La città è sempre più il centro della vita sociale delle società avanzate. Già oggi più della metà della popolazione mondiale – circa il 55% – risiede nelle metropoli, e il trend non è destinato a rallentare. Si tenga conto che nel 1930 solo il 30% della popolazione viveva in aree urbane; mentre nel 2050 si arriverà al 68% del totale. Ugualmente interessanti sono le tendenze sulle dimensioni degli aggregati urbani: ad oggi, quasi la metà della popolazione mondiale vive in città con meno di mezzo milione di abitanti, mentre circa una persona su otto risiede in una delle 33 megalopoli, quelle con più di 10 milioni di abitanti. Secondo le proiezioni dell’UN, entro il 2030 si aggiungeranno altre 10 megalopoli (43 in tutto), tendenzialmente sempre più grandi: Tokyo, in testa alla classifica con 37 milioni di abitanti, sarà supera da Delhi – che oggi è a 29 milioni – seguita da Shangai (attualmente con 26 milioni), San Paolo e Città del Messico (22 milioni di abitanti).
È dunque sempre più necessario, guardando avanti, occuparsi della città. E di coloro che ci vivono.
La città contemporanea è infatti il punto di connessione più importante tra la vita personale e sociale, da un lato, e l’organizzazione tecno-economica, dall’altro. Per questo motivo, essa – pur rimanendo radicata nella sua dimensione e regionale – non può essere letta se non nelle relazioni che stabilisce con il mondo intero. La condizione del suo dinamismo è, infatti, di riuscire a diventare nodo della rete globale, e perciò polo di attrazione verso cui convergono persone, capitali, conoscenze, istituzioni.
Ciò produce nuove fratture all’interno e tra le città e il contesto circostante, riproponendo in modo nuovo il vecchio tema del rapporto col contado. La tensione centro-periferia – con il suo carico di conflitto sociale e politico filtrato dalla percezione della sicurezza – da questo punto di vista, costituisce una chiave di lettura fondamentale per leggere i fenomeni in atto: sarà la capacità della città di contrastare le tendenze disgregative (sul piano sociale, economico, spaziale) che la attraversano a costituire un aspetto qualificante della qualità urbana negli anni a venire.
D’altra parte, la città di oggi si trova sul punto di scegliere tra la via di una radicale individualizzazione e quella di recupero della sua capacità di generare comunità. Nell’ultima edizione del World Risk Report del World Economic Forum si indica proprio il livello radicale di individualizzazione delle nostre città come uno dei fattori strutturali di rischio. Anche sotto questo punto di vista, i dati sono impressionanti: a Stoccolma, i nuclei costituiti da un’unica persona raggiungono il 60% della popolazione; a Parigi il 50%; a Milano il 40%. Sorge dunque una questione relativa al tipo di socialità che si sta costruendo: città molto efficienti tendono a creare crescenti problemi di solitudine che costituiscono a loro volta un problema nuovo da affrontare. Non solo per i suoi risvolti psicologici, ma per la stessa natura del tessuto sociale e dei servizi che di conseguenza occorre organizzare.
Considerazioni analoghe valgono anche per la questione della sostenibilità: concepibile come una grande fabbrica di attività umane, la città contemporanea produce effetti di larga portata sull’ecosistema planetario. La lotta contro il degrado ambientale non può che avere proprio nelle città uno dei punti focali.
Per questo oggi più che mai ritorna la questione della città: come modificare il territorio della città e la sua popolazione nel momento in cui essa costituisce un nodo della rete globale? Plessi integrati di conoscenza e di competenza come le città possono acquisire e far circolare quel saper fare e quel saper vivere che alla fine costituiscono l’antidoto più efficace alla disgregazione sociale e alla disumanizzazione? Quali politiche si rivelano efficaci per contrastare i problemi della disgregazione urbana e della sicurezza? Come fare per far sì che la vita personale e sociale possa davvero fiorire in realtà così grandi e complesse?
A queste domande non ci sono, ad oggi, risposte precostituite. Per questo è necessario conoscere, discutere, far circolare le pratiche e le soluzioni che in tutto il mondo si vanno elaborando. Nessuno si salva da solo. Tanto meno le città di oggi.