Stagione Ribelle \ Let’s Think
Area di ricerca: Futuro del lavoro
Percorsi tematici: Giovani e lavoro, tecnologia e new media
Il lavoro conta? Sfide pratiche e politiche per un lavoro di qualità, terza edizione del Jobless Society Forum , si tiene mercoledì 13 giugno in Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, nell’ambito dell’area di ricerca dedicata alle nuove forme di tutela e al Futuro del lavoro: una giornata di tavoli di lavoro e talk in plenaria per rimettere al centro dell’analisi il lavoro, in un’epoca segnata dall’aumento dell’insicurezza sociale.
In collaborazione con Fondazione Italiana Accenture, Fondazione Marazzina, Comune di Milano e Fondazione Cariplo. In partnership con The Adecco Group.
Leggi l’introduzione e esplora il programma della giornata
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Disuguaglianze crescenti, instabilità economica e sociale, nuove povertà: chiedersi se il lavoro conta significa farsi carico di tendenze che interessano, oggi, non solo le fasce sociali considerate tradizionalmente deboli e a rischio di esclusione sociale, ma anche una parte significativa di lavoratori con competenze professionali medie ed elevate.
Studi recenti mostrano fenomeni di deriva verso forme di lavoro precario e marginale, associate a insicurezza economica e progressiva perdita di diritti. Sono sempre più numerosi i lavoratori la cui integrazione lavorativa non garantisce il pieno godimento delle tradizionali forme di protezione e rappresentanza sociale, incrementando il numero dei casi in cui il lavoro non esclude l’esposizione a forme di povertà. Tutto ciò contribuisce a dar vita a “nuovi profili di rischio” e a gradi ed esperienze di precarizzazione diversificati.
In questo quadro, le donne sono una delle categorie più esposte ai processi di deregolamentazione del lavoro. Ma la vulnerabilità sociale è anche “giovane”: colpisce le giovani generazioni, con occupazioni precarie, intermittenti, discontinue. L’esperienza della incertezza sociale ed economica coinvolge anche i lavoratori migranti, spesso occupati nel segmento secondario del mercato del lavoro e interessati da fenomeni di segregazione occupazionale.
Dire, in questo quadro, che il lavoro conta significa introdurre una prospettiva di analisi che tenta di offrire un argine al suo impoverimento. Una prospettiva che afferma almeno quattro principi:
1. che il lavoro costituisce la principale fonte di reddito, permettendo l’accesso al consumo di risorse necessarie alla sopravvivenza, ma anche al raggiungimento di una vita libera e dignitosa;
2. che il lavoro è anche fonte di autorealizzazione e di confidenza in se stessi, in parte indipendentemente dal livello del reddito;
3. che il lavoro, allo stesso tempo, è espressione della propria identità sociale e terreno di costruzione di reti di relazione che favoriscono lo scambio, la prossimità, l’attivazione di legami di senso e di solidarietà;
4. che è proprio attraverso il lavoro che gli individui accedono ai diritti sociali, alla protezione pubblica e privata di welfare, a forme di rappresentanza e partecipazione associativa e politica.
Se il lavoro conta, non si possono contrastare gli effetti negativi della trasformazione del lavoro solamente attraverso la compensazione del deficit di reddito con forme di redistribuzione delle risorse (sussidi) o del lavoro (“Lavorare meno, lavorare tutti”). Si devono anche trovare modalità di diffusione della conoscenza e della professionalità che consentano a tutti opportunità di realizzarsi e di (re)inserirsi in contesti lavorativi complessi e dinamici; e sviluppare contestualmente protezioni universalistiche e partecipate all’interno di processi di crescita socialmente sostenibili, fondati su nuove modalità di cooperazione e di qualità sociale e ambientale.
Agire in questo senso vuol dire riassegnare – con il concorso di tutti gli attori coinvolti: le imprese, le parti sociali, la politica – una nuova centralità al lavoro, inteso come fattore di sviluppo e insieme come terreno di emancipazione, integrazione, liberazione individuale e coesione comunitaria.
