08-03-2018
Stagione Ribelle \ Let’s Think
Percorsi di lettura: Partecipazione e rappresentanza
Non abusiamo della parola crisi: le democrazie sono disposte a cambiare, i cittadini rispondono ai nuovi bisogni sperimentando. Bisogna continuare l’indagine sui soggetti politici e conoscere meglio il Paese nelle sue profondità, capirne la cultura popolare, ripensare la questione meridionale, comprendere le trasformazioni profonde del capitalismo nella sua dimensione strutturale.
Così Nadia Urbinati nelle sue conclusioni del Primo Forum sulla Democrazia – DEMOCRAZIA MINIMA, tenutosi in Fondazione Giangiacomo Feltrinelli l’8 Marzo dalle 9 alle 18:30.
Una giornata di incontri, tavoli di lavoro, dibattiti per approfondire le trasformazioni della democrazia sotto molteplici aspetti quali l’impatto delle disuguaglianze sullo stato di salute della democrazia, i cambiamenti in atto nelle modalità di rappresentanza politica e degli interessi organizzati, la fenomenologia del populismo, l’analisi dei movimenti sociali o della loro mancanza, le dinamiche di innovazione democratica e le modalità con le quali i social e new media impattano nella comunicazione politica e in generale nella sfera del dibattito pubblico.
I lavori si sono avviati con la Keynote Lecture di Wolfgang Merkel. Egli ha ricordato come le difficoltà che attraversano la democrazia rappresentativa e la politica partitica si manifestino con particolare rilevanza fra le forze di sinistra, le quali non riescono a riattualizzare il proprio passato di radicamento popolare e abbiano perso la loro storica capacità di portare all’interno della dinamica democratica i ceti medio-bassi.
Dalla lecture di Merkel è emerso come le crescenti disuguaglianze presenti nei paesi a capitalismo avanzato stiano articolando il campo politico nel dualismo cosmopoliti vs. comunitaristi che rimette profondamente in questione le categorie di analisi politica contemporanee, suggerendo una nuova interpretazione del dibattito fra nazionalismo ed europeismo e come vi sia l’esigenza, di rimettere il tema della disuguaglianza al centro dell’agenda politica delle forze progressiste.
Il dialogo fra Livia Turco e Barbara Kenny, moderato da Rosanna Prevete, ha ribadito, proprio l’8 Marzo, l’importanza del femminismo come modalità di azione solidale e sostanziale: incoraggiando le donne non solo ad occupare posizioni di potere o chiave nella società e nelle istituzioni pubbliche, ma anche ad usarle per coinvolgere nella lotta per la parità di genere quante più donne possibile.
La lecture serale di Joan Subirats si è concentrata sul tentativo di ridurre il gap fra cittadini ed istituzioni a partire anche da una dimensione urbana, che assume un rilievo centrale negli attuali processi di globalizzazione. Subirats ha svolto le sue considerazioni partendo dalla ricca esperienza di Barcellona, una “città ribelle” in cui si è stabilito un legame nuovo tra i movimenti sociali e le forme di partecipazione dal basso e le istituzioni locali.
Il lavoro dei tavoli
La giornata dei lavori è stata caratterizzata dal lavoro di sette tavoli tematici che hanno raccolto l’attiva partecipazione di circa ottanta personalità con profili molto diversi (tra osservatori accademici, attori sociali, attivisti, rappresentanti degli interessi organizzati e delle istituzioni).
I tavoli tematici hanno affrontato sette tematiche chiave: il nodo delle disuguaglianze e dei diritti (grazie al coordinamento della professoressa Irene Stolzi, dell’Università degli Studi di Firenze); la disintermediazione e la rappresentanza degli interessi organizzati (grazie al coordinamento del professor Luciano Fasano, dell’Università degli Studi di Milano); la crisi della rappresentanza politica e la trasformazione dei partiti (grazie al coordinamento del professore Paolo Natale, dell’Università degli Studi di Milano); i fenomeni populisti (grazie al coordinamento del professor Manuel Anselmi, dell’Università degli Studi di Perugia); i movimenti sociali e le nuove forme di partecipazione (grazie al coordinamento di Loris Caruso della Scuola Normale Superiore); la comunicazione politica e i new e social media (grazie al coordinamento del professor Giovanni Boccia Artieri dell’Università Carlo Bo di Urbino); l’innovazione democratica (grazie al coordinamento della professoressa Emiliana De Blasio, della LUISS Guido Carli).
