Quello di Emo Egoli, La gioventù italiana nella lotta contro il fascismo, è un opuscolo uscito nel 1955 con una prefazione di Sandro Pertini. Furono migliaia i ragazzi, anche adolescenti, che parteciparono alla lotta partigiana, contribuendo eroicamente alla disfatta dei nazi-fascisti. Il volume racconta questa storia da una prospettiva particolare, quella dei socialisti italiani, e si rivolge soprattutto ai giovani della neonata Repubblica perché mantengano in vita una democrazia fondata sui valori della Resistenza e non cedano alle lusinghe dei nuovi mascherati fascismi. Emblematiche, in questo senso, le parole che Pertini rivolge ai ragazzi: «D’altra parte, miei cari compagni, se volete che la vostra vita non scorra grigia e monotona, ma che valga sempre la pena di esser vissuta, fate che essa sia animata da una grande idea». Il futuro Capo dello Stato si lancia in un accorato elogio dei «giovani – anche questo giova oggi ricordare – cresciuti a quella scuola di azione e di sacrificio», che «combatterono allora con noi ogni forma di opportunismo, persuasi che nell’opportunista di oggi si nasconde il traditore di domani.»
Nonostante il punto di vista parziale, il libro si rivela un documento di indubbia utilità e fornisce preziose informazioni in grado di calare il lettore dentro una storia che altrimenti passerebbe in secondo piano. Non manca, inoltre, di sottolineare quanto fosse stato lo stesso Mussolini a comprendere l’utilità di inquadrare le giovani generazioni in una prospettiva di “leva rivoluzionaria” nutrendole di una mitologia violenta e illusoria destinata a frantumarsi con l’avvento della guerra:
Frastornata da tanta propaganda, la gioventù italiana giunse all’alba del 1940. Priva di una sia pur minima educazione democratica, oppressa dal fascismo, che per anni aveva distribuito illusioni e falsi ideali, essa si lasciò condurre nella guerra mondiale che doveva segnare la fine di Mussolini e della sua politica imperialistica.
Fu proprio l’asprezza del conflitto cui partecipammo impreparati, fu quello spettacolo atroce e inutile, che aprì gli occhi ai giovani italiani.
Ebbe inizio, così, quella profonda crisi morale che doveva portare, in breve tempo, i giovani a combattere contro il regime.
A mo’ di esempio, riporta le parole di un giovane fascista, caduto poi in Slovenia nel luglio del ’43:
Come branchi di maiali ci siamo fatti condurre da un pastore e ora che è la prima burrasca, ora che il rullo del cannone rende minaccioso l’orizzonte, come branchi di porci ci disperiamo e andiamo a cercare ricovero nel fango ove fissare dentro il grugno.
Se io dovessi morire forse mi dispiacerebbe perché non resta nessuno e niente a confermare che anche io sono passato.
Non tutti i giovani, tuttavia, si lasciarono abbattere dalla disillusione: «Dalla delusione alla ribellione – scrive infatti Egoli – il passo fu breve. La gioventù alle armi si sentiva sola, smarrita, non trovava una risposta ai suoi interrogativi e il suo sacrificio appariva privo di ogni giustificazione ideale e morale.» Dopo il 25 luglio del ’43, migliaia di giovani e giovanissimi si arruolarono nelle file partigiane, costituendo «una ardita “giovanile guardia” dell’insurrezione nazionale.»
L’attenzione di Egoli non si concentra solo sui caratteri generali di questa insurrezione giovanile: racconta anche storie esemplari di giovani eroi della Resistenza, costruendo un percorso che parte già da prima della guerra, con l’attivismo e il sacrificio di militanti socialisti impegnati nella lotta al fascismo che pagarono con la morte il loro impegno. In altre parole, Egoli ci mostra che la storia della gioventù italiana contro il fascismo non comincia il 25 luglio del ’43, ma parallelamente all’affermarsi del regime mussoliniano come dittatura totalitaria. Un esempio su tutti: Fernando De Rosa, «oscuro giovane dirigente della Federazione Giovanile Socialista di Torino, che divenne poi l’eroe popolare di tutta la gioventù democratica italiana.»
È con l’Armistizio, tuttavia, che tale militanza assume i caratteri dell’insurrezione:
Dato il carattere di massa che la guerra clandestina veniva assumendo, anche giovanissimi che non avevano obblighi militari vi parteciparono largamente. Alcuni di solo 15 o 16 anni fecero parte del movimento partigiano fin dalla sua fase iniziale; gli altri si aggiunsero via via, trascinati dall’esempio, convogliati alla lotta dall’attiva propaganda del Fronte della Gioventù.
Al fondatore del Fronte della Gioventù, Eugenio Curiel, Egoli dedica parole di elogio per il suo carattere esemplare: «Uno dei più fulgidi eroi della gioventù comunista e di tutta la gioventù italiana, ucciso a tradimento a Milano all’alba della liberazione nel 1943 si proponeva di organizzare i giovani italiani nella lotta contro il fascismo e di educare una nuova generazione di democratici antifascisti.»
Se, come più volte ribadito da Egoli, «i giovanissimi furono portati all’azione contro il fascismo dopo una profonda crisi e da un esame critico di tutta l’opera nefasta svolta dal fascismo», è nelle parole di un quindicenne analfabeta che l’autore dell’opuscolo sembra individuare la forza di tutto il movimento:
Io non so scrivere né leggere – diceva spesso – ma credo di capire che tutto quello che io e gli altri facciamo per scacciare i tedeschi e i fascisti sia per fare vivere meglio e più tranquillamente la gente. Per fare un nuovo mondo dove non esista più la fame e la guerra, per dare a tutti ciò che è loro necessario e per quello che mi riguarda di poter imparare a leggere e scrivere senza preoccupazioni.
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