Per questo la terza edizione del Jobless Society Forum si pone l’obiettivo di identificare questioni chiave e raccomandazioni utili a ridare qualità e rilevanza al lavoro sul piano di quattro principali cluster tematici:
• Education: con l’obiettivo di comprendere attraverso quali percorsi formativi e competenze è oggi possibile promuovere l’empowerment dei lavoratori in un mercato del lavoro in rapida trasformazione #Ripensare la formazione #Competenze per l’occupabilità;
• Fair employment: al fine di garantire condizioni di lavoro eque e dignitose per quei gruppi sociali più esposti a forme di marginalizzazione dal lavoro: le donne, ma anche i giovani e i migranti #Occupazione giovanile #Occupazione femminile #Lavoro migrante;
• Social and corporate innovation: con la finalità di identificare modelli di welfare e forme di protezione sociale in risposta ai nuovi bisogni. Definire le responsabilità cui è chiamato il settore privato per cogliere le opportunità offerte dalla trasformazione tecnologica in atto e renderla sostenibile per i lavoratori di oggi e di domani #Sistemi innovativi di welfare #Imprese e crescita inclusiva;
• Representation and regulation: nel tentativo, da un lato, di arginare forme di lavoro irregolare e a rischio di abuso contrattuale; e, dall’altro, di interpretare come si ridefiniscono oggi i rapporti di lavoro e come si riscrivono i diritti all’epoca della platform economy #lavoro irregolare/a rischio di abuso contrattuale, #gig economy e lavoro piattaforma.
I nove tavoli tematici della terza edizione del Jobless Society Forum sono pensati per riflettere sui percorsi di sinergia e collaborazione che possono essere intrapresi dagli attori al fine di identificare soluzioni integrate in risposta alle sfide imposte dalla tematica oggetto del tavolo. Rappresentanti del mondo delle istituzioni, delle imprese, della ricerca, della società civile si confronteranno sulle trasformazioni in atto, in termini di problematicità e opportunità, a partire dai documenti forniti attraverso tale documento. A ogni tavolo è previsto un coordinatore e un rapporteur dei lavori. I lavori saranno preceduti da un inquadramento tematico e da un intervento introduttivo, mentre gli esiti saranno restituiti in un report a cura di Fondazione, che darà opportuna visibilità ai soggetti presenti in relazione alla tematica affrontata.
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RIPENSARE LA FORMAZIONE \
Nel nostro sistema educativo crescono le disuguaglianze nell’accesso a tutti i livelli formativi con percorsi scolastici segregati.Nel nostro sistema educativo crescono le disuguaglianze nell’accesso a tutti i livelli formativi con percorsi scolastici segregati, dovuti in parte anche al ruolo delle istituzioni scolastiche che sembrano fallire nel loro compito di inclusione e coesione sociale e di empowerment degli individui; il rapporto tra sistema formativo e mercato del lavoro soffre oggi di mismatching su due differenti livelli: c’è chi è sotto-qualificato rispetto alla mansione svolta e chi invece possiede competenze in eccesso rispetto alla posizione lavorativa che ricopre; senza poi dimenticare il fenomeno della dispersione scolastica ancora lontano dall’obiettivo del 10% fissato dell’Europa per il 2020.
Rispetto a tale scenario risulta prioritario comprendere come il sistema educativo italiano debba innovarsi per dare origine a modelli di apprendimento e percorsi formativi che, all’insegna del principio di pari opportunità, sappiano preparare gli individui ad essere cittadini e lavoratori capaci di partecipare attivamente alla società e far fronte alle sfide precedentemente identificate.
Ripensare la formazione significa dunque adottare una prospettiva di analisi che consenta di definire modelli formativi funzionali a promuovere occupabilità e a garantire un aggiornamento delle proprie competenze in una logica di lifelong learning; di tenere conto anche dei percorsi di apprendimento e delle esperienze di acquisizione del sapere e delle competenze che si sviluppano al di fuori dei tradizionali istituti deputati alla formazione, al fine di identificare le potenzialità che la dimensione dell’informale può apportare a quella del formale; da ultimo di analizzare le potenzialità delle work-based learning experience nel favorire un migliore incontro tra la filiera formativa e il mercato del lavoro.
