Di seguito proponiamo un estratto dal libro Capitalismo Immateriale di Stefano Quintarelli, Bollati Boringhieri.

Si ringraziano l’autore e l’editore per la gentile concessione.


La dimensione immateriale, in grande espansione, diventa, a velocità crescente, determinante per la società e per l’economia. Internet è la sede della dimensione immateriale del mondo, che a sua volta è, e sarà sempre più estesamente, la principale interfaccia utente delle relazioni sociali ed economi­che delle persone, in tutto il mondo.
È una osa che riguarda tutti, oggi. Non è possibile banalizzare o trascurare il motore della più grande trasformazione della società e dell’economia bollandola come qualcosa di esoterico, di futuribile, legato a presunte Tutte le persone sono coinvolte, più o meno consapevolmente, attivamente o passivamente: la tecnologia plasma le aziende e la società, le relazioni sociali e la politica. E la tecnologia si occupa di ogni persona.
Il mondo sta cambiando a velocità crescente e affrontare il cambiamento richiede una formazione continua, la reingegnerizzazione dei rapporti con clienti, fornitori e dipendenti, l’arricchimento di prodotti materiali con una dimensione immateriale, l’adeguamento alla porosità dei confini aziendali, lo sfruttamento della concentra­zione del mondo, la raccolta e l’analisi di dati, la ridefinizione di politiche per il welfare e per la concorrenza. Tutte trasformazioni che è molto difficile affrontare a causa della natura esponenziale dei driver le determinano, per cui, quando divengono evidenti, i fenomeni si sono già esplicati in tutta la loro rilevanza.

Non sono temi eludibili per un Paese che voglia restare moderno, per vivere da protagonista la rivoluzione determinata dal digitale e non finire per essere solo una colonia consumatrice di tecnologie, beni e servizi venduti da altri.
Alla Singularity University, l’università californiana specializzata sugli andamenti esponenziali e impostata sulla teoria della singolarità di Kurzweil, preconizzano un futuro iper-tecnocratico, in cui computer con una intelligenza artificiale trans-umana e alimentati da big data ottenuti da reti capillari di sensori e di strumenti di acquisizione di dati, prenderanno le decisioni migliori possibili in tempo reale. La democrazia e la partecipazione appaiono quasi fattori di inerzia, vincoli di un tempo ormai andato. Dal punto di vista dell’efficienza decisionale, un sistema democratico con le sue mediazioni e i suoi lunghi tempi decisionali, determinati da complessi processi di inclusione, nella competizione sul mercato può trovarsi in una posizione di svantaggio rispetto a un sistema più dirigista. La tecnologia ne accentua l’evidenza quando si consideri la distinzione fra la volontà e il desiderio momentaneo, cioè fra la superficie e la profondità della volontà umana.
Luigi Einaudi diceva che il mercato soddisfa domande e non
bisogni. Il mercato (a eccezione dei casi relativi ai beni durevoli) tende cioè a riflettere la superficie della volontà; la decisione politica dovrebbe invece indicare la volontà profonda che avviene dopo un’adeguata deliberazione. Per questo accade che la decisione politica possa porre limiti alle iniziative che hanno un successo di mercato. La volontà profonda si radica nei sistemi valoriali della società e spesso si oppone ai desideri momentanei; quindi è più difficile da cogliere con strumenti tecnologici.
È possibile che si verifichi un percorso che tenda alla singolarità senza una manipolazione del mercato e della politica? Sono in aumento gli esperimenti di sistemi istituzionali che incorporino significativi contributi tecnologici rimanendo democratici.
Le parole sono importanti, sono strumenti che aiutano a incasellare concetti. Per questo è importante non usare la frase «nuove tecnologie»: usando la parola «nuove» si relega mentalmente il tema in una dimensione secondaria, qualcosa di cui non ci si deve occupare subito, qualcosa di cui qualcun altro si potrà occupare, forse, in futuro. Non è così. Come appare sempre più evidente nella definizione delle politiche pubbliche, le tecnologie modificano i rapporti tra le persone, tra queste e l’economia e tra tutti e la politica. È una general purpose technology che riguarda tutti, subito, ed è quindi importante occuparsene, per divenire soggetti attivi e non passivi della trasformazione digitale,
In Italia, l’Associazione Copernicani sì propone precisamente il fine di sperimentare e realizzare software, tecnologie e metodologie adottabili da organizzazioni politiche per migliorare la qualità
della partecipazione politica ai tempi della dimensione immateriale, sia in termini di informazione che di coinvolgimento attivo, per chi lo desidera.

Una politica per l’immateriale

Le regole della dimensione materiale si sono evolute in diecimila anni di storia, da quando l’uomo è divenuto stanziale con l’invenzione dell’agricoltura. Nella dimensione immateriale i collegamenti permanenti a Internet sono iniziati nel 200 r e, per i fornitori di servizi online, è stata prevista un’apposita esenzione di responsabilità per gli intermediari e un approccio regolamentare più leggero. Dato il mutato rapporto di rilevanza tra dimensione immateriale e dimensione materiale nella vita delle persone, data la pervasività di Internet nelle relazioni sociali, probabilmente ora i tempi sono maturi per iniziare a porci alcune domande fondamentali, come le seguenti:

• Se un social network di diffusione generale è uno dei principali meccanismi di interazione sociale di un ragazzo, la scelta se escluderlo o meno da quella piattaforma può essere lasciata al solo e inappellabile giudizio dell’azienda privata che la possiede?
• Se uno strumento immateriale in regime di oligopolio o di monopolio è la principale forma di acquisizione di clienti di un operato.re economico nella dimensione materiale, la sua esclusione
penalizzazione nell’interfaccia immateriale può essere lasciata alla sola e inappellabile discrezionalità di un operatore privato? A maggior ragione se questi, oltre a essere l’interfaccia utente immateriale, può orientare i consumatori traendo vantaggio diretto da un’attività materiale in concorrenza.

Nella cultura europea è certamente preferibile prevedere che questi soggetti, più deboli dispetto al fornitore di servizi, godano di garanzie. Ma anche negli Stati Uniti, che hanno una cultura più li­bertaria e con minore attenzione alla tutela sociale, lo Stato di New York ha stabilito la illiceità di Lyft. Questo servizio, simile a Uber, consente a chi ha bisogno di un passaggio in auto di ottenerlo da chi possiede un’auto ma non è titolare di licenza per il trasporto pub­blico. In precedenza lo stesso Stato di New York aveva patteggiato con Airbnb una compensazione economica, poiché l’affitto di ap­partamenti privati, senza licenza di affittacamere, privava di gettito fiscale la città. Ma chi ha l’onere di verificare e assicurare, ad esempio, le condizioni igieniche e di sicurezza o l’accessibilità per gli invalidi con queste nuove forme di intermediazione immateriale?
Potrebbe essere deciso che sia socialmente desiderabile eliminare le sovrastrutture di controllo e garanzia che abbiamo introdotto nei decenni passati, garantiti dal pubblico, Oppure che questi oneri siano da porre in carico ai nuovi intermediari. Il punto da evidenziare è che, nella dimensione immateriale, ampiamente deregola­mentata, estremamente veloce, caratterizzata da ritorni crescenti, che tende a monopoli o oligopoli globali, in pochi anni si sono create (e si stanno creando) posizioni di dominanza nell’interme­diazione di servizi della dimensione materiale. Il tutto. senza le garanzie e i vincoli previsti per analoghi intermediari tradizionali.

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