Direttore della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli

Questo forum è un’occasione per rilanciare la riflessione sullo stato di salute della nostra democrazia; sulle sfide che la politica deve affrontare in questa fase di trasformazione delle nostre società. Questo forum è anche l’esito di un lungo percorso di ricerca dell’Osservatorio sulla democrazia della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli che ha goduto del coordinamento di Spartaco Puttini che ringrazio calorosamente.

Da tempo la nostra Fondazione ha un’area di ricerca dedicata al tema dell’innovazione politica e un laboratorio di idee e progetti come l’osservatorio sulla democrazia.

Attraverso l’impegno di giovani ricercatori, professori di fama, come la responsabile scientifica del progetto, la professoressa Nadia Urbinati, abbiamo costruito in questi anni una fitta rete di relazioni, un flusso di pubblicazioni di alto livello e un calendario di iniziative pubbliche.

In questi mesi abbiamo organizzato un percorso preparatorio, in vista di questo forum, comprensivo di momenti di ricerca e approfondimento (come i tre workshop “We the Power, We the Media e We the People, dedicati alla crisi della rappresentanza, alla comunicazione politica e alle nuove forme di partecipazione) e di momenti di divulgazione. Su questo sfondo abbiamo invitato Sergio Fabbrini, Yanis Varoufakis e Giuliano Pisapia, Paul Mason, Florian Phillippot, Yves Sintomer, Evgenyi Morozov, Rosy Bindi, Marco Cappato, Giulio Tremonti, Claudio Martelli e Walter Veltroni a parlare di

  • trasformazione della dicotomia destra/sinistra;
  • il presente della forma partito;
  • lo stato dei sistemi politici rappresentativi;
  • le forme più avanzate di mobilitazione e partecipazione politica;
  • l’evoluzione della comunicazione politica e della comunicazione in politica.

Verso il 4 marzo e verso questo forum abbiamo pubblicato un epub, curato da Manuel Anselmi, Paul Blokker e Nadia Urbinati sulla sfida populista. Con questa iniziativa editoriale, che oltre ai curatori ha coinvolto studiosi dei fenomeni populisti come Patricia Chiantera-Stutte, Rafaella Baritono, Debora Spini, David Ragazzoni e Michele Sorice, abbiamo voluto offrire un contributo di approfondimento su un fenomeno che rappresenta oggi una delle sfide più rilevanti alla democrazia rappresentativa. Grazie a questi autori lo abbiamo fatto con una pubblicazione che studia il populismo prestando attenzione a tematiche rimaste spesso periferiche nella letteratura dominante. Come Fondazione lo abbiamo fatto per coniugare la ricerca con l’impegno civile alla divulgazione in un’ottica di servizio, nei confronti della cittadinanza. Proprio per queste ragioni lo abbiamo fatto in un momento nel quale l’Italia era chiamata alla prova del voto, in un contesto difficile. Un contesto che ci impegna oggi più che mai ad attrezzarci con gli strumenti più adatti per orientarci in un mondo in profondo cambiamento.

Sono le stesse motivazioni che ci porteranno, a inizio aprile, a pubblicare un volume di ricerca che si interroga sulla destra come spazio politico. Cos’è la destra? Come agisce, comunica e costruisce legami e consenso? Quali sono le reazioni di chi si trova di fronte alla proposta politica della destra?

Attorno a queste domande abbiamo ingaggiato docenti affermati e giovani ricercatori che studiano questi fenomeni. È questo un campo di ricerca, studio e iniziativa pubblica che la Fondazione intende presidiare anche nei mesi a venire.

Sarà nostro ospite il 6 aprile anche il filosofo francese Alain De Benoist, che ci parlerà della destra.

Con queste iniziative abbiamo cercato di costruire ponti. Tra accademici e attori sociali, tra esperti e attori politici e tra questi e la cittadinanza. Perché la politica e la democrazia non sono affari di pochi.

Costruire ponti è proprio il compito sociale e politico di un’istituzione come Fondazione Giangiacomo Feltrinelli. Così cerchiamo di far parlare persone diverse da mondi opposti e proponiamo ai cittadini tutti gli strumenti necessari per essere membri attivi della nostra comunità.

E questa missione ora sembra più che mai importante. Una veloce ricognizione dei principali indicatori, infatti, restituisce l’immagine di una democrazia sfiduciata, percorsa da profonde fratture e indebolita dalla lunghissima recessione economica.

Larry Diamond, uno dei più importanti studiosi della democrazia, ritiene che i nostri regimi politici non stiano affrontando solo una recessione economica, ma anche una recessione democratica. L’edizione 2017 del Democratic Index, soprattutto se letta lungo una prospettiva diacronica che mette a confronto i risultati degli ultimi dieci anni, conferma questa tesi.

