All’inizio c’era il valore. È stato così per Marx e gli economisti classici, poi per i marginalisti, ed è così per Mariana Mazzucato che insiste sul ruolo del pubblico e del valore generato dalla società all’interno del presente sistema economico capitalistico. La rivoluzione copernicana necessaria al pensiero riformista partirebbe, secondo la Professoressa, proprio dalla domanda su chi e come si produce e, conseguentemente, riflettendo sul meccanismo di estrazione di valore tramite il prezzo, ad oggi considerato l’unica modalità di sua creazione e unica misura del benessere. I mercati sono diventati il luogo di vera e propria determinazione del valore attraverso il prezzo, attraverso logiche e modalità sempre più distanti da una valutazione effettiva della qualità e della quantità di ciò che si scambia.
In controtendenza, Mazzucato suggerisce che la tesi secondo cui ricchezza sia generata dal sistema privato e il pubblico possa solo redistribuirne una quota potrebbe essere infatti da ridiscutere alla radice. Soprattutto se si definisce e misura l’apporto della contribuzione collettiva in termini di creazione di valore e si fa un’attenta analisi proprio di quella enorme divaricazione che si è creata fra prezzo e valore, in un contesto di finanziarizzazione dell’economia globale, che ha perso quasi ogni legame con l’economia reale e con tutto ciò che è produzione di lavoro, sviluppo territoriale, distribuzione degli utili e non solo delle perdite.
Mazzucato rimettendo in questione il valore rimette in questione l’illusione centrale su cui poggia il sistema occidentale economico, politico e sociale nel nostro tempo: quella per cui l’individuo pre-esiste ad e pre-domina su una collettività della quale non ha bisogno e dalla quale trae solo fastidio. Per cambiare le cose potrebbe essere necessario chiarire, una volta di più, che questa narrazione non ha fondamento nelle reali dinamiche umane.
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