Alain Touraine, il padre dei sociologi europei del Novecento e delle teorie sui movimenti sociali, 97 anni portati con l’eleganza d’antan, occhi chiari, luminosi e mobilissimi, conoscitore di diverse lingue e l’italiano fra queste, è scomparso stanotte 9 giugno 2023 a Parigi.
Difficile un omaggio ufficiale per uno studioso così innovativo, nutrito dalla letteratura nella sua prima formazione, con esperienze negli USA già giovanissimo e infaticabile nella ricerca della sostanza della politica e del respiro della società, attento alle potenzialità dell'”attore sociale” e alla nozione di conflitto che guideranno tutta la sua ricerca.
Ed è proprio in America, curioso studente negli anni Cinquanta, che frequenta un corso di Talcott Parsons, sociologo di punta in un paese che aveva ripreso la tradizione sociologica europea dell’Ottocento, rileggendola e piegandola a una realtà del tutto diversa.
Negli anni dell’immediato dopoguerra, lo scontro e i suoi esiti diventavano un punto di discrimine importante per i vincitori e i vinti; la guerra induceva cioè a una riflessione non secondaria e Touraine cominciò da questo.
Lo strutturalfunzionalismo, di cui Parsons era prestigioso teorico, ingabbiava la società in un insieme di strutture, ruoli e funzioni, di norme precise che insieme contribuivano all’ordine sociale e al progredire di una società. In esso sparivano gli individui fagocitati dai loro ruoli e dalle aspettative che su di essi convergevano; la ricchezza euristica di Webere Durkheim, il loro rovello analitico sulla società e il suo divenire venivano piegate alle ragioni dell’uomo americano bianco del ceto medio e allo spirito del tempo in un paese che doveva proseguire nella costruzione del suo dominio. La sociologia americana contagiava in quel periodo la riflessione in Europa, Touraine prende un’altra strada e comincia sin da subito a privilegiare il conflitto come categoria esplicativa della società e della politica nei loro mutamenti, in ciò anche spronato dall’incontro a Parigi con lo studioso marxista ErnestLabrousse che gli dà l’opportunità di un soggiorno in Ungheria in una fase di riforme prima che il dominio sovietico spegnesse tutto.
Egli comincia a conoscere direttamente realtà diverse e sempre più in lui si radica la convinzione che la società è entrata in una fase di crisi a vari livelli che egli definiscepostindustriale nella quale non sono solo le lotte operaie e di classe che prendono la scena ma vari movimenti che toccano l’individualità di ciascuno, la ricerca di un sé nello sfilacciarsi dei legami sociali, la forte richiesta dei diritti negati, un profondo spaesamento dopo l’entusiasmo seguito alla fine della seconda guerra mondiale.
Di tutto questo il movimento del 1968 è esempio ricco e contraddittorio ed egli vi dedica il saggio Le Mouvement de Mai ou le communisme utopique, preceduto qualche anno prima da La sociologie de l’action (Seuil, 1965), che costituisce l’asse portante della sua sociologia e della teoria dell’attore sociale, ossia il porsi degli individui come attori sociali capace di riscatto, di riprendere il proprio “sè”, di reclamare il diritto alla presenza e alla partecipazione, alle scelte per la propria vita, sia che si tratti del movimento operaio organizzato, sia che si tratti di altri movimenti che esplodono nel mondo occidentale: quelli delle donne, quelli contro il nucleare, quelli dei sans papiers, a conferma di un profondo sconvolgimento del vecchio ordine non più accettabile. Quindi il farsi del movimento e l’emergere di una consapevolezza che viene dal basso sono i fenomeni che egli analizza contro quello che egli definisce una specie di “leninisme sociologique” proprio di coloro chepretendono di interpretare i movimenti sociali senza osservarli direttamente nelle loro dinamiche, radici, risorse materiali e simboliche, aspirazioni fra utopia e realtà. Insomma, una traduzione sociologica del pensiero di Luxemburg, potrei dire, è quella che innerva la sua analisi fuori da gabbie che opprimono, alla ricerca dei nuovi attori sociali che raccolgano l’eredità storica del movimento operaio e lo volgano per la costruzione di un nuovo ordine sociale.
Egli è un socialdemocratico deluso ma non rassegnato e ritiene che solo questo afflato collettivo possa ricostruire ciò che il tardo capitalismo ha distrutto e determinare il mutamento di fronte a una classe politica deteriorata e allo spezzarsi dei vincoli di una comunità.
Touraine era per anagrafe e per formazione un uomo all’antica con tutto ciò che di irrinunciabile e prezioso questo comporta; non usava il computer nei suoi seminari, ma appunti suoi e schemi col gessetto su una lavagna; aveva però antenne pronte, veloci, sensibili a ogni fermento, lotta, mobilitazione che gorgogliavano nella società. Ecco perché va negli USA, ormai non più giovane, a studiare – fra l’altro, in quel mondo che aveva più di un secolo e mezzo prima incantato Tocqueville – il movimento femminista di quel paese nel quale scorge un elemento importante, alieno da vittimismi e da forzate ideologie di dominio propri di alcuni femminismi europei: un soggetto nuovo, vitale che cerca di affermarsi come attore sociale portatore di diritti, del diritto di avere diritti, una voce necessaria per le democrazie in un passaggio cruciale, quindi protagonista della nostra presente modernità. Frutto di questa ricerca sono due poderosi saggi La Fin des societés (Seuil, 2013) e Le Nouveau Siècle politique (Seuil, 2016) i suoi ultimi saggi impegnativi.
Ho avuto la fortuna a Parigi di frequentare i suoi seminari per alcuni anni fino al 2020, quando cessò di tenerli e, più di tanti suoi libri, questi mi hanno consegnato l’interezza e profondità della sua ricerca, di un metodo, oltre al rapporto empatico che egli riusciva a creare con il suo uditorio.
Un ricordo personale serbo fra gli altri: un lungo colloquio con lui alla Maison des Sciences de l’Homme sulla sua esperienza negli USA e in Ungheria e sul suo lavoro, La fin des societés che mi ha donato mentre prendevamo un caffè in una defilata patisserie lì a due passi. Nell’alzarci lui tenacemente rifiutava di appoggiarsi al suo bastone.
Indomabile Touraine!