Titolare della Cattedra Unesco “Social and Spatial Integration of International Migrants: urban policies and practice"

Parlare della città di oggi è questione ben difficile, uno perché le città ormai corrispondono poco alla città in cui il mondo occidentale si è sempre identificato, e due perché la città della cultura occidentale è ormai residuale rispetto alla città di altrove.

Fino a pochi anni fa la nozione di città era sostanzialmente condivisa. Dimensione, densità, concentrazione di attività o ancora l’eterogeneità degli abitanti distinguevano la città dalla campagna, in una classificazione binaria del territorio. Oggi invece la dimensione dell’urbano è sfuggente: perché vi sono spazi in cui la distinzione con il non urbano è difficile da stabilire e dubbia da affermare nei suoi tratti economici e culturali; e perché l’urbano si estende spesso ormai senza interruzione su territori vasti, dalla National Capital Region con le quasi 40 milioni di persone che abitano l’area metropolitana di Tokyo o l’insieme Città del Messico/Puebla/Toluca /Cuernavaca fino a, per restare in Europa e a un livello “basso”, le ”eurometropoli” Lille–Kortrijk–Tournai, o Ginevra-Annemasse-Basilea, e anche quella Milano-Chiasso-Lugano.

Non solo, ma la città di cui si parlava fino a pochi anni addietro era quella europea, insieme a quella nordamericana, nella sua diversità per molti tratti comunque simile a quella europea, ma nessuno pensava al resto del mondo. Una “miopia” squisitamente colonialistica, poiché in realtà, già dalla seconda metà del secolo i segnali che la città che si stava affacciando sulla scena era quella dei paesi in via di sviluppo, oggi del Global South, erano espliciti. I dati delle Nazioni Unite usciti da pochi giorni non fanno che confermare che la città dell’occidente rappresenta ormai solo un tassello del mosaico urbano che abbiamo di fronte. L’urbanizzazione in Asia, Africa subsahariana, nel mondo arabo e in quello latinoamericano, ci parla di città che sono ben diverse da quelle cui siamo usi pensare.

Singapore

È verosimilmente su queste che ormai va portata l’attenzione, quando si parla di città, in particolare su due argomenti:
• Le geografie ancora poco esplorate, e comunque non semplici da afferrare, delle nuove opportunità, delle differenze e degli squilibri che queste multi-agglomerazioni producono. Spazialità, base economica e reti di interrelazioni sono tutto fuorché binarie, complesse nello spazio e nel tempo, una variabile questa che la digitalizzazione ha addizionato da poco, ma con conseguenze profonde sullo spazio urbano;
• Le forme di governo, oggi del tutto inadeguate a accompagnare le trasformazioni di territori vasti e frammentati da una marcata polarizzazione, dove le opportunità si concentrano in alcuni punti mentre le difficoltà investono porzioni sempre più grandi, spingendo i più vulnerabili fuori dalla cittadinanza e la democrazia, verso la rappresentanza tribunizia.

La città è il contenitore della società di oggi, di fatto anche di quella che non la abita ma che comunque è obbligata a relazionarvisi. E’ richiesta una rivisitazione profonda dei modi di guardarla, di pensarla e di governarla, decisamente più sfaccettati rispetto ai sistemi culturali e economici che le soggiacciono e alle forme politiche che ne guidano i cambiamenti.

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