Il momento della decisione nel partito politico contemporaneo è rappresentato dalla conta tra opinioni diverse, precedute da un iter precongressuale in cui si sono definite alleanze, documenti, opinioni. Questo soprattutto se il congresso è quello di un partito chiamato a riflettere sulla sconfitta e sulla necessità di segnare una strategia di “ripartenza” o di “nuovo inizio”. Dovrebbe essere il momento attraverso il quale, ad ogni livello dal locale al nazionale, si discute e si decide il corpo dirigente che meglio può impersonare la linea scelta. Così il Congresso può essere un “trampolino di lancio” dell’offensiva elettorale in vista delle urne e non un momento di mera “conta”.
Oggigiorno le principali decisioni politiche sembrano venire prese in altre sedi rispetto ai luoghi preposti: sono sempre più decisivi i tweet, le dichiarazioni a stampa, le interviste televisive, così come le dirette Facebook. Mentre nell’epoca dei partiti di massa, la linea politica e le misure programmatiche venivano discusse ed elaborate nel Congresso nazionale.
Nel generale contesto della post-democrazia, dove è sempre più diffusa e importante la consapevolezza che le istituzioni politiche soffrano di una consistente perdita di potere in favore dei centri economici, sovranazionali e non elettivi, i congressi divengono momenti di attenzione popolare quando la posta in palio è il reale potere di decidere e di incidere sugli indirizzi politici del corpo collettivo qualora il soggetto politico dovesse vincere le elezioni e governare o amministrare.
L’iniziativa editoriale sui congressi di ieri e di oggi è pensata per avviare un cantiere di riflessione sul valore che ha oggi e che ha avuto nella storia della Prima Repubblica questo importante momento di riflessione democratica.
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A congresso
David Bidussa
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