra generosità, la
nostra troppa Religione non permetteranno, che la vita degli empii venga
risparmiata a nostro ludibrio e a nostro danno: non più vergogneremo di
lordare le mani del vostro sangue impuro e fia più saggio, più santo con-
siglio che pochi periscano a salute di molti. Né più si oda l’insana parola
MODERAZIONE. Maledetti gli assiomi e i teoremi dei compri dottrinarii:
questi più che le armi austriache ferirono mortalmente la nostra Libertà.
UNIONE FRATELLANZA » VINCERE 0 MORIRE
VIVA ITALIA.
Bologna 26 Agosto 1848.
FRANCESCO DEGLI AZZI V1TELLESCHI
Crociato nel Battaglione Universitario.
Tip. Tocchi ¦

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Estremi cronologici: 1848 agosto 26
Segnatura definitiva: MRI0434
Descrizione fisica: c. 1
Dimensioni: 46X34 cm
Colore: bianco e nero
Autore: Degli Azzi Vitelleschi Francesco
Tipografo (ente): Tiocchi, tipografia. Bologna
Lingua della documentazione: italiano
Note: Data di emanazione.
Descrizione del contenuto: Incipit: Amici e Fratelli d' Armi a qualunque Corpo apparteniate ascoltate le parole d' un uomo libero e franco...
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