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MATERIALI DI APPROFONDIMENTOEducare alla cittadinanza attiva in tempi di paura, leggi l’articolo su La nostra città futura
Verso nuove frontiere educative, leggi l’articolo su La nostra città futura -
COMPETENZE PER L’OCCUPABILITA’ \
Riflettere di “competenze per l’occupabilità” significa aprire una prospettiva di analisi che si pone un duplice obiettivo: da un lato identificare le competenze di base – a livello di literacy e numeracy – e le skills di natura trasversale, sociale e umana che sono oggi utili sia ai giovani alla ricerca di occupazione sia all’attuale forza lavoroDall’economia digitale 85 mila nuovi posti di lavoro nel triennio 2016-2018. Ma mancano i professionisti per riempirli. È questo quanto emerge dal rapporto dell’Osservatorio delle Competenze Digitali promosso dal MIUR e AGID. Inoltre, sempre secondo lo stesso rapporto, la richiesta di professioni IcT (Information and Communications Technology) cresce mediamente del 26%, con picchi del 90% per le nuove professioni legate alla trasformazione digitale.
Sebbene l’acquisizione e lo sviluppo di competenze tecnico scientifiche sia un dato sul quale tutti sembrano concordare – dalla comunità scientifica ai rappresentanti del mondo aziendale, delle istituzioni e delle parti sociali – è anche vero che oggi risulta prioritario interrogarsi su quali diverse tipologie di competenze, non solo di natura tecnica, siano indispensabili per promuovere una migliore e maggiore occupazione nel mercato del lavoro.
Riflettere di “competenze per l’occupabilità” significa dunque aprire una prospettiva di analisi che si pone un duplice obiettivo: da un lato identificare, oltre alle hard skills, le competenze di base – a livello di literacy e numeracy – e le skills di natura trasversale, sociale e umana che sono oggi utili sia ai giovani alla ricerca di occupazione sia all’attuale forza lavoro per fronteggiare un mercato in continua trasformazione. Dall’altro lato di indagare e approfondire quali debbano essere le politiche attive del lavoro – messe in campo dalle Istituzioni, nazionali e locali – per ridurre il disallineamento tra offerta e domanda di competenze.
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OCCUPAZIONE FEMMINILE \
Agire contro le disuguaglianze di genere implica dunque mettere in campo un sistema di protezione sociale efficace in grado di reagire in modo adeguato e tempestivo alle vulnerabilità lavorative.In un sistema familistico come quello italiano, parlare di donne e lavoro impone implicitamente di discutere di famiglia, lavoro domestico, lavoro di cura. Ma lo svantaggio lavorativo delle donne va oltre le loro scelte di vita personale. Infatti, anche nel caso di donne single e con alte competenze, sebbene le loro performance in termini di partecipazione al mercato del lavoro siano equivalenti ai loro corrispettivi maschi, la qualità del loro lavoro è da discutere: sono più spesso soggette a lavori precari, con un orario di lavoro ridotto, con minori possibilità di carriera, pagate meno pur occupando posizioni con la stessa responsabilità e spesso segregate in settori ad alta presenza femminile.
Un sistema di welfare che voglia supportare la transizione alla piena occupazione femminile deve sicuramente avere tra le sue priorità il finanziamento e il consolidamento di un sistema di servizi all’infanzia e agli anziani di alta qualità con una diffusione capillare sull’intero territorio nazionale. Ma dovrebbe anche riflettere su quali siano gli strumenti di policy più efficaci per acquisire una vera uguaglianza nel mercato del lavoro, cominciando sicuramente dallo scardinare la femminilizzazione implicita della cura ma ponendosi come prima priorità il sostegno attivo alla carriera delle donne.
E questo significa iniziare ad agire nel settore dell’istruzione, favorendo l’ingresso delle donne nelle scienze “hard” e sostenendo una piena uguaglianza tra generi nelle carriere accademiche. Ma anche promuovere una maggiore uguaglianza di opportunità nel momento dell’ingresso nel mercato del lavoro: se tutti i giovani lavoratori e lavoratrici sono esposti a contratti di lavoro non-standard, sono le donne quelle che più spesso rischiano di rimanervi intrappolate, senza peraltro sceglierlo volontariamente considerato che il lavoro non-standard involontario rappresenta la metà del totale del lavoro femminile. La scelta della maternità interviene a peggiorare la condizione di outsiders delle donne, non la determina.
Agire contro le disuguaglianze di genere implica dunque mettere in campo un sistema di protezione sociale efficace in grado di reagire in modo adeguato e tempestivo alle vulnerabilità lavorative, ma la cui prima priorità sia la riduzione delle vulnerabilità implicite nella condizione di lavoro non-standard e la promozione di una responsabilità condivisa tra generi delle responsabilità famigliari.
