Sociologo

Pubblichiamo qui un estratto da L’arte di vivere insieme. Secondo Manifesto convivialista. Per un’alternativa al neoliberismo, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli 2020. Prefazione di Elena Pulcini.

È ancora possibile immaginare un mondo migliore? Che cosa è cambiato da quando, negli anni Settanta, le note di Imagine – evocata nel Prologo di questo Secondo Manifesto convivialista come a voler sollecitare anche le generazioni delle utopie novecentesche – risuonavano attraverso uno spazio senza confini in un abbraccio ideale di speranze condivise? Indubbiamente, ciò che c’è di nuovo è la radicalità delle sfide da affrontare e l’urgenza delle risposte. A cinquant’anni di distanza dall’appello di John Lennon alla pace e alla fratellanza, la posta in gioco è, infatti, molto più alta e non ammette esitazioni né l’indugiare nel sogno naïf dell’utopia. Non possiamo più permetterci i tempi lenti della speranza, la blochiana “passione d’attesa”, che ha senso solo se sorretta da una fiducia nel futuro. Oggi quella fiducia non c’è più, perché per la prima volta nella storia dell’umanità il futuro non è più dato, non è più scontato; tanto che ormai non riusciamo neppure a immaginarlo, se non nelle forme noir delle più cupe distopie. Sembra se ne stiano accorgendo le giovani generazioni, tradite non solo dal naufragio del mito del progresso, di cui già il secondo Novecento mostrava segni evidenti, ma anche dal paradossale declino di quell’idea di self-preservation sulla quale la modernità aveva legittimato se stessa. Stiamo infatti mettendo a rischio la sopravvivenza stessa dell’umanità e del mondo vivente. Non perché, sia chiaro, abbiamo smesso di perseguire il nostro utile (che resta l’unico idolo dominante!) ma perché, accecati dalla hybris, non siamo più capaci di perseguirlo, se non nelle forme avide e anguste di un here and now che condanna il nostro agire alla perdita di senso e di scopo; e che rende coloro che ci seguiranno, i nostri stessi figli e nipoti, potenzialmente orfani di futuro.

 

Gli esseri umani non possono più considerarsi possessori e padroni della Natura, arrogandosi il diritto di estrarne tutto ciò che essa cela. Presupponendo che, lungi dall’opporvisi, essi ne fanno parte, devono ritrovare con essa, almeno metaforicamente, un rapporto di dono/controdono. Per rendere possibile una giustizia ecologica nel presente e per lasciare alle future generazioni un patrimonio naturale preservato, essi devono restituire alla Natura altrettanto o più di ciò che prendono o ricevono da essa.

 

Considerazioni ecologiche

Il livello di prosperità materiale universalizzabile su scala planetaria è approssimativamente quello che hanno conosciuto in media i paesi più ricchi verso il 1970, a condizione che lo si ottenga con le tecniche produttive di oggi. Poiché non può essere richiesto lo stesso sforzo ecologico ai paesi che da secoli hanno preso più degli altri dalla Natura e a quelli che cominciano soltanto ora a farlo, cioè ai più ricchi e ai più poveri, spetta ai paesi più opulenti fare in modo che i loro prelievi sulla Natura siano in diminuzione regolare rispetto agli standard attualizzati degli anni Settanta. Se vogliono preservare la loro odierna qualità di vita, è a questo obiettivo che deve essere prioritariamente consacrato il progresso delle tecniche, in modo da ridurre significativamente i consumi predatori.

La priorità assoluta è la diminuzione delle emissioni di co2, e il ricorso prioritario alle energie rinnovabili, alternative al nucleare e alle energie fossili.

Le cifre relative alla crescita del PIL non potranno, dunque, essere più date senza essere accompagnate, almeno, da un indice di diminuzione dell’emissione di CO2 e del consumo delle energie fossili, alieutiche e minerali. Più in generale, nel quadro di una necessaria revisione dei sistemi delle norme contabili in vigore, occorre andare in direzione di contabilità bio-ecocompatibili.

La relazione di dono/controdono e d’interdipendenza va esercitata soprattutto nei confronti degli animali, che non dobbiamo più considerare come materiale industriale. E, più in generale, verso la Terra.

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