Cosa ha spinto il governo di Hong Kong a utilizzare una politica monetaria parzialmente espansiva, le proteste del 2019 o l’epidemia del 2020? Se la risposta più facile sembra essere “entrambe”, c’è da sottolineate come questa decisione sia stata presa nella seconda metà dello scorso anno quando COVID-19 era ancora ufficialmente inesistente. Lo scorso 26 febbraio, il responsabile finanziario della città Paul Chan ha annunciato che “con ampie riserve fiscali, il governo deve far crescere la spesa pubblica per far fronte alla decrescita economica con l’obiettivo di stimolare l’economia e superare i tempi difficili con l’aiuto dei cittadini”. Ogni residente permanente e maggiorenne di Hong Kong riceverà HK$10,000 (circa €1,140) per un totale stimato di HK$2 miliardi, che il governo spera possa essere speso facilitando la ripresa economica. Con il deficit economico di -1.50% del PIL, il 2019 si è inserito negli annali dei deficit del centro finanziario asiatico.
A inizio agosto il Capo Esecutivo di Hong Kong, Carrie Lam, aveva apertamente detto che “la crisi economica è molto veloce […] come uno tsunami” dichiarando che le proteste stavano causando un danno economico più importante di quello che la SARS causò. La comparazione delle proteste alla peggiore epidemia che Hong Kong abbia mai vissuto (che causò 300 morti) è un tentativo di assimilazione del conflitto politico a un virus molto più che una reale comparazione dell’impatto sull’economia. Andando ad analizzare le fonti governative e quelle della Banca Mondiale, il peggior anno economico non fu il 2004 (anno dopo la SARS), ma il 1998 (-5.88%), seguito dal 2009 (-2.46%), rispettivamente gli anni dopo la crisi finanziaria asiatica e la famosa crisi economica del 2008. Il 1998 però segna anche l’anno dopo il passaggio di Hong Kong da colonia britannica a regione autonoma speciale della Repubblica Popolare Cinese, facendo tornare nuovamente al centro il punto di intersezione tra economia e politica. Al tempo della prima vera crisi economica, Hong Kong rispose promettendo liberalizzazioni, ribattendo, da una parte, alle paure delle nazionalizzazioni che Pechino avrebbe potuto fare; dall’altra, appoggiando le classiche riforme strutturali del Washington Consensus. Nel 2008, il governo rispose annunciando “HK$100 miliardi per le imprese e 60,000 posti di lavoro” per uscire dalla crisi mondiale. Oggi distribuisce HK$2 miliardi nelle mani dei cittadini maggiorenni.
Fonte: banca mondiale
La crisi politica che vede contrapposti il governo e la grande maggioranza della popolazione non ha trovato nessuna risposta altrettanto politica. Dopo mesi di manifestazioni, Lam ha annunciato a inizio settembre il ritiro della proposta di legge sull’estradizione che ha innescato un conflitto molto più profondo. La forte chiusura a qualsiasi dialogo con i propri cittadini ha molta dissonanza con la politica economica espansiva appena annunciata. Le parole del governo attraverso Chan sono molto difficili da spiegare dopo tutti gli eventi culturali annullati nella seconda metà del 2019 per motivi di ordine pubblico. Ancora più estremo è cercare di capire come nello stesso budget che “tende” una mano alla popolazione possa esserci anche una voce che reciti HK$25.8 miliardi alla polizia di Hong Kong. La stessa polizia che ha abusato del proprio potere – grazie anche al non riconoscimento sulle divise – per reprimere violentemente chi manifestava pacificamente. 24.7% in più dello scorso anno, facendo diventare il rapporto cittadini-polizia tra i più alti al mondo con quasi 40mila poliziotti, 86% dei quali sarà impegnato in operazioni sul campo. Inoltre, un 50% in più alla voce “equipaggiamento” che raggiunge così i HK$612 milioni, sempre per la polizia. Ricontrollando i numeri, quindi, il così detto helicopter money si trasforma in un limpido avvertimento alla popolazione. Una sorta di “buona uscita” dalla protesta, o un tentativo di cooptazione. Mettendola in maniera diversa, la polizia ha ricevuto 3 volte (HK$ +6.5 miliardi) quello che è stato dato alla popolazione, per un totale di 13 a 1 di budget tra polizia e cittadini.
Proteste a Hong Kong, 2019
Gli stimoli alla spesa pubblica non vengono sostenuti dall’incremento massiccio alla polizia o al finanziamento individuale per un ammontare al di sotto dello stipendio medio che viene guadagnato a Hong Kong. Per dare un senso a come si sta sviluppando la relazione tra governo e popolazione, c’è la necessità di guardare a qualche mese più in là, quando dovrà essere eletto il nuovo Consiglio Legislativo (o LegCo). Questo è il più alto ufficio politico che una parte di popolazione può votare per eleggere dei propri rappresentanti e diventato il centro del conflitto istituzionale tra “pro-Pechino” e “pro-democrazia”. Le elezioni locali di novembre 2019 hanno fragorosamente abbattuto il monopolio politico esistente a livello dei consigli municipali. I metodi di protesta si sono adattati alle circostanze, dando vita a quello che è stata definita l’economia gialla. Di nuovo, il punto di intersezione tra la linea politica e quella economica si sta allargando sempre di più e la paura di una direzione politica delle spese dei cittadini fa ricorrere il governo a finte politiche monetarie espansive.
La più grave crisi politica che Hong Kong sta affrontando da molti decenni non può essere risolta con queste misure economiche. Tre giorni dopo l’annuncio del budget, una nuova protesta è scoppiata nella notte a Prince Edward, quartiere popolare nella penisola di Hong Kong. La sicurezza che le proteste torneranno si fa strada tra le chiacchierate. Le speranze per un LegCo diverso continuano a essere alte tra chi è residente permanente della città e maggiorenne poiché potranno votare per i propri candidati, canalizzando la protesta per vie più istituzionali. La chiusura politica totale che il governo sta continuando a mantenere non risolverà la crisi né smusserà i sentimenti dei cittadini.
Oltre al significato politico di questa decisione monetaria, un altro fattore ci aiuta a spiegare la sua inefficacia. Il coefficiente Gini, che misura la disuguaglianza, di 0.539 segna Hong Kong come una delle aree più diseguali al mondo. Le grandi famiglie di miliardari, impegnate in finanza o mondo immobiliare, sono contrapposte alle minoranze etniche o alle fasce più disagiate dei residenti. Molte di queste classi più svantaggiate non possono godere dei HK$10,000, o sono inutili a fronte di una spesa insostenibile come quella abitativa nella città più costosa al mondo. Politiche economiche efficaci andrebbero a puntare su una tassazione più alta per le classi più alte e una successiva redistribuzione economica. Questo dovrebbe essere affiancato a una ristrutturazione delle politiche abitative, insieme a un innalzamento delle sicurezze lavorative per i lavoratori migranti. Ridurre drasticamente il gender pay gap che tra il 2016 e il 2018 si è ampliato di altri HD$500, arrivando a HK$6,500 per mese, sarebbe molto più efficace che regalare l’equivalente del 50% di un salario mensile maschile a chi a settembre dovrà recarsi alle urne.