Ovunque in Europa si assiste a una crisi di legittimazione del sistema politico, a una crisi dei partiti tradizionali che non si limita al grado di consenso che questi riescono a intercettare durante le elezioni, ma che investe il loro stesso ruolo di corpi intermedi, la loro capacità di mettere in moto partecipazione, riflessioni collettive, progettualità che abbiano il fiato lungo per affrontare le molte sfide della contemporaneità.
Ovunque in Europa si assiste alla fuga nell’astensione o a un montare di fenomeni populisti e nazionalisti che, per quanto diversificati tra loro, hanno una matrice comune. Ovunque si assiste a una crisi di partecipazione dei cittadini alla cosa pubblica che rende la democrazia rappresentativa inefficace e anemica.
La crisi economica, con le sue ricadute sociali da un lato, e l’incapacità della politica di trovare un nuovo assetto e nuovi strumenti per favorire una partecipazione alla vita pubblica e una legittimazione ampia del proprio operato dall’altro, generano una situazione di caduta di legittimità delle istituzioni democratiche, la disaffezione dei molti dalla partecipazione politica ed elettorale. La distanza tra dentro e fuori le istituzioni favorisce l’affermarsi della percezione che vi sia un divorzio fra i “molti” e i “pochi” che facilita la traduzione delle questioni sociali in forme populistiche di contestazione, che legittimano visioni astratte e ideal-tipiche del “popolo” come unità omogenea di cultura e di interessi e, soprattutto, come il miglior rappresentante di se stesso. Tutto questo rappresenta una “sfida potente” alla democrazia rappresentativa.
Il termine “populismo” ha una crescente fortuna e viene sempre più utilizzato nella pubblicistica e nel discorso pubblico. Con tale espressione si cerca (non senza difficoltà) di accomunare fenomeni e forze tra loro molto differenti correndo il pericolo che “populismo” diventi sinonimo di “demagogia” e che “populista” risulti alla fine un’accusa, che si vorrebbe delegittimante, da lanciare ai propri interlocutori durante i passaggi meno abbottonati dei confronti nei salotti televisivi.
Ma che cosa s’intende con “populismo”? Il populismo è di destra o di sinistra? In che rapporto sta con la democrazia?
Sotto questa etichetta, che nel corso della storia contemporanea è stata declinata in moltissimi modi, si riassumono movimenti di contestazione (e di governo, almeno in alcuni casi) che hanno assunto come faro della loro politica l’appello al popolo. Un popolo idealizzato, pensato come tendente all’omogeneità attorno a determinate caratteristiche, per intercettarne il giusto malcontento e prometterne/permetterne il riscatto. Tratti comuni ai vari movimenti e fenomeni populisti sono anche costituiti dall’accusa ai rappresentanti politici, ai corpi intermedi e preferibilmente ai partiti, di aver confiscato la sovranità popolare e di essersi costituiti in una casta separata, autoreferenziale e sorda al “grido di dolore” proveniente dal popolo che lavora, dai semplici cittadini. A completare il tendenziale processo di disintermediazione e disarticolazione dei corpi intermedi concorre il legame preferenziale che si viene ad instaurare tra il leader, cui viene riconosciuto particolare carisma e la capacità di interpretare correttamente il sentimento prevalente nel popolo e la base del movimento. La presunzione di interpretare correttamente e in modo esclusivo i veri interessi e le vere aspirazioni del popolo, la promessa di riscatto e grandezza di cui si fa portatore il movimento (che è stata declinata anche in termini radicalmente diversi dai vari movimenti e dalle diverse leadership populiste nel corso della storia), la promessa di promuovere un ordine e una pace concorde nel corpo della nazione (concordia e pace che le élites politiche con le quali ci si confronta sono palesemente incapaci di raggiungere con la loro lotta di fazioni), rappresentano altrettanti ingredienti delle forze che si tenta di far confluire nel fenomeno.
In ogni caso il populismo si sente stretto nelle forme attuali della democrazia rappresentativa, con la quale ha un rapporto difficile, non scontato, quasi ne fosse un fratello sanguigno e un po’ caratteriale.
In un contesto dove i tradizionali strumenti di incanalamento del consenso, delle istanze e delle preferenze popolari hanno spesso abdicato al loro ruolo (si pensi alla mutazione del ruolo dei partiti e al rinsecchimento del loro insediamento, a partire dal territorio) e dove la stessa democrazia rappresentativa sembra sempre più vulnerabile a una “cattura oligarchica” la spinta di determinati movimenti populisti potrebbe anche assumere risvolti positivi. Ad esempio se può aprire ad una maggiore partecipazione alla cosa pubblica i molti che oggi si sentono non rappresentati e sostanzialmente esclusi. Ma occorre capire dove si sta andando. La democrazia rappresentativa deve andare sicuramente incontro a degli aggiustamenti ma rischia al contrario di subire una ulteriore involuzione escludente. Dietro una maggiore o diversa partecipazione rischia di prevalere solo l’illusione di un rapporto diretto con la cosa pubblica che si traduce in leadership forti e incontrollate, in una spirale di proteste effimere, inconcludenti, corrosive e sempre più arrabbiate. La tendenza insita a fornire risposte semplici o semplicistiche a questione per loro natura complesse rischia di creare dieci problemi per ogni questione che viene approcciata. Con ricadute sui diritti e la qualità della vita di tutti noi.
Le tendenze populiste si stanno affermando e imponendo molto più velocemente di quanto siamo soliti pensare e la loro avanzata non si misura solo in termini di score elettorale di questa o quella formazione. Spesso sono le stesse forze politiche tradizionali o determinati leader ad assumere posture ed atteggiamenti populisti. Questo ci parla della necessità di approfondire tale tematica. Avere una maggiore comprensione del fenomeno può consentire di orientarsi meglio, giudicare con la propria testa ed essere cittadini più consapevoli, sfuggendo a cliché che tendono a trasformare il confronto politico in uno scontro tra tifoserie.
Approfondimenti
Per una riflessione sulle tematiche affrontate nell’articolo, scopri l’approfondimento del percorso di ricerca di Innovazione politica dal titolo Condivisione e politica: Il caso Podemos.
La condivisione è alla base dei beni comuni e collettivi, è l’elemento fondamentale che consente a più individui di rivendicare insieme un protagonismo pubblico, in quanto cittadini. Proprio sulla condivisione di valori comuni, sulla filosofia che “la politica è autoaiuto collettivo” e che “le cose decenti della vita capitano sempre insieme agli altri” si basa la filosofia di Podemos, il movimento politico spagnolo fondato da Juan…
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