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OCCUPAZIONE GIOVANILE \
Secondo i recenti dati Istat la disoccupazione giovanile in Italia è la seconda più alta d’Europa dopo la Spagna, con un tasso intorno al 31,5%Negli ultimi anni gli studi sul capitalismo contemporaneo hanno alimentato un dibattito da cui è emersa non solo una definizione dei nuovi meccanismi di accumulazione della ricchezza nell’economia globale al tempo dell’industria 4.0, ma anche un’interpretazione di come queste dinamiche incidono sulle condizioni di vita delle persone. Tra questi, soprattutto i giovani, e in particolare il rapporto tra occupazione giovanile e crisi economica, sono spesso stati oggetto di attenzione nel dibattito sia pubblico che scientifico. Secondo i recenti dati Istat la disoccupazione giovanile in Italia è la seconda più alta d’Europa dopo la Spagna, con un tasso intorno al 31,5% a inizio 2018, mentre il tasso di disoccupati che non cercano lavoro è a livelli record.
Ciò che emerge dalle analisi è un processo di decomposizione del mercato del lavoro, una frammentazione delle forze produttive, una discrepanza tra formazione e occupazione giovanile, una polarizzazione dei diritti e delle tutele, crescenti forme di lavoro non standard e nuove tipologie di rapporti contrattuali per i giovani che cercano di affacciarsi al mondo del lavoro. Per non parlare dei dati sui giovani che emigrano dal nostro paese.
Le sfide dettate dai mutamenti in atto impongono dunque una riflessione costante sulle nuove forme di lavoro precario, flessibile e instabile che coinvolgono i giovani di oggi e di domani, e sulle possibili azioni da mettere in circolazione per affrontare questo problema cruciale per l’economia e la società. -
LAVORO MIGRANTE \
Il sistema di produzione attuale è caratterizzato da processi sempre più ampi di segmentazione del lavoro. La distribuzione della forza lavoro in questi segmenti è spesso connessa a caratteristiche degli individui come “razza”, “genere”, “classe”, “cittadinanza”, “età”, “religione”, “lingua”.Il sistema di produzione attuale è caratterizzato da processi sempre più ampi di segmentazione del lavoro. La distribuzione della forza lavoro in questi segmenti è spesso connessa a caratteristiche degli individui come “razza”, “genere”, “classe”, “cittadinanza”, “età”, “religione”, “lingua”. Questi processi investono sia il mercato occupazionale che i luoghi di lavoro.
Nella divisione dettata dalla segmentazione flessibile del mercato del lavoro, qual è il ruolo svolto dai migranti? La lettura sul tema ha posto in rilievo che negli ultimi decenni la principale motivazione per l’accoglienza in Italia degli immigrati è stata associata ai fabbisogni del mercato del lavoro: gli immigrati venivano a svolgere i lavori che gli italiani non intendevano più svolgere. In un mercato del lavoro segmentato si sono ritrovati a coesistere disoccupazione interna, eccessiva offerta di lavoro in determinati ambiti occupazionali e fabbisogni riferibili ai cosiddetti lavori delle cinque P: pesanti, pericolosi, precari, poco pagati, penalizzati socialmente (Ambrosini, 2011).
La grande sfida risiede dunque nel mappare e comprendere i problemi principali connessi al rapporto tra lavoro migrante, crisi economica e mutamenti del mercato del lavoro ai tempi dell’industria 4.0, al fine di interpretare alcune tendenze di fondo e progettare nuove forme di sviluppo più eque per una forza lavoro alle prese con la precarietà, lo sfruttamento, ma anche con la perseveranza nel lottare per ottenere condizioni di vita migliori.
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SISTEMI INNOVATIVI DI WELFARE \
Assistiamo oggi a una dualità del mercato che vede gli insiders detentori di protezioni sociali sicure e gli outsiders privi di garanzie e tutele che possano loro consentire di affrontare la loro condizione di vulnerabilità sociale.L’attuale polarizzazione che interessa oggi il mercato del lavoro, dovuta in parte al progresso tecnologico, deriva soprattutto dalle politiche sociali adottate da ciascun Paese, che per la loro natura possono alimentare o arginare fenomeni di marginalizzazione. Nel nostro Paese, in particolare, le politiche sono state particolarmente lente ad adattarsi al nuovo scenario del mercato del lavoro, generando nuove forme di disuguaglianze che un sistema occupazionale di welfare come quello italiano solo in parte riesce a proteggere e correggere.
