Come accade per tutti i capolavori dell’umanità, anche Utopia (1516) di Thomas More ha avuto molteplici interpretazioni che si sono stratificate nel tempo. È stata proprio la struttura di questo aureo libretto (“libellus vere aureus”) a dare adito ad una pletora di giudizi che, generalizzando, si possono raggruppare in due grandi filoni: il primo ha accentuato la fede cattolica del suo autore e ha quindi letto l’Utopia come una “allegoria morale”, il secondo ha invece privilegiato la sua proposta socio-politica fondata sulla comunione dei beni e l’ha quindi considerata una sorta di manifesto politico.
Da un lato quindi l’interpretazione di R.W. Chambers (1935), per il quale Thomas More è il difensore della cristianità medioevale, dei suoi valori comunitari presenti nella vita dei monasteri, dall’altro quella di K. Kautsky (1979), per il quale More è un precursore eccezionale del socialismo moderno. A parere di chi scrive proprio la struttura dell’Utopia metta in luce come essa, più che un piano o un progetto da seguire o da imitare, si configuri come un metodo per analizzare e criticare il reale. Utopia quindi è da intendersi non come modello su cui ricostruire il mondo politico-sociale, ma come testo che sollecita la scoperta e l’analisi euristica della verità. Lo studio dell’opera metterà in rilievo come la forma dell’utopia si situi tra la filosofia politica e la retorica.
Utopia si presenta come il capostipite del genere utopico per due motivi. Innanzitutto Thomas More conia il termine “utopia”, dalla duplice etimologia: ou-τoπoς in greco significa non luogo, terra di nessun luogo, ma anche εu-τoπoς, terra del bene, della felicità. In secondo luogo essa stabilisce il paradigma, le costanti formali e tematiche che si ritroveranno sviluppate e trasformate nella tradizione dei testi utopici che si sono avvicendati nel tempo.
Immagine tratta dall’Utopia di Thomas More. Il volume fa parte del patrimonio di Fondazione Giangiacomo Feltrinelli
La struttura dell’opera è composta di due libri e bene si adatta alla forma mentis dell’utopista: una prima parte destruens, negativa, di critica dei mali dell’Inghilterra di Enrico VIII, una seconda parte construens, positiva, in cui vengono descritte e illustrate le caratteristiche politiche, economiche e morali della nuova isola di Utopia.
In Utopia vengono accostate due strategie discorsive: la prima, realistica, è presente soprattutto nel primo libro, quando More anatomizza con spietata lucidità gli effetti disastrosi dell’incipiente capitalismo, del regime tirannico della monarchia assoluta e della corruzione del clero. La seconda è quella che lui stesso inaugura e che consiste nella capacità speculativa di pensare un mondo radicalmente altro, diverso, che però viene descritto con una tale precisione e dovizia di particolari da renderlo verosimile. Il rigore, quasi l’ossessione e la capacità icastica, con cui More descrive una società alternativa sono potenti strategie per persuadere il lettore/lettrice della realtà di utopia, il paese che non c’è.
Utopia si configura come un dispositivo testuale, un testo che si costruisce attraverso l’uso sapiente di tropi retorici, di allusioni e citazioni criptiche che devono essere correttamente decifrate dal lettore. Per comprendere nella sua interezza il messaggio politico dell’Utopia di Thomas More è necessario analizzare la sua retorica. Infatti Utopia presenta una perfetta compenetrazione tra la sua forma e il contenuto.
Utopia mette anche in primo piano l’importanza delle strategie comunicative in una società civile sottolineando la differenza tra il discorso privato e quello pubblico. Da questo punto di vista Thomas More sottolinea la funzione di un dialogo calmo e civile che si fonda sul rispetto reciproco in un’atmosfera di tolleranza, dove i problemi possono essere risolti senza ricorrere alla violenza. Infine in Utopia emergono i valori della humanitas perché More sottolinea il forte legame tra etica e politica. In questa opera convergono e si mescolano differenti tradizioni culturali, la greca, la romana e la giudaico- cristiana per fornire una sintesi integrata di tutti questi elementi che vengono re-interpretati da un pensatore sofisticato che operava nella cerchia degli intellettuali di cui facevano parte Erasmo da Rotterdam e Colet.