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Scopri il webinar Di-segno nero


L’Europa ha due facce: non è solo quella dell’Illuminismo, della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino, della democrazia e della promessa di un maggior benessere. È anche quella che ha colonizzato il resto del mondo, scatenato guerre ferocissime e dato vita a regimi fascisti responsabili di terribili abusi. Presentati come una buia parentesi e spesso allontanati dalla memoria collettiva, queste ideologie sono state spinte indietro e hanno continuato ad agire nell’ombra, senza mai venire completamente sconfitte. Rimangono dunque in agguato, pronte a riemergere: strumentalizzano i momenti di crisi e ingigantiscono le divisioni sociali.

Per questo, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli ed il Goethe Institut hanno deciso di proporre un ciclo di webinar che contribuisca a mappare queste tendenze tra Italia, Germania ed Europa. Con il proposito di mettere in campo proposte alternative capaci di frenare il rianimarsi dell’anima nera del vecchio continente, le voci degli esperti si uniscono alle testimonianze della società civile che si mobilita in iniziative anti-fasciste e insieme urla “noi siamo di più!”.

Oggi, l’universo della destra radicale riscuote un successo senza precedenti, cercando di porsi come interlocutore di quei gruppi sociali che si sentono lasciati indietro dai partiti centristi e moderati, la cui maggioranza incontrastata vacilla per la prima volta dalla Seconda Guerra Mondiale. La ribalta di questi allineamenti è trasversale: nell’Europa centrale di Alternative für Deutschland e tanti altri; nell’Europa orientale in cui l’ultradestra polacca e ungherese si oppongono a quei diritti così faticosamente conquistati; e perfino nell’Europa meridionale, dove l’ultimo baluardo di resistenza dell’avanzata nera resta un ricordo nella Spagna di Vox e nel Portogallo di Chega.

Per capire le modalità di propagazione di queste ideologie, ha un ruolo centrale la diffusione del discorso d’odio quale strumento di radicalizzazione al servizio della destra radicale. In questo senso, i social media sono uno dei canali preferenziali lungo i quali i messaggi intolleranti ed escludenti vengono trasmessi ed amplificati. L’hate speech favorisce la creazione di un nemico ideologico, che permette di rafforzare il consenso all’interno del gruppo di appartenenza, di esasperare la dialettica del “noi contro loro”. Questa strategia non è una novità, ma viene di molto accelerata dall’avvento dell’online, dove la logica della viralità è regola. Va d’accordo con un lessico sensazionalistico, capace di fare presa e attirare l’attenzione del pubblico conquistandone il click e il like e – si sa – che i sentimenti negativi parlano in maniera più diretta alla pancia delle persone. Inoltre, l’anonimato dietro cui si può celare la propria identità digitale permette di urlare il politicamente scorretto senza timore di venire scoperti, ancor più legittimati a farlo da politici estremisti che si avvalgono della stessa dialettica denigratoria, offensiva ed escludente.

La destra radicale si mostra quindi flessibile nella capacità di adattarsi alla situazione circostante, in questo caso il malessere di fronte alla svolta multiculturale delle società odierne. Le tematiche cambiano, ma i target restano simili: gli odiatori da anti-semiti diventano islamofobi e, in Italia, da anti-meridionalisti si adeguano alla tendenza generale mostrandosi apertamente xenofobi. Ovunque in Europa, questi partiti mascherano il proprio razzismo da difesa dell’identità nazionale, giustificano misoginia e omofobia come valorizzazione dei valori tradizionali. Una testimonia eclatante è la sistematica disinformazione nei confronti dello Ius Culturae e del DDL Zan.

La tendenza a mobilitarsi su battaglie mono-tematiche permette di adattarsi ai temi caldi del momento e di attirare simpatizzanti e sostenitori diversi. In un momento di massima vulnerabilità, gli attori radicali hanno strumentalizzato la pandemia, facendo leva sul disagio esistente e sulle paure collettive a fronte di un’emergenza sanitaria senza precedenti. Hanno contribuito a polarizzare il dibattito sul coronavirus in maniera ambigua e manipolatoria, con l’obiettivo ultimo di screditare l’operato delle altre forze politiche, del sistema sanitario e delle fonti di informazione autorevole.

Questo modus operandi è comune alle destre europee, che spesso vediamo farsi l’occhiolino tra di loro. Eppure, la loro è un’Europa impossibile, figlia di un progetto di integrazione che hanno osteggiato fin dall’inizio nel tentativo di indebolirlo. Negli ultimi anni, il caso di studio della Brexit ha costituito il picco della vittoria delle battaglie anti-europeiste, ispirando tentativi di imitazione come Italexit, il movimento dell’ex pentastellato Gianluigi Paragone, movimento che ha partecipato alla recente protesta davanti a Montecitorio.

La bizzarra vocazione internazionalista dei partiti di destra nazionalisti non si declina solo in reti informali, ma anche nel paradosso di una famiglia di partito euroscettica. Il Partito Identità e Democrazia è un cavallo di Troia annunciato, o furba ipocrisia alle spese della comunità, quale allineamento ad hoc che mira a combattere l’UE dall’interno del suo Parlamento. Eppure, a quasi trent’anni dal Trattato di Maastricht, oltre ad una sistematica polarizzazione del dibattito, i successi degli anti-europeisti sembrano circoscritti.

Fortunatamente, la voce delle narrative capaci di fare da antidoto al lato oscuro dell’Europa risuona più forte, ed è nostro obiettivo farne da cassa di risonanza. Le contro-narrative arrivano da molteplici attori: dai decisori, con il disegno presentato da Laura Boldrini per combattere l’odio online, e dalle piattaforme social, da cui arriva la decisione dell’ultima ora di  Facebook di chiudere la pagina de Il Primato Nazionale, testata di Casa Pound, a causa della diffusione di contenuti che incitano alla violenza. Nel ciclo “Di-segno nero” ce lo racconteranno i ricercatori e giornalisti che hanno dedicato la propria carriera a questa battaglia, ma anche e soprattutto gli attivisti della società civile, come l’artista Cibo, che usa la street art per coprire i simboli del fascismo, gli attivisti antirazzisti di Antirazine e tanti altri. Perché dove l’ombra nera dell’Europa si estende, si accenda la luce.

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