05-05-2018 10:30
Luogo: Fondazione Giangiacomo Feltrinelli - Viale Pasubio 5, Milano

 

Ian Goldin insegna Globalizzazione e sviluppo alla University of Oxford. È stato direttore della Oxford Martin School, vicepresidente della Banca mondiale e consigliere di Nelson Mandela. In occasione dell’uscita di Nuova età dell’oro (Il Saggiatore, 2018) incontra Vittorio Colao, amministratore delegato di Vodafone. Modera l’incontro Luca Fantacci, docente di Storia dell’economia dell’Università Bocconi.

 

Per affrontare le sfide poste alla contemporaneità dalla globalizzazione tra le quali si annoverano la cosiddetta quarta rivoluzione industriale, un avanzamento tecnologico senza precedenti, il cambiamento climatico, inedite frontiere dello sviluppo scientifico, potrebbe essere necessario adottare un modus operandi diverso che possa imprimere una nuova direzione allo sviluppo. In questo senso la storia propone degli esempi utili, tra cui lo spirito del Rinascimento si distingue in modo particolare. 
Questo, infatti, è stato un’epoca di scoperta che rendeva le persone pronte –spiritualmente e mentalmente – ad abbracciare il cambiamento, affrontandone le criticità con piglio propositivo e senza farsi scoraggiare dal ritmo al quale le innovazioni si susseguono. La questione del “ritmo” e della velocità non è secondaria: coinvolge i modelli di sviluppo che si possono discutere basati, per esempio, sull’accumulazione e lo sfruttamento delle risorse naturali ma anche la capacità di vivere all’interno di questa accelerazione in virtù della quale, rispetto al passato, un numero assai maggiore di cose accadono e vengono condivise. La mole di conoscenza e sapere a disposizione è enormemente aumentata in quantità e qualità.

Questo pone chi si interroga sulle dinamiche della globalizzazione davanti a una domanda centrale: come governare questi processi? Secondo Ian Goldin la globalizzazione ha portato un carico di responsabilizzazione individuale e collettiva maggiore rispetto al passato: la tecnologia e le nuove scoperte possono essere usate per lo sviluppo e il benessere o, in maniera opposta, per la distruzione del genere umano.

Dal punto di vista politico e sociale questa mole di cambiamenti richiede nuove competenze, nuove conoscenze e –come suggerito da Goldin – una vera e propria nuova predisposizione mentale. Non tutti possono però farvi fronte: esistono larghi strati di popolazione che cercano di bloccare i cambiamenti portati dalla globalizzazione perché sono esclusi dai suoi benefici. In questo senso Goldin interpreta voti quali quelli alle destre protezioniste e quello della Brexit ecc. come reazioni ad una mancanza di possibilità reali date a coloro che cercano nella reazione una risposta ai propri problemi, sentendosi esclusi dalla globalizzazione. Prova ne sarebbe il fatto che le grandi capitali e metropoli d’occidente non subiscono lo stesso effetto: sono per lo più luoghi di progressismo che riescono a consentire ai propri abitanti di sviluppare un certo benessere all’interno delle dinamiche della globalizzazione. Per questo la globalizzazione deve divenire innanzitutto inclusiva: solo così si può sfruttarne a pieno il potenziale di crescita e sviluppo.

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