Université de Lausanne
Estratto dall’ebook pubblicato per la collana Quaderni Disintermediazione e nuove forme di mediazione a cura di Cecilia Biancalana, pubblicato da Fondazione Giangiacomo Feltrinelli (2018)

Disintermediazione significa rimuovere un intermediario da una relazione. Si tratta di un fenomeno con cui gli abitanti delle società contemporanee hanno sempre più a che fare: quando fanno acquisti su Amazon, quando leggono tweet di Donald Trump o cercano informazioni su Wikipedia. Grazie a Internet, potenzialmente domanda e offerta sono collegate direttamente: sembriamo non aver più bisogno di mediatori.

Ma dove viene la domanda, e l’offerta, di disintermediazione? Si tratta di una rimozione di intermediari, o piuttosto di una sostituzione di un intermediario con un altro? Cosa succede a quelli che possono essere considerati tra i più importanti mediatori del secolo scorso, cioè i partiti, i sindacati e il giornalismo? E infine, quali sono le conseguenze sulla democrazia?

Il cambiamento tecnologico, e in particolare la diffusione di massa di Internet, è un tassello importante per comprendere i fenomeni di disintermediazione. A questo si uniscono mutamenti sociali di lungo periodo come l’individualizzazione, il declino della deferenza, intesa come atteggiamento di rispetto nei confronti dell’autorità, la crescita della scolarizzazione e, in generale, delle competenze dei cittadini. Da una parte, gli interessi dei cittadini sono sempre più frammentati, e quindi difficili da rappresentare; dall’altra, cittadini sempre più capaci di essere “critici” non percepiscono più i corpi intermedi come gli interpreti dei loro bisogni.

Partiti, sindacati e mondo dell’informazione vedono da anni la fiducia accordata loro dai cittadini diminuire. Nel campo politico, notiamo una richiesta di azione e partecipazione diretta e non mediata dai corpi intermedi, spesso basata sulle tecnologie digitali. Nascono quindi partiti e movimenti populisti, che fanno della relazione immediata tra leader e popolo la loro bandiera, e si diffondono movimenti sociali dal basso, che promuovono una partecipazione diretta alla cosa pubblica. Gli stessi partiti “tradizionali” devono adattarsi al nuovo contesto e si trasformano, cercando di accorciare le distanze con i cittadini, spesso utilizzando le nuove tecnologie.

Nel campo dell’informazione, le pratiche di consumo passano sempre più attraverso canali diversi dai media tradizionali. E se la rivoluzione digitale rende possibile a ogni consumatore di diventare anche un produttore (e un divulgatore) di informazione, è stato dimostrato che aziende private sono state in grado di manipolare l’informazione condivisa sui social network, con conseguenze su importanti appuntamenti elettorali, come il referendum sull’uscita del Regno Unito dall’Unione europea o presidenziali statunitensi del 2016.

Disintermediazione appare quindi non tanto come una semplice rimozione dei vecchi intermediari ma piuttosto come una loro trasformazione, che si accompagna all’emergere di nuove forme di intermediazione, spesso meno visibili, riconoscibili e responsabili delle precedenti. Nell’epoca della disintermediazione siamo circondati da nuovi mediatori: le grandi aziende di Internet, che operano un ruolo di filtro e selezione dell’informazione; i leader, che si pongono come tramite diretto della volontà popolare ma in realtà accentrano su di sé poteri sempre più rilevanti; le piattaforme di partecipazione online attraverso cui i cittadini possono decidere direttamente, ma che configurano una partecipazione individualizzata.

Cosa succede alla democrazia rappresentativa, in un contesto in cui è sempre più difficile per i corpi intermedi rappresentare e per i cittadini sentirsi rappresentati? Se una democrazia realmente immediata sembra impossibile, quelle che emergono nell’era della disintermediazione sono nuove e inedite forme di rappresentanza, destinate a giocare un ruolo sempre più rilevante in futuro. Le nuove forme di intermediazione sono qua per restare: tornare alle democrazie novecentesche è impossibile. È necessario quindi capire come attrezzarsi per vivere nelle democrazie del futuro.

Da dove partire? La rivoluzione digitale è una delle cause dei processi di disintermediazione e re-intermediazione. Se, da una parte, rendere i nuovi intermediari digitali responsabili (accountable) nei confronti dei cittadini può risultare impossibile (e spesso i tentativi di legiferare sulla tecnologia sono controproducenti), allora è fondamentale impegnarsi per accrescere le competenze digitali dei cittadini. Sempre più la rappresentanza e la rappresentazione del mondo passano attraverso la rete. Diventa importante, quindi, per non restare intrappolati in false promesse di democrazia diretta online o dentro la propria “bolla” informativa, che i cittadini riescano a decifrarne le dinamiche e il linguaggio.

 

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