Voltaire ha sempre avuto una grande ammirazione per Beccaria.
Dei Delitti e delle pene lo attraeva per la semplicità, la chiarezza, la essenzialità dell’argomentazione e, soprattutto per la sua natura di puntare diritto alle questioni.
Lo scrive immediatamente all’uscita del libro di Beccaria e ci ritorna nelle glosse con cui nel 1767 accompagna una nuova edizione in francese del trattato di Beccaria (Fondazione Feltrinelli ne possiede un esemplare in originale, poi ristampato in anastatica nel 2001).
Ritorna su quei temi ancora nella seconda metà degli anni ’70 quando ormai avverte che la sua vita sta finendo (Voltaire muore il 30maggio 1778) riconsiderando alcune delle questioni che lo hanno coinvolto in prima persona. Il problema della censura, ma soprattutto il problema della verità, della mala giustizia, della macchina di costruzione del colpevole come esercizio della intolleranza (un intreccio quello tra mala giustizia e intolleranza che costituisce la vera macchina generativa del suo Trattato sulla Tolleranza dato alle stampe nel 1763, un anno prima Dei delitti e delle pene).
Tornare a riflettere su quel tema, non voleva dire aggiungere nuove considerazioni, ma fissare un memoriale del proprio tempo da consegnare alle generazioni a venire perché un patrimonio di passioni, di riflessioni e di questioni urgenti «non cadesse tra le seggiole» e perciò destinato a restare per terra abbandonato e orfano.
Per questo, intorno al 1776 raduna in un volume che vedrà la luce nel 1778 – ma in realtà già pronto nell’autunno 1777 – alcuni dei testi brevi a cui tiene di più.
Il volume a cui dà il titolo di Prix de la Justice et de l’Humanité (l’edizione originale del volume è presente nelle raccolte della Biblioteca Feltrinelli ed è l’esemplare da cui sono tratte le riproduzioni che proponiamo in questa pagina) è una raccolta di vari contributi organizzati in 28 articoli relativi a questioni etico-giuridiche.
Tra queste: furto, omicidio, infanticidio, adulterio; incesto; sensatezza (ma più propriamente insensatezza) della pena di morte, problematicità del rapporto tra laicità e confessioni religiose; la questione (quanto mai presente allora, ma anche ora) dell’obbedienza o meno a una legge ingiusta, sono i temi centrali di Prix de la Justice et de l’Humanité.
Di quella raccolta abbiamo scelto due capitoli (il III che ha per tema l’omicidio e il XXIV, dedicato alla tortura) perché connessi con i temi sollevati da Beccaria in Dei delitti e delle pene.
A proposito del dell’omicidio, Voltaire sostiene che l’applicazione della pena di morte sia giustificata sempre sulla base di una valutazione utilitaristica: è necessario uccidere un uomo «quando non vi sia altro mezzo per salvare la vita del maggior numero di persone». Ovvero se l’unico modo per salvare la vita di alcune persone fosse necessariamente privarne altre della propria, la pena di morte sarebbe giustificata data l’estrema drammaticità della situazione. Una considerazione che aveva già proposto nel suo commento all’edizione Dei Delitti e delle pene.
Prix de la Justice et de l’Humanité, Voltaire.
Il documento è tratto dal patrimonio di Fondazione Giangiacomo Feltrinelli,
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