Ricercatrice dell'area "Globalizzazione e sostenibilità" presso la Fondazione Giangiacomo Feltrinelli

Dal monito intergenerazionale sollevato dall’attivista Greta Thunberg, fino al divampare degli scioperi per il clima del venerdì promossi dalla rete Fridays for Future e dal network globale di Extinction Rebellion, l’attenzione e le aspettative generali si sono ora rivolte al dopo-manifestazioni, ossia al cosa sarebbe potuto o dovuto accadere dopo tale dispiegamento di voci intolleranti all’immobilismo della politica ambientale globale, puntualmente osservabile dopo ogni COP UNFCCC e, nei singoli paesi, nello scarso successo politico delle rappresentanze verdi nei parlamenti e quindi nel dibattito e nelle agende di policy. 

Un’intera tipologia di stake holder, come li definirebbero i tecnici della progettazione sociale, ha manifestato, richiesto, preteso attenzione e azione sul tema delle politiche climatiche, ormai diventate un prisma per analizzare gli squilibri degli anni a venire, interpretabili grazie a modelli climatici neutri nel tracciare le linee di demarcazione tra chi subirà i danni maggiori e chi, con costi crescenti, potrà salvarsi. 

La dichiarazione di Emergenza Climatica è stata attivata a livello nazionale dal Regno Unito e dall’Irlanda, per poi proseguire in un percorso di diffusione che ha interessato e coinvolto diverse articolazioni istituzionali a livello centrale, regionale e locale, seguendo spazi di rappresentanza politica di cui è interessante chiedersi quale possa essere l’eredità concreta. In altre parole: Regioni, Comuni, Città, perfino scuole che in Italia hanno dichiarato l’emergenza climatica, cosa potranno davvero attivare a livello di policy in conseguenza della dichiarazione stessa?

Trash on sand beach showing environmental pollution problem

Quest’ultima, infatti, lontana dall’essere motivata dalla medesima emergenzialità che giustifica l’impego di mezzi straordinari per fronteggiare pericoli quali un conflitto bellico o un attentato terroristico, necessita di un posizionamento di senso all’interno delle agende politiche, così da generare delle conseguenze concrete e tangibili nelle quali i cittadini possano riconoscere il significato di tale presa di posizione. Eppure, tale aspettativa di senso, imperniata sul principio logico del “dichiarare-agire” stenta, forse più che altrove, a trovare seguito. Tornando dunque all’origine della questione, se il fenomeno è davvero emergenziale e sistemico, cosa succederà subito dopo l’ufficializzazione dell’esistenza di una vera e propria emergenza climatica?

