Introduzione di Michela Murgia
tratta da Post Pink. Antologia di fumetto femminista, a cura di Elisabetta Sedda,
Giangiacomo Feltrinelli Editore, prima edizione in “Feltrinelli Comics” marzo 2019.
“Immaginarsi donna” del resto è stato difficile anche per le donne stesse, dopo secoli passati ad ascoltare storie di uomini raccontate da uomini, in cui le poche di noi presenti avevano più che altro funzione accessoria. Ciascuno cresce solo se sognato, diceva quel grande educatore che è stato Danilo Dolci, ma per le donne – che sognate in fondo lo sono da sempre – è stato necessario qualcosa di più: per cominciare a esistere nel nostro stesso immaginario abbiamo dovuto diventare capaci di sognarci fuori dai sogni degli uomini e cambiare completamente di prospettiva, consapevoli del fatto che per secoli ci siamo guardate l’un l’altra vedendo solo quello che avrebbe visto un uomo. Questo fanno le narrazioni: ti impongono lo sguardo sulla realtà e anche se gli occhi rimangono i tuoi, i parametri con cui osservi non ti appartengono più. È il motivo per cui di storie ne servono molte, moltissime, per non diventare schiavi di un solo punto di vista sulle cose
Michela Murgia
L’accettazione di sé nasce da un movimento di autoindulgenza. Quanto spazio lasciamo allo sbaglio, alla caduta, all’errore nelle nostre giornate? La vanità è una maschera fiorita, sta marcendo, invade tutto, compresa la ruga del controllo.
Mi sono ispirata un po’ alle immagini falsate che diamo di noi sui social ponendo al centro la ragazzina, vere “vittime” di questo tipo di stereotipizzazione del corpo, a mio avviso.
Nei miei lavori, a volte ho cercato di smontare lo stereotipo, altre volte ho calcato la mano. In ognuno dei due casi, provo a essere quanto più consapevole dell’operazione che propongo al lettore.In Post Pink il percorso storico era tutto di mio pugno, mentre l’idea di omaggiare “cliteracy” di Sophie Wallace è stata della curatrice, Elisabetta Sedda. Lo dico per trasparenza perché quando gli editori fanno un buon lavoro, va detto!
In generale anche la tematica in sé dell’isterismo è qualcosa a cui sono legata da molto, da alcune tavole che feci in trasposizione di un libro di Tobino (Le libere donne di Magliano), passando dalla biografia di Alda Merini, gli stereotipi grafici a questo legati possono essere sfumature interessanti da raccontare.Per esempio nel libro del 2012 su Merini non disegnai mai l’elettroshock in cento pagine, mentre l’ho fatto appunto per Post Pink nella storia di 10 pp perché avevo bisogno dell’immediatezza della rappresentazione”.
Silvia Rocchi