Professore, attivista del collettivo Catai e di Casetta del Popolo Berta

A pochi giorni dalle elezioni regionali mi chiedo ancora: chi devo votare? E ancor prima: ma ci andrò a votare? Le risposte a queste domande non sono scontate. Come singolo vorrei condividere qualche considerazione che sta maturando a cavallo tra il collettivo Catai[1] e la Casetta del Popolo Berta[2].

Di certo siamo allarmati per la situazione politica del Veneto. Zaia, presidente uscente, si appresta a vincere a mani basse; la gestione dell’emergenza da Covid-19 l’ha reso più popolare che mai. Una parte del fronte liberale, anche di sinistra e non solo italiano, vede in Zaia un’alternativa moderata a Salvini, l’incendiario. In Veneto però Zaia è semplicemente Luca, l’amico-padre dei veneti, il buon amministratore che non perde tempo in polemiche politiche, ma si rimbocca le maniche e lavora[3].

La realtà è più sottile, perché la Lega guidata da Zaia è tutto tranne che una semplice e buona amministratrice. Solo un esempio. Dopo l’ennesima catastrofe “naturale” – che sia un’alluvione, un fiume che esonda, una grandinata o l’acqua alta a Venezia – Zaia tuona: «siamo in ginocchio, chiederò lo stato d’emergenza!». Batter cassa senza farsi intimorire è un valore sinceramente apprezzato dai veneti. A nulla vale elencare tutte le questioni che dimostrano il vero volto della Lega di Zaia; un partito del tutto incapace di prendersi cura del territorio in cui governa da più di dieci anni.

Non solo i disastri ambientali, ma gli scandali e la corruzione (a partire dalla vicenda del MoSE), l’impoverimento di una fetta sempre più consistente della popolazione, i continui tagli alla spesa sociale, la galoppante privatizzazione della sanità: tutto questo passa in secondo piano e quasi scompare di fronte all’immagine che il Veneto ha di Zaia e di sé. Governanti e governati (“paròni e operai”) si riconoscono e rispecchiano gli uni negli altri perché in fondo pensano e agiscono alla stessa maniera, come se non ci fossero differenze reali. Se la trama di interessi, paternalismi e poteri sembra ormai troppo consolidata per essere messa in discussione[4] lo si deve soprattutto all’inconsistenza di ogni alternativa. O, detto altrimenti, al fatto che si continua a volerla costruire nel modo sbagliato.

L’alternativa in questo momento si chiama Arturo Lorenzoni, ex-vicesindaco di Padova per Coalizione Civica, e ora candidato con una civica in alleanza con il PD. Nell’osservazione per cui l’amministrazione PD-Coalizione Civica che ha governato Padova in questi anni sia stata la migliore del Veneto c’è qualche elemento di verità: quantomeno, stanno gestendo il loro mandato con meno arroganza e boria dei loro avversari leghisti, in nome della progettazione partecipata – cittadinanza, quartieri, comitati. L’idea è estendere al Veneto il modello cittadino. Anche qui, però, ci sono molte ombre: l’attenzione alla dimensione sociale non ha evitato che gli anni di Coalizione civica a Padova siano stati gli anni degli sgomberi, ai quali per ora l’amministrazione non ha opposto nulla se non un velo di parole. Nello stesso tempo, la città si è riempita di supermercati e il destino di numerose aree di interesse, alle quali era stata promessa attenzione, resta ancora vago. Ancora, si continua a voler promuovere la creazione di un super ospedale, nonostante più volte PD e Lorenzoni abbiano criticato il modello di sanità veneta promosso dalla Lega. Una sanità sempre più privata, sempre meno legata ai territori e alle necessità della salute. Una sanità che decide che un anziano deve fare 20 chilometri per una visita oculistica purché si riesca a creare poli super specialistici capaci di attirare clienti da tutta Italia ed Europa, una sanità di imprenditori veneti che fattura per gli imprenditori veneti.

Esiste, si sa, la ragion di stato. Governare assieme al PD – che sia nel verde Veneto o nella rossa Emilia non cambia – significa partire dalla pregiudiziale capitalista: non si mettono in discussione le ragioni del mercato e dello sviluppo, tutto il resto (quel poco che si può) lo si fa. Il problema è proprio questo, per i veneti l’attenzione al sociale vale poco se non si riescono a rimettere al centro le divergenze di interessi tra classi sociali, parlando di lavoro, di casa, di diritto alla salute.

Resta comunque da augurarsi che Zaia prenda qualche voto in meno; eppure, questa mancanza di alternativa va guardata in faccia, senza continuare a dirsi come al solito che ora bisogna restare tutti uniti contro la barbarie. Non si tratta di esaltare l’antipolitica o l’odio per la casta, a questo ha già pensato il Movimento Cinque Stelle. La questione è piuttosto ribaltare i luoghi comuni, riuscire a ricordare che la politica istituzionale e partitica è solo una parte della Politica con la P maiuscola. Perché se la politica istituzionale non è espressione di attivazione popolare si ridurrà al massimo alla buona amministrazione della catastrofe economica e sociale a cui sembriamo andare in contro.

Il tessuto sociale infatti è disgregato e va ricostruito, non si tratta di scegliere questo o quel partito, si tratta semmai di organizzarsi dal basso partendo da bisogni concreti. Dalla distribuzione di cibo, a una vertenza sindacale per un euro in più; dalla organizzazione di comitati popolari per la difesa del territorio, alla protezione della sanità pubblica. Non ci sono buoni amministratori da scegliere, piuttosto bisogna costruire potere popolare, solo allora il voto sarà qualcosa in più di una delega in bianco.

Ho alcuni vividi ricordi di voti strappati a Zaia. Per esempio lo scorso anno è entrata in vigore una legge regionale che ha alzato iniquamente gli affitti delle case popolari, introducendo inoltre il principio della turnazione: 5 anni una famiglia, poi 5 anni un’altra e via così. Come altri, Casetta Berta aveva messo in piedi uno sportello per assistere gli inquilini, aiutandoli a organizzarsi. Ricordo una signora che mi chiedeva chi fosse stato a promuovere quest’ingiustizia, e alla mia risposta sbottare: «La Lega? Ma Luca non è dalla parte dei veneti?». Sì, ma forse solo degli imprenditori e della sua cricca di appaltatori. Sulla spinta della mobilitazione poi Luca ha deciso di rivedere i suoi piani, ma soprattutto gli inquilini hanno riconosciuto il vero volto della loro Lega.

[1] https://www.facebook.com/spaziocatai

[2] https://www.facebook.com/BertaCasetta; per un approfondimento si può consultare l’articolo apparso su OfficinaPrimoMaggio: https://www.officinaprimomaggio.eu/mutualismo-a-nordest-berta-si-racconta/

[3] Per un approfondimento sulla strategia comunicativa di Luca Zaia: https://www.seizethetime.it/non-sono-leghista-ma-luca-la-strategia-comunicativa-di-zaia/

[4] Un breve articolo per ripercorrere la storia del leghismo in Veneto https://www.seizethetime.it/merdamerdamerda-sulla-polizia/

 

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