Ci ha risposto Federica Fratoni, Assessore della Regione Toscana, dove il Consiglio Regionale ha di recente approvato una mozione che impegna a dichiarare lo stato di emergenza climatica: “Fra le azioni messe in campo troviamo le regolamentazioni delle combustioni a biomasse, gli incentivi all’efficientamento energetico e alla mobilità elettrica, le limitazioni alla circolazione dei mezzi diesel e l’ampliamento delle piste ciclabili, delle aree alberate e del trasporto pubblico”. Le fa eco Francesco Raspini, Assessore del Comune di Siena, uno dei Comuni italiani che hanno aderito alla proposta di ufficializzare l’esistenza della crisi ambientale odierna: “Abbiamo ascoltato attentamente i movimenti che ci hanno esposto la gravità della situazione e abbiamo deciso di realizzare uno studio per verificare dove e come sia possibile ridurre le emissioni di CO2 locali, generando una baseline su cui impostare una progettazione decennale che le azzeri nei prossimi anni. L’attenzione massima è data all’edilizia, in particolar modo quella pubblica, e alla mobilità. Ci stiamo concentrando sugli oneri di urbanizzazione per nuove costruzioni che abbiano una classe energetica migliore e sulla riqualificazione degli edifici pubblici”. Risposte non sembrano mancare, per quanto i tempi di realizzazione sembrino di medio-lungo periodo, tuttavia, permangono innumerevoli difficoltà operative, in primis “la presenza di una cultura amministrativa poco consapevole delle priorità ambientali, frutto di una generazione di amministratori che stentano a raccogliere le sfide di progettualità innovative e di una burocrazia che avrebbe bisogno di ricambio. Il blocco del turn over dei dipendenti negli ultimi anni ha spesso impedito l’emergere di energie e idee nuove” come ribadisce Raspini e poi la difficoltà di ripensare le strutture sistemiche come le aree urbane, aggiunge Fratoni: “Le cosiddette bombe d’acqua, di cui tanto sentiamo parlare in questi anni, hanno un impatto diretto sulle grandi città. Per questo occorre ripensare le politiche di adattamento non solo tramite azioni di prevenzione del rischio idraulico ma anche progettando e realizzando città in grado di assorbire e gestire tali fenomeni. Non solo, le aree urbane sono anche estremamente “energivore” (…) e come tali sono maggiormente esposte ai rischi dell’inquinamento atmosferico”. Da un lato quindi, occorre attivare strategie locali di adattamento, dall’altro il cambiamento richiesto è così radicale e urgente che pare impossibile realizzarlo nei tempi richiesti dalle nuove generazioni e dal pianeta stesso. Nonostante ciò, l’impegno istituzionale non vacilla, anzi: “Continueremo a tenere vivo il dialogo con i giovani su questo tema, lavoreremo con loro ritrovandoci periodicamente e sviluppando strategie che rispondano agli Obiettivi di Sostenibilità promossi dalle Nazioni Unite. In questo ci sentiamo uno dei comuni più coinvolti: operiamo nel “gruppo di testa” per poter dare esempio, supporto e guida ad altri che vorranno seguirci” afferma Raspini del Comune di Siena, mentre l’Assessore Fratoni aggiunge: “Ho partecipato in prima persona, il 15 marzo scorso, al #Fridaysforfuture (…). Mi preme qui sottolineare che Regione Toscana ha avviato ad aprile scorso il percorso di formazione della Strategia Regionale per lo Sviluppo Sostenibile, con lo scopo di definire gli obiettivi e le politiche che dovrà mettere in campo per perseguire le finalità definite dalle Nazioni Unite con l’Agenda 2030. A tal fine è stato creato un Forum per lo sviluppo sostenibile a cui tutti possono accedere per esprimere la propria opinione e suggerire azioni ed interventi. Nono solo, questo: abbiamo poi avviato un percorso di coinvolgimento delle scuole superiori, attraverso un Social Challenge, un progetto di formazione e gioco contest che coinvolge i ragazzi con sfide settimanali tutte improntate sulla sostenibilità. L’educazione ambientale è un altro tema su cui la regione è impegnata, la sfida per il clima e per l’ambiente si vince con la consapevolezza e la responsabilità di tutti”. Conclude Raspini: “D’altro canto, è pur vero che dobbiamo dare ai ragazzi delle risposte credibili: spesso i tempi delle amministrazioni non sono quelli immaginati da chi non conosce i meccanismi interni del nostro lavoro ma noi dobbiamo fare il possibile per non deludere le aspettative”.

Poor children collect garbage for sale,, the concept of pollution and the environment,Recycling old rubbish,World Environment Day

 Da queste parole emerge l’ònere di rispondere moralmente alle istanze dei giovani ammettendo il problema ed analizzando il da farsi alla luce dei principi di equità, per non distribuire in maniera sbilanciata i costi delle scelte riparatorie da dover attivare; democrazia, mantenendo un dialogo aperto tra cittadini ed istituzioni, che hanno l’obbligo di consultare tutti i portatori di interessi; trasparenza, per aggiornare e rendere pubblici i dati ambientali nazionali e i risultati raggiunti dalle policy messe in campo, qualunque esse siano. Allo stesso modo, si evince però come gli interventi previsti non siano totalmente emergenziali, ossia non abbiano una natura realmente differente da altri interventi attivabili anche prima della dichiarazione d’emergenza climatica, a dimostrazione del fatto che, o l’emergenza non è tale dal momento della sua dichiarazione ufficiale ma da molto prima, o non ci sono ancora processi emergenziali di policy-making – differenti da tutti gli altri per tempistiche, governance e accountability – in essere o in compimento.

Non è un caso, a ben guardare, che siano stati più gli organi di rappresentanza intermedia o urbana ad attivarsi in tale frangente dichiarativo. Proprio nella dimensione locale, infatti, si potrebbero attivare più rapidamente politiche ambientali differenti, forti di una territorialità limitata che consente maggiori margini di azione e tempi più verificabili. Che sia dunque il caso di ricercare il senso politico delle dichiarazioni d’emergenza climatica nella possibilità di attivare risposte dal basso, anziché attendere accordi politici globali che, all’interno di istituzioni internazionali, stentano ad arrivare e ad essere davvero significativi? Lo dimostreranno le prossime scelte politiche compiute da tutti quegli enti che si sono spesi per riconoscere a livello pubblico la portata di uno squilibrio che mette a rischio il futuro di tutti. In quali forme di policy, diverse da quelle già in essere, si tradurrà questa consapevolezza assurta a certezza politica nessuno lo sa definire con precisione ma si sa, ammettere il problema, è solitamente il primo passo per guarire.

 

 

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