Il Rapporto sullo stato della democrazia
Dai tavoli sono emerse le considerazioni raccolte dalla professoressa Urbinati nelle sue considerazioni conclusive. La discussione è stata innescata dalla relazione di Merkel e ha messo a tema la coppia democrazia-disuguaglianze, evidenziamo come tensione fondamentale quella tra inclusione ed esclusione.
Le politiche che possono essere implementate contro le disuguaglianze sono frenate da narrazioni fuorvianti che occorre decostruire per prendere in carico il tema dell’impatto che le diseguaglianze hanno sulla politica e sulla democrazia.
La disuguaglianza non è solo un problema di ridistribuzione delle risorse, ma anche di diritti (il diritto di avere diritti). La garanzia dei diritti e il loro ottenimento sono condizioni per l’ampliamento della cittadinanza e dell’inclusione sociale e politica.
Guardando alle trasformazioni in corso nella nostra società sembra che il tratto caratterizzante sia la frammentazione, l’individualizzazione e la difficoltà di definizione di identità collettive. Questo pone un grosso tema in fatto di rappresentanza.
Un tema che occorre comprendere guardando alla fenomenologia del mondo del lavoro.
Come la normazione incide nel mondo della rappresentanza? Come si risponde ai cambiamenti e come si studiano forme di rappresentanza che si adeguino ai cambiamenti in modo sufficientemente veloce?
Occorre guardare al fermento che c’è su questo versante. Quali reali spazi di contrattazione apre agli attori sociali e quali rapporti di forza si configurano.
La crisi della rappresentanza sul circuito degli interessi organizzati è aggravata dalla temporaneità: come può esistere una continuità di rappresentanza del mondo del lavoro pur nella discontinuità e temporaneità delle forme contrattuali?
La sfida è capire come chiedere universalizzazione intorno a questioni come reddito e welfare per coloro che sono al di fuori dal perimetro del lavoro stabile e dipendente (e quindi rappresentare questo mondo nella sua eterogeneità).
La trasformazione della nostra società ci consegna un cambio di paradigma: dal luogo materiale-fisico e collettivo del lavoro, siamo passati al lavoro immateriale e individuale del lavoratore. Parimenti si presenta una situazione di frammentazione e difficoltà di rappresentanza e di avvocatura degli interessi anche sul fronte datoriale.
Questa situazione ha un impatto sulla sfera politica e si traduce anche nella volatilità e fluidità nel comportamento di voto degli elettori. Gli elettori non sono più fedeli come lo erano in passato. Anche la “fedeltà leggera” che ha contraddistinto la seconda repubblica sembra svanita. Allo stesso modo, il contenuto delle proposte di policy e delle retoriche è molto fluido. Ad esempio, tutti gli attori politici utilizzano uno stile che si può definire come populista.
La rapidità è il tratto della politica contemporanea.
I modelli di partito tradizionali sembrano non rispondere più alle domande dei cittadini: scontano la perdita di contatto con i bisogni del territorio. Sono diventati partiti solo parlamentari o solo macchine elettorali. Emergono modelli di partiti nuovi: da una parte i partiti dei leader, dall’altra partiti che puntano sul coinvolgimento diretto (spesso solo simbolico) dei cittadini. In questo campo, il tema del reclutamento del personale di partito è rilevante. È avvenuto un mutamento tellurico non ancora concluso. Come questi nuovi partiti operano e penetrano? Ad es. nell’Italia meridionale. È necessario approfondirlo. La sorpresa del sud monocolore grillino è dovuta all’ignoranza del paese nelle sue zone più difficili. Non si ha contezza della cultura popolare, non solo delle difficili condizioni socio-economiche, ma anche delle modalità di interazione, del fare comunità.
In questo contesto di volatilità e fluidità, emergono nuove polarizzazioni che strutturano il campo politico: quella che divide élite e popolo; centro e periferia; nord e sud; fasce fragili e privilegiate; comunitarismo e cosmopolitismo.
L’insorgenza dei populismi (per via di crisi reali o percepite come tali, determinate condizioni socioeconomiche) porta all’emersione di leader esterni alla classe politica come risposta a governi elitisti che manipolano e cambiano le istituzioni o le neutralizzano. Anche con l’affermazione di movimenti populisti si è assistito e si assiste all’instaurazione di meccanismi clientelari di controllo politico. Anche allo spostamento dei fondamenti di legittimazione a partire di meccanismi alternativi (ad es. il referendum) e all’utilizzo di politiche assistenzialiste.
