di Erica Grossi, per il percorso narrativo Guerra senza fine


«Vittoria nostra, non sarai mutilata», con questo ammonimento lanciato sulle colonne del Corriere della Sera (24 Ottobre 1918), Gabriele D’Annunzio conia l’espressione che segnerà ogni fase di revanscismo nazionalista nella storia italiana a venire. Proprio alla tradizione francese di fine Ottocento – revanche (rivincita) per i territori dell’Alsazia e della Lorena contesi alla Germania – si deve la diffusione di quello spirito di rivendicazione territoriale che in Italia si raccoglie intorno al movimento risorgimentale per l’unificazione delle «terre irredente» di Trento, Trieste e dellavittoria_mutilata Venezia Giulia austriache. Con la fine del primo conflitto mondiale e l’apertura delle consultazioni per la Conferenza di Pace di Parigi (gennaio 1919), sono la città di Fiume e la regione della Dalmazia sulla costa adriatica nord-orientale – escluse dagli accordi del Patto di Londra (26 aprile 1915) – ad incarnare fisicamente le membra mutilate del territorio nazionale italiano. Almeno per D’Annunzio, i suoi legionari, e l’opinione pubblica nazionalista, costituita per la gran parte, da ex-combattenti e interventisti della prima ora, scontenti della politica liberale post-bellica interna, e delusi dalla politica estera internazionale riservata all’«Italia vittoriosa». È la questione di Fiume a risaltare sul piano dell’opinione pubblica, fin dal gennaio 1919, quando il viaggio del presidente americano Wilson in Italia anticipa nel dibattito interno i nodi critici degli accordi internazionali che si sottoscriveranno a Versailles (giugno 1919). La forza discorsiva del Vate-D’Annunzio e l’azione esemplare dell’Eroe-D’Annunzio riescono, contro ogni segreta pratica diplomatica e ogni negoziazione ufficiale, in un’impresa anche più invasiva di quella di occupazione militare della città dalmata. A pochi mesi dalla fine del conflitto, infatti, il Comandante-D’Annunzio risveglia, di nuovo, la mobilitazione degli animi al sostegno bellico attingendo dallo scontento delle masse disorientate nel caos del dopoguerra, perché «Non bastano quattordici punti a ricucire gli squarci» (Lettera ai Dalmati, «Il Popolo d’Italia» – Anno VI, N.14 – Martedì 14 Gennaio 1919). Così alimentato, lo spirito di rivincita per quel «grande olocausto» di operai e contadini, vincitori mutilati nel corpo della Patria, se non basterà a fare di Fiume una propaggine adriatica italiana, riuscirà però a consacrarla alla retorica vendicativa del nascente Fascismo per il Ventennio a venire.

Erica Grossi
Ricercatrice del progetto “La Grande Trasformazione 1914-1918”