Assistiamo oggi a una dualità del mercato che vede gli insiders detentori di protezioni sociali sicure e gli outsiders privi di garanzie e tutele che possano loro consentire di affrontare la loro condizione di vulnerabilità sociale.
In questo contesto e di fronte all’arretramento delle risorse pubbliche, assistiamo allo sviluppo di un “welfare mix”, ovvero di una moltitudine di iniziative che si integrano e vanno a completamento del politiche sociali tradizionali, senza sostituirsi ad esse. Ne sono un esempio le forme di welfare comunitario, che consentono di promuovere un’etica della responsabilità capace di identificare e mettere a sistema differenti tipi di risorse (pubbliche, private, sociali) rivolte ai crescenti bisogni di ben-essere dei cittadini e dei lavoratori. Tuttavia, le esperienze di innovazione sociale in ambito di welfare non possono sostituirsi allo stato nella capacità del welfare pubblico di mitigare le disuguaglianze generate dalla progressiva precarizzazione e polarizzazione del mercato del lavoro.
Parlare di innovazione e politiche di welfare significa quindi comprendere quali sono i rischi sociali cui sono esposti oggi non solo le categorie tradizionalmente considerate a rischio di esclusione, ma anche profili professionali in possesso di competenze medie e elevate, con l’obiettivo ultimo di identificare e sviluppare politiche sociali volte ad arginare fenomeni di vulnerabilità sociale e a garantire contestualmente lavori di qualità.
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IMPRESE E CRESCITA INCLUSIVA \
Oltre l’innovazione che porta al tessuto produttivo e al di là del valore e della competitività che la tecnologia è in grado di generare, la rivoluzione tecnologica in atto e gli impatti sociali che essa genera nel mercato del lavoro aprono orizzonti di riflessione e azione per il settore privato.Se da un lato le trasformazioni che oggi interessano il mmondodel lavoro chiamano a riflessioni, politiche e investimenti sul lato dell’offerta di lavoro – per far sì che il capitale umano sia in possesso dei saperi, delle conoscenze e delle competenze oggi richieste dal mercato – è altrettanto vero che la rivoluzione digitale chiama all’innovazione anche il settore privato per sapere cogliere il potenziale del capitale umano offerto dal territorio.
In questa prospettiva riflettere sul tema “Imprese e crescita inclusiva” significa adottare una prospettiva di analisi volta a indagare le azioni e le pratiche attraverso cui il settore privato può essere allineato all’offerta di lavoro e contestualmente alle richieste del mercato per promuovere relazioni virtuose con il capitale umano a beneficio della crescita e a riduzione dei fenomeni di skills mismatching e overqualification.
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LAVORO IRREGOLARE E/A RISCHIO DI ABUSO CONTRATTUALE \
I processi di disarticolazione dei sistemi produttivi, i cambiamenti nella composizione settoriale dell’occupazione e il sistema di regolazione del lavoro dipendente hanno favorito il diffondersi di economie informali e quindi di lavoro nero e di forme di occupazione non regolari…I processi di disarticolazione dei sistemi produttivi, i cambiamenti nella composizione settoriale dell’occupazione e il sistema di regolazione del lavoro dipendente hanno favorito il diffondersi di economie informali e quindi di lavoro nero e di forme di occupazione non regolari, il cui rapporto contrattuale è spesso messo a repentaglio da fenomeni che sfuggono ai dati statistici, inseriti all’interno di ambigue cornici normative di riferimento.
Gli studiosi in Italia hanno spesso affrontato il tema, focalizzando l’attenzione su tutte le forme di lavoro non regolare sotto il profilo legale, subordinate e caratterizzate da forte squilibrio tra domanda e offerta in termini di relazioni di potere, una quota di lavoro che a prescindere dalla sua totale o parziale irregolarità formale si caratterizza per salari e condizioni di lavoro al di sotto dei livelli minimi contrattuali (Pugliese, 2009).
Nell’universo frammentato dei rapporti di lavoro un peso sempre più crescente lo stanno avendo le persone il cui lavoro è contrattualizzato in maniera atipica, dissimulando i rapporti di lavoro subordinato ed eludendo i vincoli di eterodirezione (si pensi al lavoro autonomo, ai contratti di lavoro nel settore dei servizi di consegna del cibo tramite le piattaforme digitali, alle false partite Iva, ecc.).