Guarda la photogallery con le vignette di Joshua Held:
La sfida di questi fenomeni alla democrazia rappresentativa consiste nella loro aspirazione “maggioritaria”, al loro uso della comunicazione e ei sistemi di audience per rendere la minoranza inefficace (non nelle leggi e nelle istituzioni ma tramite la propaganda e nel senso comune). Il pericolo deriva dalla loro tendenza a “nanizzare” le minoranze per renderle ininfluenti. È uno stile della politica, è una volontà di disintermediazione del rapporto stato-cittadini e fra leader e popolo, è il sistema che meglio esprime la democrazia dell’audience e meglio vive il rapporto diretto popolo-rappresentante.
In ogni caso questi fenomeni impongono una riflessione multidisciplinare in merito all’articolazione dello scambio tra società e politica, cittadini e istituzioni.
Che rapporto, ad esempio, si stabilisce in un contesto così fluido tra i movimenti sociali e la sfera politica-ufficiale? Negli ultimi dieci anni c’è stato un calo generalizzato in Europa di recettività delle rivendicazioni di movimenti. Questo fa sì che dall’ultimo decennio i movimenti si siano spostati su una agency indiretta: la loro azione opera non sull’ottenimento diretto di modifiche richieste ma incidendo sull’opinione pubblica.
Di rimando si registra una crescente tendenza dei movimenti a diventare attore politico-elettorale, a farsi partito. Queste riflessioni portano la discussione su una tematica fondamentale: il rapporto esistente fra i movimenti e le istituzioni. E in uno scenario sovra e extra nazionale, qual è lo spazio di azione del movimento, sia in chiave temporale che spaziale?
Un tempo il partito politico era non solo un canale delle domande sociali, un aggregatore di consenso e un selezionatore della classe dirigente. Ma era anche un attore che proponeva una scorciatoia comunicativa e interpretativa della realtà, oggi non è più così. Ma classi più basse hanno ancora bisogno di scorciatoie cognitive. Oggi questa figura può essere ricoperta dall’influencer. È possibile che i social media possano configurarsi come ‘semplificatori’ della complessità, come interpreti o occasioni per ottenere scorciatoie informative in modo che i soggetti possano prendere decisioni che vadano in favore dei loro interessi e non contro di loro (come Merkel ha detto che fanno ora)?
Servirebbero infrastrutture di social networking democratiche. I social media nell’ultima elezione si sono fatti carico di una richiesta di democrazia: portavoce di una richiesta di partecipazione che però faticano a concretizzarsi offline.
Emerge dunque il tema di come i social media possono aiutare a ridurre i cleavages o a dar voce alle nuove fazioni (i globalisation loser o communitaries).
Resta però il tema se i Social media permettono o meno, davvero, la partecipazione e se, invece non siano solo strumento di espressione. Uno strumento di espressione che può anche avere impatti critici: tramite la formazione di bolle e la radicalizzazione delle posizioni a detrimento del confronto e con un effetto di ulteriore frammentazione, in questo caso nel senso della sfera pubblica.
L’impatto di nuovi strumenti di comunicazione e di tecnologie mediali può rendere più acute alcune sfide che la democrazia rappresentativa si trova di fronte, ma può anche favorire la costruzione di nuove forme di partecipazione dei cittadini alla cosa pubblica, grazie alle piattaforme, a sperimentazioni di e-democracy, all’insegna dell’innovazione dei nostri processi democratici.
Qui si aprono numerosi interrogativi, in merito ai contorni e alle criticità di queste possibili sperimentazioni, promosse dall’alto o dal basso che siano. Ad es.:
- Quali sono i luoghi (digitale e fisici) che possono permettere di sviluppare innovazione democratica e come si possono costruire?
- Quali sono gli attori che possono facilitare lo sviluppo dell’innovazione democratica?
Sicuramente in questa fase di trasformazione della nostra democrazia occorre pensare a nuove forme di rappresentanza e partecipazione politica. Innovare la nostra tradizione e la nostra prassi democratica.
I cambiamenti in corso nelle nostre società proiettano sfide importanti sulla politica, ma, al contempo, devono essere analizzati a fondo per coglierne le opportunità, se teniamo come bussola del nostro ragionamento e del nostro agire i valori democratici che riteniamo fondamentali e il senso di GIUSTIZIA.
