Ricercatrice Osservatorio su Idee e Pratiche per un Futuro Sostenibile di Fondazione Giangiacomo Feltrinelli

L’impatto del virus è stato forte; talmente forte da modificare in breve tempo le coordinate di riferimento del nostro sistema, economico e sociale. In questa fase diventa dunque fondamentale sfruttare le potenzialità offerte dalla crisi e dai cambiamenti da essa generati per ripensare il modello socio-economico dominante, per deviare il corso del nostro sviluppo che potrebbe avere effetti devastanti sulla società e sull’ambiente. Never Waste a Crisis è lo slogan che abbiamo scelto di usare per celebrare quest’anno la Giornata Mondiale della Terra, lo scorso 22 aprile. Non è il momento per rallentare l’azione sul clima, anche perché le cause della pandemia sono da rintracciarsi anche nel nostro rapporto con l’ambiente e la natura. È il momento di attuare finalmente una rivoluzione economica in chiave green, i cui obiettivi siano la crescita, la riduzione dell’impatto socio-ambientale e la creazione di posti di lavoro.

Se il Green New Deal diventa una soluzione possibile e forse anche doverosa, in questo scenario spetta un ruolo centrale all’economia circolare: secondo un’indagine condotta da Legambiente e Green Factor nell’ambito del progetto Ecco (Economie Circolari di Comunità), la ripresa post-Covid sarà basata su un’economia circolare e sostenibile, dove le competenze verdi avranno un ruolo cruciale. L’indagine ha preso in esame 55 figure professionali, somministrando un questionario ad un gruppo selezionato di attori dell’economia circolare con l’obiettivo di mappare le nuove “professioni verdi”, anche alla luce della recente crisi, per valutare la possibilità di una ripresa economica e sociale basata su uno sviluppo sostenibile. Si tratta, non a caso, di una possibilità che stanno vagliano tanto il Governo italiano quanto la Commissione Europea, con azioni, investimenti e politiche a sostegno del Green Deal. La ricerca mostra come, nel 2019, quasi l’80% delle imprese italiane ha richiesto competenze green ai candidati e, secondo gli intervistati, i Green Jobs cresceranno nel prossimo anno dell’8%, per lasciare spazio al 26% nei prossimi 5 anni.

Ma cosa sono esattamente i Green Jobs, i mestieri della sostenibilità? Per rispondere alla domanda possiamo rifarci alla definizione data dall’UNEP, il programma ONU per l’Ambiente, in un rapporto del 2009: “si definiscono Green Jobs quelle occupazioni nei settori dell’agricoltura, del manifatturiero, nell’ambito della ricerca e sviluppo, dell’amministrazione e dei servizi che contribuiscono in maniera incisiva a preservare o restaurare la qualità ambientale”. Si tratta di professioni che mirano a salvaguardare la Terra e il suo benessere, cercando di sostenere lo sviluppo umano senza impattare in modo negativo sull’ambiente circostante.

Ma quali sono i Green Jobs? Sempre nella definizione proposta dall’UNEP, i Green Jobs includono attività che aiutano a tutelare e proteggere gli ecosistemi e la biodiversità; a ridurre il consumo di energia, risorse e acqua tramite il ricorso a strategie ad alta efficienza; a minimizzare o evitare la creazione di qualsiasi forma di spreco o inquinamento. Non è sempre facile identificarli perché se alcuni settori, come quello delle energie rinnovabili, sono ben riconoscibili, i cambiamenti che avvengono nelle industrie tradizionali non sono sempre facilmente individuabili.

Un campo nel quale i Green Jobs sono ora, nella fase di ripresa post-Covid, più fondamentali che mai, è quello della mobilità. L’organizzazione internazionale del lavoro (Oil), afferma che in questo campo l’adozione di modelli più sostenibili, come la promozione del mercato delle auto elettriche, potrebbe portare alla creazione di 18 milioni di posti di lavoro. Un rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità afferma a tal proposito che i professionisti della mobilità sostenibile non si limitano a far parte della soluzione ai cambiamenti climatici aiutando a ridurre le emissioni e rendendo più efficiente il sistema energetico, ma promuovono inoltre l’adozione di mezzi di trasporto più sicuri, puliti e attivi che possono ridurre i rischi per la salute e generano cambiamenti nelle attitudini e nei comportamenti degli utenti. Quando si parla di green jobs legati alla mobilità, si tende a pensare soprattutto a chi si occupa di tecnologia e innovazione: dal design alla produzione di veicoli efficienti, allo sviluppo di nuovi sistemi di trasporto basati sulla digitalizzazione, come lo sharing di auto e bici. Ma è limitante fermarsi alla tecnologia: basti pensare a come è cambiato in questi mesi il lavoro di chi vende o ripara biciclette o al ruolo sempre più centrale assunto dalla figura del Mobility Manager, che ha il compito di realizzare, tanto nel pubblico quanto nel privato, interventi di organizzazione e gestione della domanda di mobilità del personale, al fine di consentire la riduzione strutturale e permanente dell’impatto ambientale derivante dal traffico veicolare nelle aree urbane e metropolitane, tramite l’attuazione di interventi di mobilità sostenibile.

Quello della mobilità è solo un esempio. In generale, i settori della riparazione, del recupero di beni, del riuso, in un’ottica di circolarità, avranno una grande possibilità di sviluppo nel prossimo futuro, così come ovviamente il settore delle energie rinnovabili. Le opportunità da sfruttare sono molte e sono sempre più numerose le figure professionali che richiedono abilità green, in ottica di risparmio energetico e in generale della ricaduta in termini di sostenibilità ambientale.

È in questo senso fondamentale precisare che ci siamo riferiti ai Green Jobs, i mestieri della sostenibilità ambientale. Il concetto si sostenibilità è sicuramente più ampio e richiede anche la costruzione di una rete di rapporti tra le varie parti della società e dell’economia. Disporre di competenze green e “saperci fare” con l’ambiente può infatti oggi fare la differenza, ma soprattutto se per ambiente si intende tutto quello che ci sta intorno, con l’accezione più ampia che si possa dare a questo termine: è necessario dunque includere istanze ambientali, sicuramente, ma anche sociali, economiche, culturali e politiche che, insieme, definiscono e danno realtà a quel paradigma di sostenibilità integrata fissato dagli SDGs, i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile lanciati nel 2015 dalle Nazioni Unite.

 

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