Pubblichiamo qui un estratto dal volume di Alec Ross, I furiosi Anni Venti: La guerra fra Stati, aziende e persone per un nuovo contratto sociale, Feltrinelli, Milano 2021. Si ringrazia l’autore e l’editore per la gentile concessione.
Segui il prossimo appuntamento di Going Digital. Dilemmi, prospettive, protagonisti di un’economia in trasformazione (27 ottobre), a cura di Alec Ross, con Ari Wallach, Gianfranco Viesti e Carolina Innella.
La natura del lavoro nel Ventunesimo secolo non è molto adatta ai sindacati tradizionali. Storicamente, le strategie sindacali si basavano sulla prossimità fisica e sulla forza dei numeri. È più facile indire uno sciopero o costruire l’appoggio a un sindacato in un enorme posto di lavoro con tanti dipendenti, come una miniera o uno stabilimento automobilistico, che non tra lavoratori sparsi in una serie di filiali, ristoranti in franchising e negozi di catena.
Se la gente non sta gomito a gomito in un reparto è meno disposta a organizzare un picchetto.
Il problema della prossimità è aggravato quando l’impresa fa outsourcing a lavoratori subordinati, freelance e appaltatori indipendenti. Queste “disposizioni alternative di lavoro” offrono orari e impegni più flessibili ma permettono anche alle aziende di evitare di estendere ai lavoratori certe tutele e benefit garantiti ai dipendenti in senso stretto. I lavoratori a contratto li trovi ovunque, sono quasi tutti i facchini e i portabagagli negli aeroporti, circa un muratore su tre e oltre la metà di tutti i dipendenti di Google. Altri lavorano nell’economia delle piattaforme, guadagnano tramite piattaforme digitali come Uber, Lyft, Postmates, TaskRabbit e Instacart. Da qui in poi chiameremo queste varie forme di occupazione indipendente “gig work”, traducibile con “lavoretto”.
Il gig work assume forme diverse, il che rende difficile misurare il numero esatto di gig worker. Il ministero del Lavoro statunitense segnala che circa il 10 per cento dei lavoratori americani si basa su un “accordo alternativo di lavoro” come impiego principale, mentre la Federal Reserve stima che il 30 per cento degli statunitensi partecipi a qualche variante di gig work.
Quando la gente parla di lavoro indipendente di solito la mente vola alla forza lavoro a domanda attivata da aziende come Uber, Lyft, Postmates, TaskRabbit e Instacart. Per quanto sia la forma più visibile di gig economy, meno del 2 per cento della forza lavoro statunitense vive grazie a questo “lavoro mediato elettronicamente”, anche se il numero è più alto se contiamo le persone che usano le piattaforme come secondo lavoro. Eppure questa parte del mercato delle braccia simboleggia la forza lavoro decentralizzata. Chiunque abbia lavorato grazie a una di queste piattaforme sa che è una realtà molto solitaria. Non hai colleghi. Decidi tu il tuo orario. Interagisci con l’azienda soltanto quando c’è qualcosa che non va nella app. Per lo più, la tua tabella oraria e la paga sono dettate dal software.
E se le piattaforme tecnologiche hanno sviluppato un nuovo modo di lavorare, i loro “appaltatori” sono i pionieri di un nuovo modo di lottare.
Il 22 agosto 2017, più di cento autisti di Uber e Lyft si sono dati appuntamento fuori dall’aeroporto internazionale di Los Angeles per protestare chiedendo paghe più alte. Nel tentativo di abbassare i costi per i passeggeri, le aziende avevano ridotto la tariffa per gli autisti. Tra il 2013 e il 2017, i ride-sharing di tutto il paese hanno visto scendere i guadagni mensili di oltre il 50 per cento.
Come tante iniziative dal basso, la protesta è stata organizzata attraverso una pagina Facebook. Nei mesi seguenti gli organizzatori della protesta si sono uniti a formare un nuovo gruppo chiamato Rideshare Drivers United che ha come obiettivo il miglioramento della paga e delle condizioni di lavoro degli autisti Uber e Lyft. Per favorire la propria causa, il gruppo doveva rimpolpare gli iscritti e questo imponeva di mettersi in contatto con altri autisti che potrebbero passare giorni senza incrociare i propri colleghi di gig work. In breve, dovevano risolvere il problema della prossimità.
A questo scopo, gli organizzatori hanno usato la tecnologia. Se lavoravano tramite una app, perché non scioperare con una app?
Foto: Uber drivers’ strike at Aldgate, east London 9th October 2018. Steve Eason su Flickr.
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