I settori in cui si concentrano i regimi di lavoro non regolare inoltre sono spesso gli stessi in cui si concentra il lavoro nero secondo alcuni studi (agricoltura, edilizia, servizi). Settori che per caratteristiche, dimensione e tipologia d’impresa rendono più facile la possibilità di raggirare le norme.
Alla luce di queste forme contrattuali atipiche e irregolari, emerge la necessità di riflettere e interrogarsi su questi temi da una prospettiva capace di coinvolgere una molteplicità di attori del mercato del lavoro (sindacati, imprese, istituzioni, società civile), al fine di inquadrare il fenomeno e al contempo individuarne le possibili azioni di contrasto.
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GIG ECONOMY E LAVORO PIATTAFORMA \
Nell’economia contemporanea il modello della piattaforma si configura come un paradigma organizzativo, un sistema che ridefinisce i confini del lavoro (e del non lavoro), la sua costante frammentazione, i rapporti e le forme di rappresentanza.Nell’economia contemporanea il modello della piattaforma si configura come un paradigma organizzativo, un sistema che ridefinisce i confini del lavoro (e del non lavoro), la sua costante frammentazione, i rapporti e le forme di rappresentanza.
Obiettivo del tavolo è di discutere le implicazioni sociali del cosiddetto capitalismo delle piattaforme. Si tenterà di analizzare questo nuovo orizzonte mostrando i nessi che accomunano una varietà di attori che lo compongono, da Google a Facebook, Uber o Airbnb. Non solo si esaminerà l’emergere di queste forme di business, la loro articolazione e come esse hanno ristrutturato importanti settori dell’economia. L’obiettivo del tavolo è di ragionare soprattutto sulle tipologie di lavoro da esse prodotte e sulle criticità da esse aperte. Verranno discussi tanto i processi di accumulazione quanto le nuove forme di conflitto che attraversano e ristrutturano questo nuovo orizzonte del capitalismo contemporaneo, nel tentativo di interpretare come si ridefinisce il concetto di lavoro tra controllo, autonomia, dipendenza e subordinazione.
Programma
9.00- 9.30
Registrazione dei partecipanti
9.40 – 10.15
Perché e per chi conta il lavoro oggi?
Interventi di
Massimiliano Tarantino, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli
Cristina Tajani, Comune di Milano
Enzo Mingione, Università degli Studi Milano-Bicocca
Andrea Malacrida, The Adecco Group
10.15 – 10.45
Povertà e lavoro: oltre la crisi economica dentro la crisi sociale
Lecture pubblica – Linda Laura Sabbadini, ISTAT
10.45 – 13.00
Prima sessione di lavoro dei tavoli
9 tavoli tematici su
Ripensare la formazione
Competenze per l’occupabilità
Occupazione femminile
Occupazione giovanile
Lavoro migrante
Sistemi innovativi di welfare
Imprese e crescita inclusiva
Lavoro irregolare/a rischio di abuso contrattuale
Gig economy e lavoro piattaforma
14.00 – 15.00
Tavola rotonda
Laboratorio 4.0: il lavoro alla prova della quarta rivoluzione industriale
Intervengono
Giovanni Mari, Università di Firenze
Raffaele Secchi, LIUC Business School
Germano Paini, Università degli Studi di Torino
Modera Luca De Biase, Giornalista IlSole24Ore
15.00 – 17.00
Seconda sessione di lavoro dei tavoli
17.15 – 17.45
Lavoro e digital transformation: sviluppo economico e crescita inclusiva
Lecture pubblica di Carlo Calenda, ex Ministro dello Sviluppo Economico
17.45 – 18.30
Conclusioni con restituzioni in plenaria
Lo stato del lavoro, lo stato dei lavori
Intervengono
Anna Soru, ACTA
Massimo Bonini, Camera del Lavoro di Milano
Enrica Morlicchio, Università di Napoli Federico II – Monte S. Angelo
Enzo Mingione, Università degli Studi di Milano-Bicocca
Melania De Nichilo Rizzoli, Regione Lombardia
Valeria Innocenti, Assolombarda Confindustria Milano Monza Brianza
Modera Dario Di Vico, Corriere della Sera
Carlo Calenda è un dirigente d’azienda e politico italiano, Ministro dello Sviluppo economico dal 10 maggio 2016 al 1º giugno 2018, prima nel Governo Renzi e poi riconfermato in carica nel Governo Gentiloni.
