Abolizione della tassa patenti delle botteghe

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DILLE BOTTEGHE
Niuno può mai credere quanti siano i disordini, gli intrighi che hanno luogo ancora circa la Tassa Patente delle Botteghe basta per accertarsi di ciò interrogare il Signor
Santarelli. Questi era, Rincontro Generale dì questa tassa prima che passasse sotto il Di-
spotismo dell’amministrazione del bollo, e registro, la quale confessò nella Bilancia (gior-
nale di rugiadosa memoria) che la tassa si percipisce oltre la legge (scandalosa confes-
sione) e si è vantato di aver portato il prodotto da Se. 2000, a Se. 25 mila, come sn
dall’aumentato incasso si dovesse misurare la giustizia, o ingiustizia di una percezione,
proposizioni esecrabili, e pure spudoratamente esposte nel giornale la Bilancia. Questo
Signor Santarelli da Rincontro Generale è stato cambiato in semplice Ispettore della esi-
genza e chiamato dalla Commissione che a ciò istituiranno le Camere potrà averne
nozioni utilissime. Se V amministrazione publicherà i fogli che già sta ordinando ed i
Ruoli dei Bottegari che pagano dal 1845. (quali oggi sono invisibili) si scorgeranno delle
vere mostruosità. Gode però sommamente 1′ animo de buoni nel vedere che la Camera di
ciò occupandosi, è per togliere tanti abusi, e per tornare al suo pieno vigore la legge
che vuole tassate le sole botteghe di lusso. Ma io vedrò sempre intralciata la via che
conduce al vantaggio del Popolo finché non si rimoveranno alcuni Capi di Amministra-
zione che pongono solo lutto il loro studio nell’ ingrandirsi, e nel!’ opprimere, il popolo,
finche vi saranno alcuni impiegati che tutto travisando, di tutto abusandosi si ridono del
Sovrano, delle leggi, e del popolo, e vogliono oro, e poi oro nel quale sta per Essi la
Giustizia, e l’Onore. Lo Stato Pontificio è per me simile ad una casa Vecchia che deve
essere demolita e quindi ricostruita. Cogli impiegati del vecchio sistema, il nuovo non
potrà progredire. Il timore sempre crescente di essere scoperti infami, quali furono, fa si
che Essi giorno, e notte veglino onde ordire trame per nascondersi nel silenzio. Ma per
Dio, a lungo non ci resteranno. La voce d’ un popolo innocente contro i suoi oppressori
?ara, ne son certo, intesa, benedetta, esaudita da Dio.
(*). Quest’istanza fu presentata dal Popolano Brunetti alla Camera dei deputati.
RISPOSTA DATA DA UN SACERDOTE, AD UN GESUITA
CHE ASSERIVA CHE LA COMPAGNIA RIFUGGE DALLA RIBELLIONE, E DAL COMMERCIO, E
CHE PUNISCE I REI CONVINTI DI QUESTI DELITTI.
La compagnia, Reverendo Padre, rifugge dalla ribellione, e manda intanto dall’ Euro-
pa nell’America i Gesuiti ingegneri, Marescialli, Soldati. Rifugge dal Commercio ma a
Roma tiene il Banco il quale se la passa d’ intelligenza con quello di Lisbona, e di tut-
te le altre piazze più floride dell’ Europa, riceve in Roma le mercanzie, e le ricchezze
che di la vengono, e se n’ inpingua. Trovo nella Storia che la Compagnia ha sempre di-
feso, spalleggiato, e canonizzato simili rei. Che pena diedero i Superiori de’ Gesuiti al
P. Commolet il quale nel 1589 svegliò un acerba sedizione de’ sudditi contro Enrico III.
Rè di Francia? Che pena al P. Guignard il quale prese a sostenere in un suo empio li-
bro che Enrico III. era stato giustamente assassinato? Che pena ai Gesuiti autori della
congiura orribile contro di Matignon per cui furono tutti pure scacciali da Bordeos? Che
pena ai Gesuiti di Praga nel 1611 allorquando fomentarono le fazioni sanguinose di quel’
la Città, e fu trovata nel loro Colleggio quella gran quantità di schioppi, polvere, palle?
Che pena a quelli Tre che nella minorità del Rè Sebastiano di Portogallo eccitarono tan-
te turbolenze in quella Corte arrivando co’ loro intrighi e fin coli’ abuso delle Con-
fessioni sacramentali di Quei Principi a escludere dalla Reggenza la Regina Ma-
dre per sostituire il Card. D. Enrico, e poi ad escludere questo per avere es-
si tutta libera in mano 1′ amministrazione del Regno? che pena a Quelli che avevano
ordita la congiura contro la Regina di Navarra, ed Enrico IV suo figlio per farli resta»
re prigionieri come vi sarebbero restati se non vi accorreva la pietà di Elisabetta Regi-
na di Spagna? Non qualificarono i Gesuiti per Martiri della Fede quei tre Uno dei qua-
li fu l’autore della congiura contro Giacomo primo Rè d’Inghilterra? Io asserisco, e
tutte le storie ne parlano che non si è veduto mai gasligare un Gesuita per simili de-
litti, veggo però bensì rilegalo in esilio il P. Caussino perché non volle rivelare le Con-
fessioni di Luigi XIII. carcerato, un P. Inchoffer perchè disapprova i vizi della Comp-
un P. Rainaud perchè esecra la mercatura. Veggo sparire da vivente un P. Ximenes per-
chè in Madrid induce un Signor Moribondo a mutare il testamento fatto a favore della
Compagnia e a danno dei parenti. Veggo un P, Criton esilialo dalla Compagnia, perchè
onesto un Padre Branza, ed un Visdelou puniti perchè si oppongono ai riti idolatrici
nelle missioni, e vicino ad essere deposto da Generale un P. Gonzalcz perchè piangesul-
la rilassatezza della morale Gesuitica. Infine (aggiungerò io) Che pena hanno dato ai
Gesuiti che hanno insanguinata la Svizzera, qual pena a quelli che hanno cercato in
questi ultimi tempi di minare l’Italia? La Compagnia non rifugge dai delitti, ma li
premia se a Lei sono utili.
ROMA 1848. TIPOGRAFIA BRANCADORO

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Estremi cronologici: 1848
Segnatura definitiva: MRI1321
Descrizione fisica: c. 1
Dimensioni: 30X22 cm
Colore: bianco e nero
Tipografo (ente): Brancadoro, tipografia. Roma
Lingua della documentazione: italiano
Descrizione del contenuto: Incipit: Niuno può mai credere quanti siano i disordini, gli intrighi che hanno luogo ancora circa la Tassa Patente delle Botteghe...
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