Responsabile Systemic Design Unit di Agenzia LAMA & direttore di Impact Hub Firenze

Nei prossimi giorni saremo chiamati a votare per il governo della nostra regione, gli ultimi mesi sono stati particolarmente anomali per la storia del paese, forse i più significativi da quando ho una coscienza politica e una nozione di territorio. Sentiamo tutti allo stesso modo: le persone, i fiumi, gli animali, le piante, gli insetti e le colline. Addirittura i confini iniziano a sciogliersi.

Quello che è successo può sembrare fantascienza ma era nell’aria già da un po’: un nuovo virus si è diffuso in tutto il mondo e si è impossessato della nostra rete di comunicazione, dei nostri terminali, delle nostre identità digitali. Improvvisamente abbiamo dovuto rinunciare a tutto ciò che credevamo ormai essenziale e che permeava le nostre esistenze in modo così inscindibile che poteva sembrare quasi scontato, connaturato. Il virus non ha risparmiato niente, ha sciolto tutte le informazioni presenti in rete, le ha mischiate e criptate rendendo impossibile ogni forma di telecomunicazione. L’attenzione e lo sforzo dei governi e delle istituzioni si è concentrato sul ripristino dei sistemi che fornissero i servizi necessari, l’energia e i servizi sanitari sono stati i primi ad essere riattivati in modalità sicura, tutto il resto ancora cerca di ripartire.

L’abbiamo chiamato Meltdown. C’è chi aspetta la cura, la soluzione e chi non ha mai smesso di fare quello che sapeva fare. Non sappiamo con esattezza ciò che sta accadendo nel mondo, per scambiarci le informazioni è necessario incontrarsi e per capirle bisogna ascoltare, fare domande, riflettere, attendere.

Davanti ad una catastrofe di queste dimensioni, devo dire la verità, l’unica cosa che ci ha salvato è stato il deciso cambio di rotta che la nostra regione è riuscita a dare negli ultimi dieci anni. Dopo l’inizio della pandemia Covid19 nel 2020 è stato chiaro a tutti fin da subito che era necessario abbandonare le diatribe tra partiti per concentrarsi sulla politica e sulle necessarie e inevitabili sfide, quelle che necessitano di un unica volontà per esser portate avanti e che spostano il dibattito non su cosa fare ma sul come debbano essere sviluppate, entro quale scadenza e con quali risorse. Il governo regionale si è quindi concentrato su tre aree di sviluppo con importanti piani di investimento:

  • Il nuovo patto tra i cittadini e l’ambiente: un enorme piano di incentivo per la transizione al trasporto elettrico sia pubblico che privato di merci e persone, il cui impatto positivo sulla vita di tutti era semplicemente inimmaginabile; la rifunzionalizzazione agricola basata sul fabbisogno del territorio eliminando pesticidi e ogm e favorendo lo sviluppo e la diffusione di pratiche agricole a minor consumo di suolo, con un conseguente innalzamento sia delle qualità nutreceutiche dei prodotti che del loro valore sui mercati dell’export; il nuovo regolamento per la gestione, la salvaguardia e la promozione del territorio come bene comune che vede cittadini, aziende e perfino i turisti protagonisti attivi, adesso il paesaggio non è più solo bellezza ma anche sicurezza e lavoro.

 

  • La pianificazione policentrica addizionata del territorio: a partire dallo studio e dalle buone pratiche emerse attraverso le progettualità delle aree interne si è sviluppato in collaborazione con i comuni un nuovo piano regionale di sviluppo non più incentrato sul concetto di centro/periferia ma sulla rigenerazione di punti nevralgici nei quartieri di ogni città, capaci di servire al meglio le comunità che li abitano dando vita ad una nuova prossimità, attraverso la rigenerazione dei vuoti abbiamo creato nuovo valore, locale, sociale, relazionale e collettivo.

 

  • La moneta complementare per distribuire e conservare il valore (ironia della sorte, l’abbiamo chiamata fiorino!): uno strumento per ridare valore allo scambio e per intensificare le relazioni economiche e sociali dei circuiti territoriali di prossimità. Anche i bambini, gli anziani, i disabili, i rifugiati e tutti coloro che per varie ragioni restando al margine si trovano fuori dalle logiche economico politiche (e che più soffrono se lasciati indietro), sono oggi al centro di un rivoluzionario meccanismo che vede chi si prende cura di loro (madri, figli, fratelli, volontari, professionisti, insegnanti) e chi li impiega, co-generare un valore non solo detraibile ma anche spendibile nell’economia reale. Gruppi di acquisto per l’energia oltre che per i prodotti, trasporti dell’ultimo miglio, accesso ai servizi del sistema sanitario. Un progetto che solo un soggetto istituzionale poteva avere gli strumenti e il coraggio di portare avanti su così larga scala.

Per la prima volta un programma politico è stato presentato non per un singolo mandato ma per dieci anni: un tempo necessario per una transizione decisiva per il futuro. Non pensavo così decisiva.

Di fronte ai fatti di questi ultimi mesi il risultato di questi dieci anni si è mostrato in tutta la sua forza, oggi infatti non è la salute delle persone direttamente a rischio ma il modo in cui negli ultimi 40 anni si è progettato il funzionamento della nostra economia, l’infrastruttura tecnologia che la sostiene. Malgrado il meltdown però il risultato di una politica che ha guardato al futuro e non al termine del proprio mandato ha creato un territorio antifragile, non solo capace di reagire agli shock ma di farlo diventando migliori di prima, capaci di affrontare l’ignoto, lo sconosciuto, anche ciò che non riesce (ancora) a capire.

Oggi, all’avvicinarsi di questa nuova scadenza politica, così scossi da questa disconnessione forzata, sentiamo tutti allo stesso modo. Dobbiamo continuare così.

Foto in copertina di Susanna Stigler, Bologna 2020.

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