Può forse essere questa la parola chiave capace di guidare i prossimi passi della nostra attività come Osservatorio sulla democrazia in connessione con l’attività di ricerca più complessiva che la Fondazione condurrà nei prossimi mesi all’insegna dell’analisi delle contraddizioni che il capitalismo produce e della impossibilità di operare al suo interno senza una forza politica di volontà. Il sistema non si riproduce automaticamente senza attori, ma le forme economiche finanziarie e organizzative delle classi più centrali nella gestione del sistema globale del capitalismo sono oggi conosciute in modo imperfetto. Le grandi trasformazioni non sono solo politiche e istituzionali, bisogna comprenderne le radici.
Il programma
Mattina
Parola chiave: fratture
9.00 – 10.00 Registrazione
10.00 – 10.20 Introduzione a cura di Fondazione Giangiacomo Feltrinelli (diretta streaming dalla pagina Facebook della Fondazione)
10.20 – 10.50 Lecture: Democrazie e disuguaglianze (diretta streaming dalla pagina Facebook della Fondazione)
- Keynote speaker: Wolfgang Merkel (WZB Berlin)
11.00 – 13.00 Tavoli tematici dedicati all’analisi dei problemi evidenziati nel corso dei lavori
13.00 – 14.30: Pausa dei lavori
Pomeriggio
Parola chiave: cambiamento
14.30– 15.15 Riconoscimento e inclusione (diretta streaming dalla pagina Facebook della Fondazione)
- Dialogo tra Livia Turco e Barbara Leda Kenny moderato da Rosanna Prevete
15.15-17.00 Seconda sessione dei tavoli tematici dedicati alle proposte per ridurre il gap cittadini e istituzioni
Sessione aperta al pubblico
17.00-17.30 Lecture: Mind the Gap: Ridurre il gap tra cittadini e istituzioni
- Keynote speaker: Joan Subirats (Università Autonoma di Barcellona, neo-assessore alla cultura di Barcellona)
Sessione aperta al pubblico
17:35-18.00 Restituzione dei tavoli di lavoro e conclusioni a cura di Nadia Urbinati (responsabile scientifico dell’Osservatorio sulla democrazia)
Modera Cinzia Sciuto, Micromega
Biografie dei Keynote speaker
Wolfgang Merkel
Professore di Scienza Politica Comparata e Policy Research all’Università Humboldt di Berlino, Direttore del centro di ricerca su “Democrazia e Democratizzazione” del Berlin Social Science Center (WZB). I suoi campi di ricerca sono: trasformazione dei regimi politici, democratizzazione, partiti politici, socialdemocrazia e giustizia sociale. Fra le sue ultime pubblicazioni: Merkel, W., Kneip, S. (2018): “Democracy and Crisis. Challenges in Turbulent Times” (Democrazia e crisi. Sfide in tempi turbolenti).
Barbara Leda Kenny
Dal 2006 si occupa di pari opportunità della Fondazione G. Brodolini per la quale è anche manager della comunicazione. È caporedattrice di InGenere (http://www.ingenere.it/), rivista on-line di approfondimento che tratta tematiche sociali e di attualità da un punto di vista di genere. È fra le fondatrici di Tuba, la libreria dedicata all’immaginario e al mondo femminile nel quartiere Pigneto di Roma.
Livia Turco
Già Ministro della salute dal 2006 al 2008, Ministro per la solidarietà sociale dal 1996 al 2001, membro del Parlamento della Repubblica dal 1987 al 2013. Si occupa di temi sociali, immigrazione e politiche di genere. Autrice con Paola Tavella “I nuovi Italiani. L’Immigrazione, i pregiudizi, la convivenza” (2005, Mondadori), di “La Repubblica delle donne. Dal diritto di voto alla parità di genere. Settant’anni di conquiste politiche e civili delle donne italiane” (2015, Unicopoli) e “Per non tornare al buio. Dialoghi sull’aborto” (2016, Ediesse). È Presidente della Fondazione Nilde Iotti.
Joan Subirats
Professore di Scienze Politiche e Ricercatore all’Istituto per il Governo e le Politiche Pubbliche (IGOP) dell’Università Autonoma di Barcellona. I suoi ambiti di ricerca comprendono: governance, public management, public policy e innovazione democratica. È attivo nel dibatito sulla stampa spagnola su testate quali El País, Público, El Diario e altre. È stato tra i cofondatori di Barcelona En Comù, piattaforma di partecipazione civica in sostegno della Sindaca di Barcellona Ada Colau. È fra gli autori di “Social Innovation and Democratic Leadership Communities and Social Change from Below” (Innovazione sociale e comunità di leadership e cambiamento sociale dal basso) (2017, Edward Eldgar).