C’è un intervento davvero urgente, fra gli altri che emergono dalle ultime rilevazioni dell’Osservatorio nazionale sullo spreco alimentare domestico: introdurre l’educazione alimentare e ambientale come materie di insegnamento nelle scuole. L’anno scolastico “di Expo”, il 2015-2016, potrebbe lanciare un programma pilota che promuova questa iniziativa, maturata nell’ambito del Piano Nazionale di prevenzione dello spreco alimentare (PINPAS). Il 2015, infatti, grazie ad Expo, può essere il ‘contenitore’ giusto per affrontare in modo incisivo il tema dello spreco alimentare. I dati sullo spreco di cibo infatti giustificano l’urgenza di una corretta educazione alimentare. Lo spreco di cibo a livello domestico in Italia vale 8,7 miliardi di euro all’anno. In questo calcolo rientrano gli alimenti ancora buoni che sono scartati e si sommano agli altri rifiuti da smaltire, costituendo un problema ambientale oltre che economico. Infatti, buttando via il cibo vanno sprecate anche le risorse naturali utilizzate per produrre, trasformare, trasportare, conservare, distribuire gli alimenti. L’impatto ambientale è pesante: si perdono distese di suolo agricolo, fiumi di acqua, montagne di energia.
Tale spreco di risorse si inserisce in un quadro globale che richiede l’incremento del 60-70% della produzione alimentare mondiale per far fronte all’aumento della popolazione previsto entro il 2050, secondo le stime delle Agenzie delle Nazioni Unite. Questo problema è erroneamente percepito come lontano nello spazio e nel tempo. Colpisce in realtà anche una parte considerevole della popolazione italiana, dal momento che nel nostro Paese quasi 5 milioni di persone vivono al di sotto della soglia di povertà economica e alimentare. A fronte di crescenti difficoltà d’acquisto dovute a una situazione sociale difficile, molto spesso non si sceglie di consumare meno, bensì si continua ad acquistare più alimenti del necessario, preferendo, come strategia per risparmiare un’inferiore qualità dei prodotti.
In questo contesto si inseriscono le indagini di Waste Watcher, il primo Osservatorio Nazionale sugli sprechi, avviato nell’ambito di un’iniziativa promossa dall’Università di Bologna. In uno studio sul consumatore, intervistato attraverso 120 domande, di cui solo alcune riguardavano specificamente lo spreco alimentare, è emerso che l’81% del campione di italiani intervistato testa la qualità degli alimenti anche dopo la scadenza, ma è molto confuso sulla sicurezza alimentare degli stessi. Il 93% riconosce che lo spreco alimentare può essere ridotto più attraverso un’azione culturale che mediante l’introduzione di regole e leggi. Quasi la metà ha capito che lo spreco alimentare incide sulla qualità dell’ambiente, mentre il 77% è convinto che l’intervento più efficace passi, appunto, per l’educazione scolastica. Del resto, dalla stessa indagine emerge che i giovani (18-31 anni) sono davvero poco attenti e sensibili alle questioni legate allo spreco alimentare e ambientale. Ecco il punto da cui bisogna ripartire. Perché se è vero che siamo ciò che mangiamo, è utile provare ad essere – oggi più che mai – ciò che non sprechiamo. Non dobbiamo infatti alimentare lo spreco. Al contrario: si deve fare in modo che da fattore negativo diventi occasione per liberare la società dall’inutile “di più” e per renderla invece più giusta e più sostenibile.
Multimedia
Food Waste – Lo spreco di cibo in Italia
APPROFONDIMENTI
Workshop di Laboratorio Expo con Andrea Segrè, Gabriella Iacono e Luciano Piergiovanni.
Perdite e sprechi alimentari: strategie per prevenire e ridurre