Il tema della transizione verde è al centro dell’agenda di gran parte dei paesi industrializzati non solo per la necessità di contrastare in modo deciso il cambiamento climatico ma anche per l’opportunità di crescita economica rappresentato dalla cosiddetta transizione ecologica. Questa comprende un cambiamento radicale della mobilità, delle tecnologie produttive e delle fonti energetiche. Il controllo delle emissioni di CO2 è considerata una necessità per limitare il riscaldamento globale, ma quando si deve negoziare la riduzione delle emissioni su scala nazionale, ogni paese considera in modo prioritario l’impatto delle misure sulla propria economia.
La Cina è il primo paese al mondo in termini di emissioni di CO2 e a settembre del 2020 il Presidente Xi Jinping ha annunciato che le emissioni di carbonio avrebbero raggiunto il picco nel 2030 e la neutralità nel 2060, cioè in 4 decenni da ora.
La crescita economica rimane una priorità assoluta per la Cina e per il breve periodo l’utilizzo del carbone come fonte primaria per la produzione di energia rimane insostituibile.
Attualmente la Cina è responsabile da sola di circa il 27% delle emissioni globali, e mentre sia USA e UE hanno raggiunto alcuni anni fa il picco di CO2 prodotta, la Cina continua annualmente ad accrescere le proprie emissioni. Il problema è che gran parte dell’energia prodotta viene dal carbone e, nonostante tutto, la Cina continua a costruire nuove centrali, non solo all’interno dei propri confini ma anche nei paesi delle cosiddetta One Belt One Road.
Nle 2020 la Cina ha accresciuto la sua capacità di produrre energia dal carbone di 38.4 gigawatt, che corrisponde a circa tre volte l’ammontare del resto del mondo. Se si considera la chiusura di vecchie centrali nel 2020 l’aumento netto dell’energia prodotta dal carbone è stato di 29.8 gigawatt, mentre nel resto del mondo si è assistito a una diminuzione di 17.2 GW. Attualmente gli impianti in costruzione aggiungeranno capacità elettrica per 247 GW di energia a carbone sufficienti a soddisfare il fabbisogno dell’intera Germania.
Per raggiungere l’obiettivo di zero emissioni di gas serra entro il 2060, data relativamente lontana nel tempo, la Cina dovrebbe uscire velocemente dalla dipendenza dal carbone chiudendo almeno 600 centrali nei prossimi dieci anni e sostituendole con energie rinnovabili. Un obiettivo piuttosto complesso ma che potrebbe in realtà tradursi in un risparmio netto di oltre 1.6 trilioni di euro se si considera il minor costo dell’energia prodotta dalle rinnovabili. Questo potrebbe rappresentare una motivazione importante verso l’uscita dall’economia nera nella quale la Cina sembra attualmente intrappolata.
Nel settore della mobilità è dove la Cina ha mostrato di credere maggiormente nell’utilizzo di modalità di trasporto con veicoli mossi da corrente elettrica. È il maggior produttore di auto elettriche nel mondo e lo sarà sempre di più nel prossimo futuro.
Il tradizionale pragmatismo cinese e l’utilizzo della crescita economica ad ogni costo come strumento di coesione sociale e riconoscimento della capacità della dirigenza possono rappresentare delle molle efficaci per la transizione ecologica, per la quale però la Cina non sembra intenzionata a fare sconti al di là delle posizioni nei meeting internazionali.
L’agenda ecologica cinese è subordinata alla crescita.
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