Stagione Alternativa 2019/2020
Webinair di Agenda Open Lab
Stream di ricerca: Contemporaneità: Comunità
La pandemia di COVID-19 ha riportato al centro del dibattito pubblico italiano la questione della salute pubblica, e di riflesso, della riforma del Sistema Sanitario Nazionale in una luce inedita. Negli ultimi decenni, il dibattito pubblico e tra specialisti sulla riforma del SSN ha seguito pre- valentemente due direttive. La prima è quella dell’efficientamento: posti davanti a vincoli di bilancio stringenti, e alla necessità di creare spesa sociale in altri settori, si è guardato a come ridurre i costi riducendo gli sprechi ma non soltanto. La seconda è quella della cura di lungo termine (LTC): l’invecchiamento della popolazione ha creato una domanda crescente per servizi integrati alla persona per il trattamento di malattie croniche. La risultante di queste due direttive di riforma è consistita in una strategia di progressiva de-ospedalizzazione, spostando, almeno negli intenti, molti dei servizi prima assorbiti dagli ospedali in strutture territoriali e nuovi ser- vizi di cura rivolti direttamente al paziente-utente. Secondo alcuni commentatori, questa strategia ha permesso un eccezionale efficientamento dei costi: nel 2017, la spesa sanitaria italiana ammontava a 6,5% del PIL contro una media UE dell’8%. Nel contempo, il contenimento dei costi sembrava non comportare una riduzione nella qualità del servizio, dato che secondo molti indicatori — come tasso di sopravvivenza ai tumori, tassi di mortalità prevedibile e trattabile — l’Italia resta uno dei best performer a livello europeo (OECD 2019). L’altra direttiva di riforma, la creazione di un’infrastruttura LTC, non è stata perseguita con altrettanta efficacia, lasciando l’Italia “a metà del guado”: i servizi territoriali sono stati sviluppati a macchia di leopardo, con alcune regioni meno impegna- te su questo fronte.
La pandemia di COVID-19 ha rivelato sia come questa strategia di riforma basasse su un assunto inesatto, sia come vi fossero costi sommersi dovuti ad una riforma troppo sbilanciata sulla pars destruens, il contenimento dei costi. Il dibattito, e la ristrutturazione del SSN, hanno infatti considerato il rispetto dei vincoli di bilancio davanti ad una domanda crescente di servizi LTC rivolti a malattie croniche come il principale banco di prova per la sopravvivenza del SSN; la crisi di COVID-19, in modo largamente inaspettato, ha invece messo a dura prova la capacità del SSN di fornire cure nella fase acuta della malattia. Così, i costi sommersi della strategia di efficientamento italiana si sono rivelati in buona parte: il SSN, nel fronteggiare la pandemia, ha potuto contare su un personale sanitario
molto inferiore rispetto ad altri paesi europei — secondo l’OECD, l’Italia dispone di “tanti medici, ma pochi infermieri”, con circa 6 infermieri ogni 1.000 abitanti (contro una media UE di 8,5). Questo, ha comportato un maggiore carico di lavoro su un personale già parecchio sotto sforzo negli anni precedenti. Risulta evidente come il dibattito sulla salute pubblica vada profondamente ripensato alla luce della pandemia. In particolare, andrà considerato come caratteristiche proprie del SSN abbiano influito in maniera positiva o negativa sulla risposta alla crisi pande- mica, in ottica comparata con altri modelli di sanità pubblica presenti a livello europeo, come quello assicurativo tedesco. Andranno inoltre considerate le “molteplici” risposte che si sono avute a livello di servizi sanitari regionali, guardando a come modelli regionali diversi abbiano consentito una risposta più o meno efficace alle esigenze di cura e contenimento dovute alla situazione in corso. Perché non si butti via il bambino con l’acqua sporca, occorrerà anche ragionare su come evitare che le spinte di riforma si concentrino esclusivamente su una “re-ospedalizza- zione” del SSN, interrompendo gli sforzi che sono stati fatti in termini di LTC e presa in carico di malati cronici attraverso la territorializzazione dei sistemi di cura. Sullo sfondo, la questione dell’implementazione: come avere accountability in una fase di rinnovata espansione della spesa sanitaria, al fine di evitare sprechi e scandali pubblici? Quale mix di pubblico e privato? Quanto allo Stato, quanto alle regioni?
Domande
• In ottica comparata, come ha risposto il SSN alla sfida di COVID? Il sistema sanitario nazionale va ripensato, o i suoi presupposti sono ancora validi?
• Guardando alle risposte dei servizi sanitari regionali, quali sono stati i best performers? Cosa ha decretato il loro successo?
• La ripartizione di competenze tra Stato e regioni, come pensata dalla riforma del Titolo V, può ancora funzionare nel contesto corrente?
• Quali sono le priorità nella riforma del SSN? Come evitare che la riforma risponda solo a specifiche domande emerse con la crisi COVID, non tenendo conto di altre esigenze come la presa in carico di malati cronici?
• Come evitare che le risorse fiscali vengano distribuite “a pioggia”, con il consueto corollario di scandali legati a rimborsi gonfiati e malasanità?
• Quale equilibrio deve essere trovato tra pubblico e privato in ambito sanitario?
Programma dei lavori
15:00-15:10
Presentazione Agenda Open Lab 2.0
15:10-15:25
Il Sistema Sanitario Nazionale in prospettiva comparata.
Giovanna Vicarelli (Università Politecnica delle Marche)
15:25-15:40
Quali domande di riforma del sistema sanitario ci ha posto l’emergenza?
Vittorio Agnoletto (Medicina Democratica)
15:40-17:20
Discussione
17:20-17.30
Q&A pubblico