Il campo della politica, soprattutto di quella che i francesi chiamerebbero politique politicienne, non è quello che si è distinto per l’uso più innovativo delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione. I partiti politici si sono inizialmente limitati, nei primi anni dell’era di internet, a utilizzare i siti web come una vetrina, l’equivalente funzionale di un manifesto elettorale, passando poi a forme di interazione (come quelle che avvengono sui social network) solo apparentemente bidirezionali.
Il tema di come i partiti politici utilizzano internet è rilevante non soltanto perché è sempre più sul campo delle tecnologie digitali che si giocano le competizioni elettorali, con i rischi di disinformazione e di creazione di bolle informative che abbiamo imparato a conoscere nel corso degli ultimi anni. Guardare soltanto all’impatto sulla comunicazione politica sarebbe fuorviante: il mutamento più significativo che le nuove tecnologie imprimono sulla politica è di tipo strutturale e organizzativo. In questo senso, il Movimento 5 stelle rappresenta una delle maggiori novità in campo italiano ed europeo. Come noto, il Movimento non presenta una struttura organizzativa simile a quella dei partiti tradizionali, facendo di internet la sua infrastruttura portante.
Parte di questa infrastruttura è la piattaforma di partecipazione online, significativamente chiamata Rousseau. È attraverso questo sito web che dovrebbe avvenire il contatto diretto e immediato (nel senso di non mediato da corpi intermedi) tra cittadini e potere auspicato dal Movimento.
Ritratto di Jean Jacques Rousseau, tratto dal patrimonio
di Fondazione Giangiacomo Feltrinelli
In effetti, nel corso degli ultimi anni gli iscritti al Movimento hanno avuto modo di prendere, attraverso Rousseau, decisioni quali la scelta delle candidature per il parlamento, la definizione dei programmi elettorali e l’elezione dei membri degli organi intermedi. In determinati casi, inoltre, è stato chiesto agli iscritti di votare al fine di “dirigere” il comportamento degli eletti nelle assemblee. Attraverso la funzione della piattaforma chiamata Lex, gli iscritti hanno la possibilità di commentare le leggi dei rappresentanti eletti (all’europarlamento, al parlamento nazionale e nelle assemblee regionali) prima che queste vengano presentate nelle assemblee (e, a determinate condizioni, proporne loro stessi, attraverso Lex Iscritti). Sharing permette la condivisione di atti di consiglieri regionali e comunali.
Non è possibile trattare in questo breve spazio della gestione della piattaforma, né della complessa struttura organizzativa del Movimento, in cui sono compresenti tendenze contrastanti alla centralizzazione e alla partecipazione dal basso. Rimanendo sul tema delle piattaforme di partecipazione online, possiamo riconoscere la portata innovativa di questo esperimento, ma anche evidenziarne alcune criticità.
La prima è relativa al contenuto delle consultazioni e alle opzioni disponibili. Chiamati alle urne virtuali, gli iscritti non hanno la possibilità decidere che cosa viene messo al voto (di proporre, cioè, un’iniziativa). Inoltre, anche le opzioni disponibili sono nella maggior parte dei casi chiuse e predeterminate. Le consultazioni sono, insomma, proposte e gestite “dall’alto”.
La seconda riguarda l’utilizzo di un software proprietario, non open source (di cui è impossibile ispezionare il codice) e le falle di riservatezza (la gestione dei dati) e sicurezza (il controllo delle operazioni di voto) del sistema, riscontrate anche dal Garante per la privacy nell’ultimo periodo.
La terza è l’assenza all’interno della piattaforma di uno spazio per il confronto e il dibattito (uno spazio, insomma, di deliberazione) tra gli iscritti, che hanno sì la possibilità di votare o commentare, ma con una modalità che configura una concezione fortemente individualistica di partecipazione.
È importante prestare attenzione all’architettura e al design delle piattaforme di partecipazione online. Perché se è vero che attraverso le nuove tecnologie è potenzialmente possibile indebolire gli intermediari e creare un sistema di decision-making maggiormente inclusivo, bisogna riconoscere, d’altra parte, che nel web i rapporti di potere tra gli attori non vengono semplicemente annullati: chi si trova in una situazione di forza (data dalla competenza, dall’esperienza, o dal “controllo sui mezzi di produzione”) può realizzare questi sistemi in modo da aumentare (e non diminuire) il proprio potere.
L’esperienza di Rousseau presenta dunque luci e ombre: innovazioni e incrinature. E dimostra che, se la tendenza alla centralizzazione all’interno dei partiti è stata osservata fin dalla loro nascita, gli strumenti digitali possono attenuarla ma anche accentuarla.