Fondazione Giangiacomo Feltrinelli

Di cosa hanno paura gli italiani?

Secondo il decimo rapporto dell’Osservatorio europeo sulla sicurezza, realizzato da Demos& Pi e Osservatorio di Pavia per Fondazione Unipolis, la nostra percezione del rischio è cambiata in maniera considerevole tra il 2016 e il 2017 – anno dell’ultimo rilevamento.

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(Fonte: Osservatorio Europeo sulla Sicurezza, sondaggio Demos & Pi per Fondazione Unipolis, gennaio 2017; elaborazione LaRepubblica.it)

Tolti i grandi spauracchi come “l’insicurezza economica” (una preoccupazione che riguarda il 63% della popolazione), “l’instabilità della politica” (con il 56%) e gli atti terroristici (con il 44%), le più grandi preoccupazioni riguardano le tematiche ambientali. La nostra percezione del rischio è cresciuta sia per quanto riguarda la “distruzione dell’ambiente”, che allarma il 58% degli italiani, sia il più generico inquinamento – temuto da un italiano su due.

Ma a crescere di più è la percezione del rischio legata a “terremoti” e “frane”, che preoccupa più di un italiano su tre ed è in forte crescita rispetto alla precedente rilevazione del 2016, con ben 13 punti in più. Due rilevazioni che in fondo non stupiscono anche alla luce degli eventi sismici e idrogeologici che hanno colpito il centro Italia, Genova e l’Abruzzo durante il precedente biennio. Anche scorrendo il calendario a ritroso, l’ultimo caso di cronaca legato a esondazioni di torrenti e bombe d’acqua riguarda il Cilento non più tardi del 6 ottobre, e l’esondazione delle Gole del Raganello nel cuore naturalistico del Pollino a fine agosto.

L’Italia tra frane e alluvioni

Si può affermare, in estrema sintesi, che un italiano su tre teme per la stabilità della terra e dei fiumi sotto i propri piedi. Ma la percezione del rischio è un dato soggettivo ed estremamente volatile, spesso legato alla copertura mediatica di eventi drammatici. Cosa possiamo dire, concretamente, sulla pericolosità idrogeologica del territorio italiano?

L’ultimo rapporto ISPRA “Dissesto idrogeologico in Italia: pericolosità e indicatori di rischio” stilato nel 2018, è in grado di restituirci la fotografia di un paese instabile: delle circa 900.000 frane censite nelle banche dati dei paesi europei, quasi i 2/3 si sono verificate in Italia e sono raccolte nell’Inventario dei Fenomeni Franosi. Certo, si potrebbe porre una lecita obiezione di fronte a un dato così elevato: l’Italia è un Paese prevalentemente montuoso visto che 75% del territorio nazionale è montano-collinare, e forse questo dato non è poi così rilevante. Obiezione pertinente. Vale però la pena di considerare i cosiddetti eventi franosi principali – per capirsi quelli che causano morti, feriti, evacuati, danni a edifici, infrastrutture o patrimonio artistico –  per riscontrare una (poco piacevole) regolarità; i numeri sono dell’ordine di qualche centinaio l’anno: 172 nel 2017, 146 nel 2016, 311 nel 2015, 211 nel 2014, 112 nel 2013 e 85 nel 2012, e sono tutto sommato stabili nell’ultimo decennio.

Se consideriamo insieme il rischio proveniente da frane e alluvioni è possibile costruire una mappa del rischio idrogeologico italiano completa:

Didascalia: La cartina italiana, così colorata, mostra le aree a pericolosità da frana (PAI) e idraulica
(Dati report “Dissesto idrogeologico in Italia: pericolosità e indicatori di rischio”, elaborazione 2017).

Incrociando il territorio a rischio è anche possibile stimare la popolazione potenzialmente a rischio: nello scenario di pericolosità idraulica elevata (P3) in Italia sono esposti al rischio di alluvioni 2,06 mln di abitanti (3,5% del totale), 6,18 mln (il 10,4%) nello scenario di pericolosità media (P2) e 9,34 mln (15,7%) nello scenario P1 (con scarsa probabilità di alluvioni o scenari di eventi estremi).

 

L’ombra lunga del cambiamento climatico

Difficile aggiungere qualcosa a dati così significativi, e altrettanto difficile contestare una mancata “sensibilità” sul tema idrogeologico alla popolazione italiana, anche perché raramente percezione del rischio e rischio reale collimano. Può essere però utile tracciare una linea di congiunzione tra tematiche solo apparentemente diverse come i mutamenti climatici e una maggiore vulnerabilità idrogeologica, che spesso vengono percepiti come argomenti non correlati.

Come evidenziato nell’ultimo rapporto di aggiornamento dell’IPCC (International Panel on Climate Change) dopo la Conferenza sul clima di Parigi, il cambiamento climatico influisce direttamente sull’ambiente aumentando il numero di eventi estremi, e non solo le temperature: tempeste, bombe d’acqua e siccità crescono tutti di pari passo con le emissioni incontrollate di anidride carbonica e altri gas serra. Se c’è qualcosa da evidenziare è che il cambiamento climatico, talvolta percepito come problema “globale”, è in realtà un motivo di preoccupazione locale pressante. I Paesi del mediterraneo, e l’Italia in particolare, sono tra le regioni del mondo più vulnerabili ai mutamenti climatici – che si vanno a sommare, per quanto ci riguarda, alle problematiche di un Paese bello e fragile.

 

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