 

Forum Democrazia Minima 2018

 

Le principali manifestazione di questa recessione democratica, come scrive l’Economist Intelligence Unit (2017), sono:

  • L’astensionismo cresce elezione dopo elezione. In Italia, alle prime elezioni per la Camera del 1948 partecipò il 92,2% degli elettori, nel 2013 si è scesi al 75,2% fino al crollo delle elezioni amministrative del 2016 quando ha votato solo il 60% degli aventi diritto (Dati del Ministero dell’Interno).
  • Pochezza della funzione di governo. L’ultima edizione (2016) dell’Indice di Percezione della Corruzione posizione l’Italia al sessantesimo posto nel mondo (con un voto di 47 su 100). L’Italia così si trova così agli ultimi posti in Europa, seguita solo da Grecia e Bulgaria. Dati dell’International Civil Service Effectiveness Index confermano il ritardo della nostra pubblica amministrazione: l’Italia ottiene 20 punti su 100 quando la media dei paesi economicamente avanzati è 60. Secondo un recente rapporto della CGIA, ‘gli sprechi e la cattiva gestione della macchina dello Stato hanno una dimensione economica superiore al mancato gettito riconducibile all’evasione fiscale’ (CGIA 2017).
  • Sfiducia nelle istituzioni. Dati DEMOS (2017) dimostrano che gli italiani tendono ad approcciare gli interlocutori pubblici con diffidenza, soprattutto quando si parla di e con i partiti. Come se non bastasse, è molto basso il grado di fiducia di cui dispongono lo Stato (meno del 20%) e l’Unione Europea (non più di 3 italiani su 10).

L’Italia così viene descritta come una flawed democracy (una democrazia difettosa, si potrebbe dire) dove i media, ancora secondo l’Economist Intelligence Unit, sono solo parzialmente liberi.

Come se questo non bastasse, gli ultimi dati ISTAT e il rapporto ASVIS 2017 raccontano di laceranti tensioni economiche. Nel 2016, le famiglie in povertà assoluta erano 1,6 milioni (il 6,3% delle famiglie residenti) per un totale di 4,7 milioni di individui (ASVIS 2017). Questo è il livello più alto dal 2005. Nel 2016, poi, il 30,0% delle persone residenti in Italia è a rischio povertà o esclusione sociale (ISTAT 2017).

 

Ci sono profonde differenze tra Nord e Sud. Nel 2016, il Mezzogiorno, secondo l’ultimo rapporto ASVIS, registra l’incidenza più elevata di soggetti in povertà assoluta (8,5% delle famiglie e il 9,8% di individui). Ancora più preoccupante è la condizione di bambini e adolescenti, ma anche dei giovani tra i 18 e i 34 anni, su cui l’incidenza della povertà assoluta è triplicata in circa dieci anni.

Secondo gli ultimi dati Eurostat (2018), l’Italia è uno dei paesi più diseguali in Europa, se guardiamo alla distribuzione del reddito (rapporto tra i redditi del 20% più ricco e del 20% più povero). I dati ISTAT del 2015 già anticipavano questa situazione. Per di più, si delineava per le regioni del Mezzogiorno un indice di disuguaglianza maggiore. La Sicilia arrivava a un risultato (8,3) doppio rispetto al Veneto.

La situazione è ulteriormente aggravata dall’altissimo tasso di disoccupazione, che, seppur in calo, racconta di un paese dove un giovane su tre non ha lavoro.

Ecco, in un quadro così preoccupante, ci sembra fondamentale alimentare la riflessione attorno ai presupposti sociali, economici e politici della democrazia. Su questo sfondo, ora più che mai, dobbiamo superare una concezione procedurale dei regimi democratici, che in condizioni di crisi, quale quella che attraversiamo, può dimostrarsi un argine troppo fragile a derive pericolose.

Vogliamo individuare i presupposti minimi di una democrazia ben fondata, di una democrazia sostanziale, per difenderli e creare le condizioni per una declinare in un contesto di ampie trasformazioni sociali i principi di libertà e uguaglianza.

Sentimenti di inclusione sociale e di inclusione politica vanno di paro passo. Così pure le loro ombre: le percezioni di esclusione sociale e politica che rendono fragili le nostre democrazie.

Per essere cittadini a pieno titolo è necessario possedere gli strumenti per orientarsi e per contribuire a far tesoro dei diritti conquistati dalle generazioni precedenti, non dandoli mai per scontati. Ma è altrettanto necessario immaginare e sperimentare nuove possibilità di dialogo tra cittadini e istituzioni per riuscire a superare positivamente le sfide cui si confrontano le nostre democrazie.

Condividi
La Fondazione ti consiglia
pagina 40862\