Più di 50.000 persone scesero in strada il 29 novembre del 1999 a Seattle, per manifestare in occasione della conferenza dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC). Dei Movimenti NO Global che animarono la città, con slogan, marce e comizi erano parte organizzazioni ambientaliste, comunità indigene, associazioni di base, lavoratori, studenti e disoccupati. In sottofondo i NO WTO Combo Punk, nasceva quello che resterà nella storia come “Il popolo di Seattle”.

Sono passati vent’anni dalle immagini degli spray urticanti, dei gas lacrimogeni, dei proiettili di gomma sparati dalla polizia in assetto antisommossa e le cariche e gli inseguimenti dei manifestanti da parte delle forze dell’ordine nei quartieri di Capitol Hill.

L’immaginario delegittimante (e delegittimato) delle lotte antiglobalizzazione e anticapitaliste investì così anche l’autorità di polizia. La memoria pubblica sugli eventi di Seattle nutre ancora la contrapposizione radicale tra manifestanti e forze dell’ordine. Dal tubo catodico al web, dal 1999 al 2001, di città in città. A Göteborg, nel giugno 2001, vengono feriti due ragazzi per mano della polizia. A Genova, un mese dopo, viene ucciso Carlo Giuliani.

A Seattle le autorità dichiararono il coprifuoco per le giornate del 1 e del 2 dicembre. La pianificazione delle forze di polizia prevedeva una delimitazione delle aree in cui era possibile o vietato manifestare. L’ordine pubblico, per prima cosa, doveva passare per inedite strategie di zonizzazione di sicurezza. Aree rosse, zone libere, dialettica dello spazio pubblico: a Seattle, per la prima volta, assistiamo a una vera e propria moltiplicazione degli spazi della protesta urbana da parte delle autorità.

La differenziazione dei luoghi del dissenso permette alla polizia di riconoscere una strategia territoriale di repressione delle diverse tipologie di manifestanti. La legittimità della pianificazione deriva dalla concezione di ordine pubblico per cui è lo Stato l’amministratore dei beni e degli spazi pubblici e responsabile della loro tutela. L’espressione del dissenso nei grandi eventi si è evoluta negli ultimi venti anni in questo senso e il controllo delle aree urbane permette di giustificare il bando fisico dei manifestanti da alcune zone e limitarne la presenza ad altre.[1]

Regolare lo spazio della protesta è indispensabile per garantire l’ordine pubblico e tutelare i cittadini da stati d’agitazione di vario genere e natura, ma il disciplinamento della libertà di parola e di manifestazione con misure coercitive apre una serie di questioni. Steve Herbert riflette sulla dialettica dell’ordine pubblico e la regolamentazione degli spazi del dissenso politico, spiegando che “lo spazio pubblico è più di uno spazio astratto che può essere suddiviso in zone e sorvegliato attivamente. Quando lo stato si impegna in tali attività di polizia, non lo fa come amministratore neutrale; è quindi un sovrano le cui azioni meritano di essere messe in discussione”.[2] Regolare lo spazio della protesta è presumibilmente uno sforzo neutrale e tale regolamentazione può essere un mezzo indispensabile per creare ordine pubblico. Ma quando parliamo della repressione del contenuto del discorso trasmesso in quello spazio?.

La sera del 30 novembre il sindaco di Seattle, Paul Shell, dichiarò lo stato di emergenza, autorizzando le forze dell’ordine a intraprendere azioni straordinarie per preservare la pace e l’ordine.[3] L’ordinanza vietava la vendita, l’acquisto e l’uso di maschere anti-gas. Venne richiesto, inoltre, il supporto della Guardia Nazionale dello stato di Washington. La decisione del capo della polizia di optare per una soluzione paramilitare e di liberare un incrocio dove si erano affollati migliaia di manifestanti in resistenza passiva fece scoppiare “l’inferno”.[4] Secondo il report della polizia di Seattle, il Dipartimento di Pubblica Sicurezza di Seattle si ritrovò in quei giorni senza una valutazione realistica della situazione e con poco tempo a disposizione prima della Conferenza. Non erano stati preparati dei piani dettagliati per affrontare tutte le contingenze e “i plotoni e i comandanti erano spesso tenuti a prendere decisioni da soli”.[5]

Una ridefinizione degli spazi pubblici della protesta da parte dei governi, più precisamente dal Ministero dell’Interno, si ritrova anche in occasione del G8 a Genova nel 2001.[6] La pianificazione dell’ordine pubblico per quei giorni prevedeva l’isolamento fisico dei luoghi del vertice “già iniziata a Seattle e la chiusura parziale delle vie di accesso alla città”. La zonizzazione è tra i primi provvedimenti previsti: una zona cuscinetto (la zona gialla) con restrizioni alla libertà di manifestazione e una zona rossa fortificata, interdetta ai dimostranti, con 13 varchi di accesso e con un perimetro di 8 chilometri. Avrebbe circoscritto “non solo gli spazi del vertice, ma anche alcune strade cittadine come la via XX settembre, sede di importanti centri commerciali”.[7]

