Pubblichiamo qui di seguito un estratto dal volume Scuola Sconfinata. Proposta per una rivoluzione educativa, Fondazione G. Feltrinelli, Milano 2021.


I luoghi del sapere: apprendimento formale e informale

Si impara ovunque, si impara da tutti, si impara per tutta la vita. Ma quali sono le forme del sapere che incontriamo nell’apprendimento? Il sapere formale è tutto ciò che la persona può imparare in un contesto organizzato e strutturato, come per definizione può essere l’aula scolastica, e che è oggetto di valutazione e certificazione sul piano delle competenze acquisite. Diverso è l’apprendimento informale, che è quella forma di acquisizione del sapere che si sviluppa nelle quotidianità, in contesti non strutturati come la famiglia, la rete di amici, il cortile, Inter- net, e che avviene incidentalmente, senza una reale consapevolezza in chi impara.
Tradizionalmente, queste due forme di sapere sono state trattate in termini dicotomici, come poli opposti e non avvicinabili di differenti percorsi di vita delle persone, con un occhio di riguardo per la prima, in quanto ritenuta più valida. La scuola e l’università, culturalmente definiti come centri del sapere, sono considerati da sempre come gli unici luoghi depositari della conoscenza, trascurando il fatto che, soprattutto in ambito scolastico, troppo spesso il sapere formale viene veicolato attraverso un apprendimento poco significativo e astratto, decontestualizzato e il più delle volte incapace di far vibrare le corde emotive di studentesse e studenti.

Come dire… “apprendere”, voce del verbo “annoiarsi”.

Nell’ottica della Scuola Sconfinata, è innegabile il valore che possono assumere i contesti informali di apprendimento e quanto sia fondamentale travalicare la tradizionale polarizzazione dei due saperi, a favore di una loro integrazione funzionale e arricchente per le comunità, e per i soggetti che le abitano.

Ma bisogna necessariamente uscire da scuola per valorizzare l’apprendimento incidentale? Certo, l’abbattimento delle frontiere genera, come ben sappiamo, aperture mentali e virtuosi sconfinamenti culturali, ma anche all’interno della struttura scolastica si può pensare di orientare la didattica in funzione della valorizzazione dei saperi delle alunne e degli alunni e di come essi si sviluppino in realtà meno strutturate. Pensiamo all’intervallo e proviamo a visualizzare la scena delle bambine che si scambiano le figurine: senza saperlo, distribuendo le figurine in modo equo si stanno accostando alla divisione, attraverso il meccanismo della ripartizione sperimentata nella concretezza dell’azione; oppure, pensiamo a degli adolescenti che discutono su argomenti vari di attualità, che si confrontano riproducendo l’idea della scuola come “muretto” attorno al quale aggregarsi. Queste situazioni, a forte matrice relazionale ed emotiva, sono fonti importanti di apprendimento informale. Sempre rimanendo dentro le mura scolastiche, pensiamo soprattutto ai laboratori, a questi spazi del fare e del saper fare dove le alunne apprendono non solo contenuti, ma anche modi di procedere, metodo di lavoro, pratiche e rituali di sperimentazione, dentro un contesto fatto di scambi arricchenti e di insegnamento reciproco. Ma questi laboratori acquisiscono più potere trasformativo, se sconfinano e si espandono aprendosi al territorio, dando luogo ad un approccio integrato alla didattica che sappia conciliare il sapere formale con il sapere informale. Una didattica laboratoriale, quindi, che, pur partendo dalla scuola come luogo elettivo, sappia allargarsi nella costituzione di laboratori territoriali, luoghi per eccellenza dove l’integrazione dei saperi possa essere garantita. Pensiamo ai laboratori territoriali di Arte, di Matematica, di Scienze dei Maestri di Strada, all’interno dei quali si dà ai ragazzi la possibilità di riappropriarsi di nuovi saperi e di connotarli, attraverso lo sguardo attento e accogliente di educatrici e insegnanti impegnati in un percorso di corresponsabilità educativa, con i propri distintivi espressivi e comunicativi; pensiamo anche a tutti quei luoghi in cui la creatività viene riconosciuta e valorizzata a prescindere dai tempi e dai modi in cui viene espressa e comunicata (Web radio, rap, tattoo, street art, ma anche fotografia, quadri viventi, teatro, digital art), in un contesto dove la cultura giovanile cessa di essere un elemento “altro” da osservare con distacco e in modo a volte sprezzante, ma come occasione per favorire un avvicinamento tra due mondi spesso concepiti in modo contrapposto.
Tutto questo necessita che scuola e territorio interagiscano in modo costruttivo, che collaborino nella pianificazione e poi realizzazione di percorsi, dando luogo a una comunità di pratiche costituita da insegnanti, educatrici, tecnici di laboratori, operatrici del terzo settore che insieme decidano di sedersi attorno ad un tavolo, di co-progettare e di dar vita ad un’avventura integrata ed integrante, che può essere realizzata solo insieme a beneficio di tutte e di tutti.

