Interpretare una realtà complessa implica, in primo luogo, assumere un particolare punto di vista, dichiararlo, rendere esplicite le regole utilizzate nell’analisi. La città contemporanea rappresenta una delle realtà più complesse della contemporaneità, solcata da significati eterogenei sia nel dibattito teorico, sia nel vissuto quotidiano dei cittadini, così da risultare al contempo spazio di libertà individuale e collettiva e luogo di ingiustizia e diseguaglianza. La città è un intrico di istanze individuali, sociologiche, antropologiche spesso contraddittorie e alla costante ricerca di una sintesi politica. Per questo la città è il luogo politico per eccellenza. A farla non sono i vincoli di sangue, come per la tribù o la famiglia, ma un ordinamento di leggi e consuetudini condivise tra un consesso di individui.
La stessa etimologia latina di civitas sottende il significato, ben più politico che geografico, di insieme di cittadini che, nel cercare forme di convivenza armoniosa, si fanno cittadinanza. L’originale accezione eminentemente politica della parola cade in disuso per diversi secoli e viene recuperata nel ‘700, proprio allorché in Francia e in Italia nascono i governi rivoluzionari. Per Rousseau, il citoyen è l’antitesi del sujet: individuo responsabile di far valere i propri diritti e rispettare i propri doveri il primo, suddito del governo monarchico il secondo. In questa accezione, dunque, il cittadino, diventa l’uomo libero che nel perseguire la libertà si fa attore rivoluzionario. Dalla rivoluzione francese alle più recenti mobilitazioni di contrapposizione alle conseguenze del sistema capitalistico, la ribellione e la possibilità di riscatto e cambiamento si giocano nelle città, poiché è nelle città che sempre di più siamo destinati a vivere ed è lì che sono da riscrivere le regole della convivenza, nel caos generativo della fluidità dei luoghi e dei ruoli, della mobilità geografica di persone, merci e stili di vita, della velocità delle comunicazioni globali.
Le città sono in potenza il motore trainante della crescita economica, della prosperità e dello sviluppo sostenibile, costituiscono i terreni fertili per scienza e tecnologia, per cultura e innovazione, per la creatività del singolo e della comunità. Perché sia così, e per ripensare una sostenibilità economica, abitativa, ambientale e sociale, occorre non rimandare più la risoluzione delle numerose questioni che pongono in relazione diseguaglianze, forme di esclusione, povertà e qualità della vita.
E’ una presa di responsabilità inevitabile, dal momento che la convivenza urbana è il futuro che ci aspetta.Il 2007, data storica per chi si occupa di città, ha segnato infatti il passaggio: più della metà della popolazione mondiale vive in città e nel 2030 si prevede che la quota di popolazione che vivrà in città supererà il 60%. Questo scenario si staglia sullo sfondo di un presente urbano planetario dai caratteri molteplici e transitori, dove la netta separazione tra città e campagna viene messa in discussione dalla diffusione delle telecomunicazioni e di internet, da moltiplicate e accelerate forme di mobilità, da modelli culturali e di consumo e stili di vita (praticati o immaginati) urbani. Il futuro planetario è urbano, quindi, non solo perché sempre più persone vivono in città, ma perché la città come spazio di relazione si dirama anche verso territori imprevisti e non direttamente connessi alla dimensione urbana tradizionalmente intesa. Nella transizione epocale che stiamo attraversando, la città come modalità di convivenza umana che rompe i vecchi confini e si ristruttura per scale, relazioni e contraddizioni è l’enigma inesorabile e coinvolgente che ci richiama tutti. Se per le città del Nord del mondo la riproposizione della questione urbana è principalmente connessa al mantenimento della coesione sociale a fronte del crescere e del differenziarsi delle disuguaglianze interne, per le megalopoli del Sud una delle sfide principali riguarda la regolazione dei flussi di mobilità dalle campagne e, quindi il rapporto tra mondo urbano e mondo rurale. In entrambi i casi, la questione nevralgica consiste nella capacità politica della città di promuovere una società equa, inclusiva, equilibrata e libera.
Ma quanto queste condizioni si verificano per il cittadino nell’era dell’antropocene, in cui tutto sembra città? E quali sono le battaglie da portare avanti per un riconoscimento effettivo della cittadinanza?
Con queste domande si confronta About a city. Places, ideas and rights for 2030 citizens, il festival sull’urbano che sceglie di partire dalla prospettiva del cittadino e coinvolgerlo attivamente in un dibattito che esprime e riformula le sfide da affrontare a partire da tre ritenute prioritarie:
1) THE DIVERCITY, ossia la crescente diversità e la convivenza interculturale letta attraverso i diritti delle minoranze, la salute e l’accesso ai servizi;
2) THE INTANGIBLE CITY, vale a dire l’avanzamento del digitale, dell’infrastruttura tecnologica e della dimensione immateriale del futuro urbano;
3) LOST NATURE, corrispondente all’intreccio tra questioni di sostenibilità e approcci resilienti nature-based per una progettazione urbana in alleanza con la natura.
Queste tre sessioni si avvalgono del contributo di tre curatori d’eccellenza come l’archeologo e storico dell’arte Salvatore Settis, il sociologo ed economista Mauro Magatti e l’architetto e urbanista Stefano Boeri. Parlare di città, di fatto, implica imprescindibilmente un approccio interdisciplinare per affrontare un tema universale come il rapporto tra trasformazioni urbane e dimensioni di cittadinanza.
Su questi tre pilastri si articolano quattro giorni di lecture, talk, dibattiti, spettacoli e proiezioni tra il 24 e il 27 maggio in Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, che si collocano nell’ambito della seconda edizione di Milano Arch Week. A fare da filo conduttore il tema ineludibile della giustizia socio-spaziale come orizzonte necessario da raggiungere. Il caso milanese fa da sintesi dei tre macro temi, posti in connessione con alcuni casi rilevanti di trasformazione urbana in corso, ossia la rigenerazione delle periferie, il futuro dell’area Expo e la trasformazione degli scali ferroviari, che stanno ridefinendo i confini della città, ponendo delle questioni rilevanti su chi e cosa si trova e si troverà ai margini, quali sono le alleanze territoriali da potenziare, in che modo si possono giocare strategie transcalari.
L’ascolto e il confronto tra attori istituzionali e sociali, ricercatori e portatori di pratiche, esperti e cittadini che si muovono nella comune cornice urbana, così come About a city sceglie di fare, rappresenta l’occasione per abilitare un dibattito capace di ribadire e rimettere al centro la dimensione politica della città.