Nilde Iotti è stata la prima donna nella storia d’Italia a ricoprire una delle più alte cariche dello Stato. Il 20 giugno del 1979, viene nominata Presidente della Camera dei Deputati, ruolo che ha ricoperto per tre legislature fino al 1992. La sua biografia umana e politica ha molte sfaccettature attraverso la quali potremmo mettere a fuoco più aspetti della storia dell’Italia Repubblicana: la lotta partigiana e antifascista, la nascita della Repubblica e la Costituente, la modernizzazione della società e della politica. E poi riforme e leggi nel corso degli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta come: la tutela della maternità per le lavoratrici, la pensione alle casalinghe, il nuovo diritto di famiglia, la nuova legge sul divorzio e il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza, solo per nominare alcune tra le più importanti. Leggi e riforme che hanno cambiato la vita delle donne e dell’intera società italiana, traducendo concretamente i valori della Costituzione e contribuito all’ampliamento della democrazia.
Nel 39° anniversario del suo insediamento alla Camera, ci sembra opportuno parlare di lei come parte di percorso politico collettivo per riflettere sulla politica delle donne e sulle donne della politica oggi, sugli spazi di autonomia e sui diritti acquisiti. Nonostante ci si possa vantare dell’elezione di Maria Elisabetta Alberti Casellati di Forza Italia a Presidente del Senato, non uno dei ministeri con portafoglio è stato assegnato a una donna e inesistenti, ad oggi, i riferimenti a propositi di politiche inclusive, di ampliamento dei diritti, di tutela della salute, delle fasce sociali e lavorative svantaggiate e delle minoranze.
La nomina di Nilde Iotti aveva, come lei stessa ha ammesso, «un significato profondo» e investiva milioni di persone, di donne «che attraverso lotte faticose, pazienti e tenaci, si sono aperte la strada verso la loro emancipazione». Nilde Iotti si sentiva «una di loro», incarnava un esito del lungo cammino delle donne italiane che fin dall’esperienza partigiana – levatrice di un nuovo protagonismo femminile – e attraverso le lotte sociali, interne ai partiti, dei movimenti delle donne e femministi aveva messo al centro le specificità delle donne «per il loro riscatto», la necessità della loro autonomia politica «per l’affermazione di una loro pari responsabilità sociale e umana» e di costruire l’unità sociale e politica di donne e tra donne. Una donna comunista tra le più alte cariche dello Stato ci dice molto sulla mutazione della posizione interna e delle relazioni internazionali del Partito Comunista Italiano alla fine degli anni Settanta. Ma, soprattutto, svela che nei tempi cupi che seguono l’omicidio di Aldo Moro del 1978, caratterizzati dalla recrudescenza del terrorismo e da una evidente pervasività della corruzione nella politica e nello Stato che sarebbe uscita allo scoperto pochi anni dopo, nonostante sembrasse prossimo il baratro, in realtà molte delle novità e delle innovazioni avviate dalle battaglie degli anni precedenti si stavano ancora sedimentando. Istituzioni e classe dirigente stavano dando nuove risposte, mostravano di essere capaci di dialogare con una società sempre più moderna e secolarizzata, nonostante i colpevoli ritardi. La nomina di una donna comunista a Presidente della Camera era stata di poco preceduta da un’altra nomina inedita, quella della democristiana Tina Anselmi, alleata di Nilde Iotti nella causa dell’emancipazione delle donne nonostante le diverse militanze di partito, a Ministro del Lavoro nel 1976, carica che nell’immaginario collettivo apparteneva naturalmente a un uomo. Pochi anni dopo, nel 1982, è stata la volta della comunista Camilla Ravera, nominata per la prima volta nella nostra storia senatore a vita dall’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini.
Su un foglio di carta intestata “Camera dei Deputati On. Nilde Iotti” che troviamo conservato negli archivi della Biblioteca “Panizzi” di Reggio Emilia, terra natale di Nilde Iotti, la Presidente della Camera trascrisse una frase di J. L. Borges: «Il passato è indistruttibile, prima o poi tornano tutte le cose, e una delle cose che tornano è il progetto di abolire il passato». Come torna oggi il progetto di rimettere in discussione le conquiste del passato e i diritti acquisiti dalle donne lungo il corso di tante battaglie e stagioni che fanno parte della nostra storia e della nostra eredità politica.
Il gioco di memoria che stiamo facendo oggi ricordando Nilde Iotti non vuole essere solo rituale o celebrativo. È uno strumento per interpretare i processi storici e il presente. In questi quasi quarant’anni che ci separano dal 1979, una delle poche cose che davvero hanno unito la sinistra e la destra nel nostro paese è stata proprio la strutturale sottovalutazione della potenzialità dell’elemento femminile, ritenuto sempre marginale, decorativo, evocato per fini strumentali, valorizzato, spesso, solo quando un uomo di potere ne cede una parte ad una donna.
Per capire come sia successo dovremmo forse indagare di più il rapporto fra donne: quante donne di potere (pur poche) hanno lasciato dopo di sé altre donne in potenza? Quante donne “arrivate” in ruoli chiave ne hanno formate altrettante o anche di più per difendersi e farsi strada? Il rapporto di stima reciproca fra Nilde Iotti e Tina Anselmi, ad esempio, ci racconta di un’Italia capace di stringere catene solidali al fine di far progredire la condizione femminile. Il Problema non è infatti né meramente legislativo né formale: a fronte di una parità affermata, rimane viva la ferita sociale della mancata attuazione del secondo comma dell’articolo 3 della Costituzione sulla parità sostanziale. Quali politici e politiche oggi si fanno portatori e portatrici dell’istanza che sia la Repubblica a rimuovere gli ostacoli per coloro che non ce la fanno? Sempre più neoassunte sono licenziate perché incinte, sempre più sole sono le madri single, i lavori precari e mal pagati ci costringono in uno spazio individuale e sociale di incertezza e di dipendenza economica, le donne anziane sono spesso senza sostegni adeguati, in crescita sono i femminicidi e le discriminazioni, quasi impossibile in alcune regioni far valere i propri diritti alla salute, che include l’I.V.G. Tutto questo ci racconta di un mondo nel quale non è sufficiente che gli uomini si responsabilizzino e abbraccino una mentalità e una cultura di rispetto. Serve una presa di coscienza forte, quella che solo in parte può venire da gesti simbolici e forti come quello dell’elezione di una donna al Senato. L’articolo di “Rinascita” del 1979, che qui pubblichiamo, salutava l’elezione di Nilde Iotti a Presidente della Camera e si conclude con il riconoscimento delle battaglie del «movimento femminile e del movimento operaio». La sfida dell’uguaglianza non è solo un fatto di opportunità teorica ma il risultato della reale presa di coscienza e potere all’interno della società di coloro che per qualunque motivo si trovano in posizione svantaggiata.
Discorso di insediamento di Nilde Iotti alla presidenza della Camera dei deputati pubblicato da “L’Unità”, 21 giugno 1979
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Articolo tratto da “Rinascita”, 22 giugno 1979
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Su questi temi, guarda l’intervento di Livia Turco durante l’iniziativa Democrazia Minima.