Nel quadro generale dei problemi connessi al tema delle “Democrazie in transizione”, esiste un “caso Italia”. Se è vero che sotto lo sforzo nuovo della global era ogni democrazia nazionale sta vivendo processi di trasformazione, talora critici, il fardello del nostro singolare trascorso democratico (il periodo cioè racchiuso tra l’entrata in vigore della Costituzione repubblicana e il crollo del muro di Berlino) carica l’odierno problematico “caso Italia” di una problematicità pregressa.
I costituenti dotarono la neonata Repubblica di una carta fondamentale dal moderato (e a tratti incoerente) impianto liberaldemocratico. Con la conventio ad excludendum verso il Partito Comunista Italiano, l’impianto istituzionale liberaldemocratico non poté giovarsi di un conseguente sistema liberaldemocratico dei partiti fondato sulla contendibilità del governo. In questa contraddizione risiede il peccato originale dell’Italia repubblicana. Lo stato liberaldemocratico nacque monco di un adeguato e coerente sistema dei partiti, che solo avrebbe potuto realizzarne compiutamente orizzonte valoriale e obiettivi democratici fissati nella prima parte della Costituzione.
Dal 1948 al 1991, la mancata evoluzione socialdemocratica del PCI inchiodò all’immobilità il quadro politico-istituzionale. Negli anni più recenti, con la scomparsa del PCI, l’ostacolo ad una evoluzione liberaldemocratica del sistema dei partiti, e la conseguente maturazione dell’assetto istituzionale, passò da sinistra a destra. L’avvento del partito padronale di Silvio Berlusconi, se determinò un positivo sbloccamento della nostra democrazia nel senso dell’alternanza, finì per mandare in cancrena la vecchia ferita dell’incompiutezza liberaldemocratica del sistema. La scomparsa involontaria del PCI e l’organizzazione del fronte conservatore intorno alla leadership berlusconiana, movimentarono le cose, ma il modello padronale di questa leadership s’impose immediatamente come nuovo ostacolo alla creazione di un compiuto sistema liberaldemocratico dei partiti.
Berlusconi, e il suo modello padronale di partito, negarono in modo originale la possibilità di una contendibilità interna della leadership. Il trinomio di dipendenza politica, economica e organizzativa della destra dal proprio leader sopprimeva ogni possibilità di contendibilità del vertice. Esiste, quindi, e persiste una specificità del caso Italia. Nell’oceano delle democrazie in transizione, composto da vere e proprie crisi di rappresentanza e da dinamiche più ordinarie di trasformazione della stessa, non è possibile liquefare la specificità del caso Italia.
Antonio Funiciello
Consulente politico presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri
Approfondimenti
Nell’ambito delle attività promosse dalla Linea di Ricerca sull’Innovazione politica, la Fondazione Giangiacomo Feltrinelli ha ospitato una conversazione con Juan Carlos Monedero, fondatore di Podemos.
Venerdì 19 giugno, alle ore 18:00 in via Romagnosi 3 a Milano si è svolto l’incontro dal titolo: “La politica di Podemos: conversazione con Juan Carlos Monedero”.
Podemos è il nuovo movimento nato dal basso che ha rivitalizzato su basi innovative la sinistra spagnola. E’ una forma di populismo declinato a sinistra nel senso della partecipazione alla cosa pubblica e di una visione radicale della democrazia. E’ un attore che sta facendo saltare i vecchi equilibri della politica iberica. Podemos è una realtà.
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