Torniamo a riflettere sugli stimoli suggeriti dalla funzione civile, intellettuale e militante che Raniero Panzieri riconosceva alla scelta di una politica “di presenza”, condotta cioè “al fianco delle lotte”, non astraendosi da esse. Lo facciamo attraverso due profili che riteniamo siano di stimolo anche per la condizione di precarietà o di disagio di questo nostro tempo.

Il primo profilo riguarda la dimensione dell’inchiesta, il secondo insiste sulla partecipazione alla cosa pubblica. Le due cose viaggiano insieme. L’inchiesta è ansia di sapere, voglia di conoscere; la partecipazione è non tirarsi indietro, considerare che la “cosa pubblica siamo noi” e dunque, se cambiare è possibile, lo è solo a patto di farsi carico di alcuni compiti, a patto di condividere un linguaggio e le regole di fondo del gioco. Ma, appunto, quelle scelte non sono un’opzione etica, o l’indicatore di un entusiasmo. Perché si dia scelta consapevole, occorre sapere, far parlare, dialogare, incontrare e conoscere. In una parola: far uscire le persone dall’anonimato.

Partecipare e sapere sono due pratiche attraverso le quali le persone, che spesso si rappresentano come gregarie, o come “ritirate nel privato”, mettendosi al margine, entrano invece nello spazio pubblico.

Una palestra che spinge ad abbandonare la condizione di essere spettatori, per avviare una pratica fondata sul prendere su di sé il proprio destino e iniziare ad essere protagonisti

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