Nel nostro sistema giurisprudenziale sono sopravvissute fino a oggi, pur presentando evidenti caratteri di incostituzionalità[8], le ordinanze prefettizie che limitavano il diritto di circolazione e di manifestazione nelle zone “rossa” (centrale e portuale) e “gialla” (esterna alla prima, dove vennero “stabiliti altri divieti tra cui il divieto di pubbliche manifestazioni, di svolgere attività di volantinaggio, di transitare e sostare con i veicoli in prossimità di alcuni obiettivi successivamente individuati dall’autorità di polizia e altro ancora”[9]).

Strategie di dissuasione contingenti (fortificazione delle zone, videosorveglianze, divieti e fermi), e preventive (propaganda allarmista da parte delle istituzioni nei mesi che precedevano il Summit, a tal proposito si distinsero per fantasia e creatività i pericoli previsti dai servizi segreti[10]) rappresentarono solo le premesse della débacle democratica che si consumò in quei giorni a Genova.[11]

Il conflitto e la rappresentanza politica si esplicita nella tensione tra lo spazio libero (spazio urbano) e lo spazio normato (spazio di ordine pubblico) e nella rivendicazione del primo sul secondo. La lezione di Henri Lefebvre sul diritto alla città è ancora dunque molto attuale,[12] se riletta alla luce di una crescente securizzazione delle aree urbane, non soltanto in vista di grandi eventi internazionali come Seattle e Genova, ma anche nel quotidiano.


[1] Per approfondire il tema si veda S. Graham, Cities under Siege: The new Military Urbanism, Verso, London, 2011.

[2]             S. Herbert, The Battle of Seattlerevisited: Or, seven views of a protest-zoning state, in „Political Geography“, 26, 2007.

[3]             Local Proclamation of Emergency Order City of Seattle, Url: https://www.seattle.gov/cityarchives/exhibits-and-education/digital-document-libraries/world-trade-organization-protests-in-seattle.

[4]             From Seattle to Occupy Wall Street, in “The Nation, 9.11.2011, Url: https://www.thenation.com/article/paramilitary-policing-seattle-occupy-wall-street/.

[5]             The Seattle Police Department After Action Report. World Trade Organization Ministerial Conference Seattle, Washington, November 29-December 3, 1999.

[6]          La pianificazione operativa delle attività di Pubblica sicurezza a Genova in Proposta alternativa di documento conclusivo dell’indagine conoscitiva sui fatti accaduti in occasione del vertice del G8 tenutosi a Genova, Url: http://www.officina99.org/archivio/documenti/pdf/prop.altern.conc.indagineG8.pdf

[7]             Cfr. consulenza di D. della Porta, Url: http://www.archivioantimafia.org/www.processig8.org/Consulenze/25/CT_op.html ; per un approfondimento sull’evoluzione storica delle strategie di ordine pubblico e della P.S. in Italia cfr. D. Della Porta D., H. Reiter, Polizia e protesta. L’ordine pubblico dalla Liberazione ai «no global», Il Mulino, Bologna, 2003 e il recente M. Di Giorgio, Per una polizia nuova. Il movimento per la riforma della Pubblica Sicurezza (1969-1981), Roma, Viella, 2019.

[8]             A. Bellavista, Ordinanze prefettizie, libertà di riunione e diritto al conflitto, in “Questione Giustizia”, Url: http://questionegiustizia.it/articolo/ordinanze-prefettizie-liberta-di-riunione-e-diritto-al-conflitto_27-09-2019.php.

[9]             Giuristi democratici, Ricorso contro la zona rossa, Url:  http://www.giuristidemocratici.it/Giustizia/post/20030919194138?page=8.

[10]             Secondo l’intelligence italiana l’ala militare dei contestatori stava preparando il sequestro di poliziotti: L’allarme choc del Sisde. Agenti come scudi umani. Presi di mira gli appartenenti alla polizia che dovessero per errore restare isolati”, “La Repubblica”, Url: https://www.repubblica.it/online/politica/gottodue/sisde/sisde.html.

[11]             Documentazione giudiziaria disponibile online, Url: http://www.archivioantimafia.org/www.processig8.org/index.html.

[12]              H. Lefebvre, Il diritto alla città, Ombre Corte, Verona, 2014.

Condividi
pagina 73140\