Testo tratto da La democrazia di fronte allo stato. Una discussione sulle difficoltà della politica moderna, annale di Fondazione Giangiacomo Feltrinelli


Da una parte, nell’unitarietà della sua manifestazione, nei modi in cui viene organizzato, nell’eccezionalità della giornata che vi è dedicata, il suffragio tende ad assumere le sembianze di una cerimonia dove, periodicamente, viene dichiarata e confermata l’uguaglianza di tutti i cittadini che appartengono alla comunità nazionale; dall’altra, nella competizione in cui i partiti e i candidati di presentano, il suffragio si propone come conferma dell’alternativa fra varie proposte tra le quali periodicamente il governo del paese si trova sospeso, e insieme della solidarietà di idee, ma anche di concezioni di vita, che i partecipanti alla politica si trovano ad avere a disposizione per superare il loro isolamento di fronte allo Stato.

Immagine tratta dal patrimonio di Fondazione Giangiacomo Feltrinelli

 

Rispetto ai precedenti partiti di notabili, i partiti ideologici si distinguono nel proporre fini di lungo andare, spesso non individuabili in provvedimenti fatti in favore di specifici interessi, bensì di valori che si presentano giusti e predicabili per la comunità nel suo insieme; così alimentando la speranza di poter modificare, grazie all’attività politica, la società, fondata sull’idea escatologica di una possibile uguaglianza tra tutti gli umani. Pur essendo queste le mete che i partiti ideologici, portando al suffragio le masse popolari, proponevano alla loro azione, quando cominciarono a entrare nel parlamento, e poi anche al governo, avevano piuttosto come principale risultato la moderazione delle pretese che avevano accompagnato le lotte.

Per un periodo (che del resto fu più transitorio di quanto sperato) condussero a una fase di stabilità i regimi liberal-democratici. Sembrava confermarsi l’ipotesi di chi aveva occhiutamente interpretato la funzione delle conquiste democratiche come un modo di erigere ben architettate facciate a nuovi edifici per il popolo, pur mantenendo più o meno intatta la distribuzione e la gerarchia delle abitazioni dietro di esse. Agli occhi di molti, insomma, la partecipazione popolare al suffragio sembrava svolgere maggiormente un ruolo di schermatura del reale potere generato dalla competizione del mercato, che non di controllo, né tanto meno di rovesciamento.

A testimonianza di questa interpretazione, ci si poteva richiamare al fine che molti pensavano dovesse essere proprio della democrazia: il conseguimento di una maggiore uguaglianza di condizioni economiche.

Ma negli ultimi trent’anni, la disuguaglianza economica appare al contrario, praticamente ovunque, in fortissimo aumento. Le speranze democratiche avevano dichiarato come propria meta finale la via verso l’uguaglianza di condizioni dei cittadini, ma l’avvicinamento a queste condizioni è rimasto tutt’al più nell’orizzonte escatologico, non nelle statistiche.

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