Parigi 1843, Karl Marx, venticinque anni, e Friedrich Engels, ventitré anni, iniziano il loro sodalizio, come racconta il film Il giovane Karl Marx (di Raoul Peck, 2017, in programma sabato 24 marzo alle 21 in Fondazione Giangiacomo Feltrinelli).
Karl sa già quello che non vuole. Come tutti i ventenni colpisce, con passione e non senza irriverenza, l’oggetto della sua critica. Così è per la religione.
In queste righe che aprono lo scritto Per la critica della filosofia del diritto di Hegel. Introduzione, che egli compone nel 1843 e che rimangono tra le sue più famose, Marx non risparmia niente. Va diritto al cuore del problema e con l’irruenza dei suoi venti anni dichiara che il punto non è la spiritualità ma con quanta forza rompi le catene che ti vogliono schiavo.
Il fondamento della critica irreligiosa è: l’uomo fa la religione, e non la religione l’uomo. Infatti, la religione è la coscienza, di sé e il sentimento di sé dell’uomo che non ha ancora conquistato o ha già di nuovo perduto se stesso. Ma l’uomo non è un’entità astratta posta fuori del mondo. L’uomo è il mondo dell’uomo, lo Stato, la società. Questo Stato, questa società producono la religione, una coscienza capovolta del mondo, poiché essi sono un mondo capovolto. La religione è la teoria generale di questo mondo, il suo compendio enciclopedico, la sua logica in forma popolare; il suo point d’honneur spiritualistico, il suo entusiasmo, la sua sanzione morale, il suo solenne completamento, il suo universale fondamento di consolazione e di giustificazione. Essa è la realizzazione fantastica dell’essenza umana, poiché l’essenza umana non possiede una realtà vera. La lotta contro la religione è dunque, mediatamente, la lotta contro quel mondo, del quale la religione è l’aroma spirituale.
Karl Marx studente (1834), in una litografia si N. Pensart (museo Marx-Engels di Mosca)
La miseria religiosa è insieme l’espressione della miseria reale e la protesta contro la miseria reale. La religione è il sospiro della creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore, così come è lo spirito di una condizione senza spirito. Essa è l’oppio del popolo.
Eliminare la religione in quanto illusoria felicità del popolo vuol dire esigerne la felicità reale. L’esigenza di abbandonare le illusioni sulla sua condizione è l’esigenza di abbandonare una condizione che ha bisogno di illusioni. La critica della religione, dunque, è, in germe, la critica della valle di lacrime, di cui la religione è l’aureola.
La critica ha strappato dalla catena i fiori immaginari, non perché l’uomo porti la catena spoglia e sconfortante, ma affinché egli getti via la catena e colga i fiori vivi. La critica della religione disinganna l’uomo affinché egli pensi, operi, dia forma alla sua realtà come un uomo disincantato e giunto alla ragione, affinché egli si muova intorno a se stesso e perciò, intorno al suo sole reale. La religione è soltanto il sole illusorio che si muove intorno all’uomo, fino a che questi non si muove intorno a se stesso.
È dunque compito della storia, una volta scomparso l’al di là della verità, quello di ristabilire la verità dell’al di qua. E innanzi tutto è compito della filosofia, la quale sta al servizio della storia, una volta smascherata la figura sacra dell’autoestraneazione umana, smascherare l’autoestraneazione nelle sue figure profane. La critica del cielo si trasforma così nella critica della terra, la critica della religione nella critica del diritto, la critica della teologia nella critica della politica.
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Dalla ricca sezione dedicata alle opere di Marx e Engels conservate dalla Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, presentiamo una galleria di copertine e frontespizi delle traduzione del Capitale.
Oltre alle versioni complete in italiano, francese, inglese, cinese, russo nonché in lingue meno diffuse come il serbo-croato pubblicate tra Ottocento e Novecento, la raccolta comprende anche molte riduzioni tra cui il compendio di Carlo Cafiero stampato nel 1879, prima apparizione dell’opera in Italia.