Competenze di cittadinanza e apprendimento situato

Cittadine e cittadini: questi dovrebbero essere i soggetti che fanno la Scuola Sconfinata. Educare alla cittadinanza attiva vuol dire promuovere competenze civiche che “prendono vita” all’esterno della scuola e all’interno delle varie comunità. Vuol dire sviluppare competenze “sconfinate” e “sconfinabili”, che mettano le studentesse e gli studenti nella condizione di sottoporre al vaglio della prova le conoscenze e le abilità previste nel loro curriculum scolastico. Non c’è miglior scuola di problem solving se non quello che capita nella vita di tutti i giorni.

Scuola e territorio si configurano quindi come risorse destinate ad alimentarsi reciprocamente. La scuola ha così due piste percorribili e complementari.

La prima: essere il cantiere in cui si edificano le conoscenze, le abilità e gli atteggiamenti, che poi le alunne andranno a sperimentare nei luoghi esterni a essa, attraverso compiti autentici di realtà; in questo modo la comunità beneficia della partecipazione attiva dei ragazzi, le valorizza e le ricapitalizza, andando a impattare sul curriculum e sugli apprendimenti scolastici. Le docenti traggono spunto dalle esperienze sul campo, fanno notare somiglianze e differenze con le modalità attraverso le quali si apprende normalmente a scuola e incentivano le alunne e gli alunni a progettare nuovi servizi a favore della comunità, sempre puntando allo sviluppo delle competenze previste all’interno del curricolo scolastico. Il Service Learning rappresenta un felice tentativo di applicazione di questi principi: ragazze e ragazzi sono impegnati in compiti autentici a forte caratterizzazione sociale (curare il verde di un quartiere, occuparsi di segnalare la presenza di barriere architettoniche, compiere azioni di salvaguardia dei beni culturali, tanto per fare qualche esempio), attraverso percorsi operativi finalizzati allo sviluppo di competenze di cittadinanza attiva, con obiettivi sociali e curricolari.
La seconda: sconfinare nel territorio e trovare altre opportunità di rivitalizzare il proprio impianto curricolare e di progettare nuovi percorsi di apprendimento, mantenendo il suo ruolo di propulsore attivo della crescita globale e integrale delle alunne, trovare nuovi spazi concreti di condivisione e di progettazione, che si alimentino reciprocamente nel rispetto della loro specificità, mantenendo la competenza come tema chiave. Tutti fanno esperienza di cittadinanza attiva nel territorio, anche mettendo in gioco in modo rilevante le conoscenze e le abilità acquisite a scuola, incrementando e arricchendo le loro competenze, aprendosi a scenari inediti di relazione e di apprendimento.
In entrambe le piste la scuola è spazio di rielaborazione e di garanzia di inclusione e uguaglianza. Tutti sono attori e beneficiari nello stesso tempo: le ragazze, arricchite sul piano delle competenze e maggiormente motivate ad apprendere; il territorio e la comunità in genere, che potrà avvalersi del loro contributo e della loro partecipazione. Le competenze cessano in tal modo di essere trattate come dimensioni monolitiche e astratte, ma vengono vivificate e introdotte in un circolo virtuoso caratterizzato da partecipazione attiva, sperimentazione, scambi interattivi, coinvolgimento emotivo.


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