Linda Laura Sabbadini (Roma, 5 maggio 1956), statistica sociale, editorialista de La Stampa. È stata dirigente di ricerca Istat, direttore del Dipartimento statistiche sociali e ambientali dello stesso istituto. Insignita Commendatore per le innovazioni introdotte nelle statistiche ufficiali sociali e di genere, inserita tra le 100 eccellenze italiane nel dicembre 2015. Molto importanti i suoi studi sulle trasformazioni sociali, familiari, demografiche, del lavoro e delle disuguaglianze.
Enrica Morlicchio, Professoressa ordinaria di Sociologia Economica nel Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università Federico II di Napoli. È co-direttore della rivista “Sociologia del lavoro” e componente del Consiglio direttivo della rivista “Il Mulino”. Ha fatto parte del Comitato scientifico dell’Osservatorio sulle disuguaglianze sociali della Fondazione Ermanno Gorrieri e ha partecipato alle riunioni della Commissione di indagine sull’esclusione sociale. Tra le sue pubblicazioni: “Sociologia della povertà”, Il Mulino, 2012.
Maurizio Ambrosini (Vercelli, 7 ottobre 1956), Professore ordinario in Sociologia dei processi economici, noto per i suoi studi sulle migrazioni. Insegna Sociologia dei processi migratori all’Università degli Studi di Milano ed è responsabile scientifico del centro studi sulle migrazioni nel mediterraneo di Genova, dove dirige la rivista “Mondi Migranti”.
Giovanni Mari, già Professore ordinario di Storia della filosofia presso l’Università di Firenze, è Presidente della rivista «Iride. Fi- losofia e discussione pubblica» (il Mulino). Si occupa da alcuni anni di filosofia e storia del lavoro e, sul tema, ha pubblicato numerosi articoli. Con FUP ha curato due volumi in collaborazione con A. Gramolati: Bruno Trentin. Lavoro, libertà, conoscenza (2010) e Il lavoro dopo il Novecento. Da produttori ad at- tori sociali. La Città del lavoro di Bruno Trentin per un’«altra sinistra» (2016).
Raffaele Secchi, Professore associato in Economia e gestione delle imprese alla LIUC – Università Cattaneo. Dean della LIUC Business School. Svolge attività didattica e di ricerca sul Lean Management, sia nelle imprese manifatturiere che nei servizi, su Industry 4.0 e sui percorsi di trasformazione digitale delle operations.
Germano Paini, Professore di sociologia dei processi culturali e comunicativi all’Università degli Studi di Torino. Si occupa dell’impatto dell’Innovazione e dei rapporti tra Università e Impresa. Responsabile del progetto di Ateneo: Innovazione e competitività dell’Università di Torino
Massimo Bonini,
Segretario Generale della Camera del lavoro di Milano.
Melania De Nichilo Rizzoli, Assessore alla Istruzione, Formazione e Lavoro della Regione Lombardia. Deputato dal 2008 al 2013, ha fatto parte della Commissione Affari Sociali. Dal marzo 2009 al marzo 2013 è stata componente della Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali.
Anna Soru, Ricercatrice economica e Presidente dell’Associazione Consulenti del Terziario Avanzato (ACTA). Si occupa di lavoro, imprenditoria e professioni autonome.
L’area di ricerca dedicata al Futuro del lavoro promuove una riflessione collettiva sulle maggiori trasformazioni che interessano il mondo del lavoro in un’epoca in cui il binomio tra crescita e occupazione sembra allentarsi e l’esperienza dei lavoratori si configura sempre più come eterogenea, fluida, instabile.
Tra le trasformazioni di lungo periodo che interessano la nostra contemporaneità un ruolo decisivo lo gioca l’innovazione tecnologica e il modo in cui essa modifica i nessi tra lavoro e società, tra lavoro e politica, tra lavoro e vita umana. Che le tecnologie possano tagliare posti di lavoro nei settori tradizionali è un dato ormai accertato. Il problema è il governo di questo processo su tre fronti principali. Sul piano dei singoli percorsi di vita e di lavoro, sempre più condizionati dalle nuove competenze richieste dell’evoluzione del mercato del lavoro. Sul terreno delle disuguaglianze sociali, che minacciano di inasprirsi e inducono a riflettere sui processi di inclusione e partecipazione alla vita pubblica; sul fronte dell’agire collettivo, spingendo la politica ad assumere per tempo e con responsabilità gli interrogativi aperti da questa sfida epocale, che coinvolge tanto gli attori locali quanto le istituzioni globali.
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