L’8 ottobre 1964 Raniero Panzieri andò dal medico che gli trovò la pressione altissima e gli ordino riposo assoluto, una richiesta che a un uomo come lui doveva suonare assurda e comunque giungeva troppo tardi. La mattina dopo era morto, di embolia. Non aveva ancora quarantaquattro anni
Sono le parole con cui Cesare Cases nel 1982 ripercorre il momento della morte di Panzieri. Nelle parole di Cases c’è il tema dell’emozione e forse anche quello di un’avventura o di una sfida che la vita, le passioni, gli stimoli e alla fine anche le scelte (perché è importante ciò che si dice e si scrive, ma poi è anche importante ciò che si fa) di Raniero Panzieri avevano rappresentato per una generazione culturale e politica che iniziava ad esserci nell’Italia degli anni’60.
Scrive ancora Cases: “Credo che gran parte del fascino di Panzieri derivasse da un’arte rarissima benché essenziale in politica: quella di ricominciare da capo.”
A noi è sembrato che questa immagine fosse calzante e cogliesse un aspetto importante della personalità politica e anche della sua azione culturale non solo nel Partito socialista, il partito in cui Panzieri a lungo aveva militato e di cui era stato dirigente di qualità e di prestigio dal 1945 al 1960, ma anche dopo. Una costante che ci sembra sufficientemente supportata anche dai documenti che compongono le carte del Fondo Raniero Panzieri di proprietà della Fondazione di cui qui si pubblica l’inventario anche per confermare la nostra vocazione di centro culturale che propone temi e problemi di ricerca e organizza le fonti per consentire la realizzazione della ricerca.
Dalle carte di quel fondo abbiamo scelto un testo che testimoniasse il pensiero e il carattere di Panzieri, della sua “febbre” di sapere e innovare, di “ricominciare da capo” per riprendere le parole di Cases.
Di questa “febbre” a noi è sembrato che il testo, ricco di correzioni e di riscritture, rappresentasse anche iconograficamente il profilo di un carattere, di una tenacia fatta anche e soprattutto di studio sulle fonti, dil confronto con i classici, Marx soprattutto, ma anche di studio dell’Illuminismo (Panzieri si era laureato nel 1945 sostenendo una tesi sul Code de la nature di Morelly), come ci ricorda Cesare Pianciola nel suo testo, e di un continuo dialogo con una generazione in cerca di un sapere vivo, mobile, capace di leggere il presente e in cui conta anche il legame tra persone, come ci ricorda Goffredo Fofi nel suo testo.
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Nell’esperienza di Raniero Panzieri la sconfitta è nel conto, fa parte del gioco. Non fa parte del gioco invece la demagogia.
Abbiamo scelto di ricordarlo scegliendo un testo, scritto nell’ottobre 1956 durante i giorni dell’invasione dell’Ungheria da parte delle trippe del Patto di Varsavia. La versione originale del testo è conservata nelle Carte Raniero Panzieri (fascicolo 24) di proprietà della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli.
Il testo ci è sembrato significativo sia per il momento in cui fu scritto sia per come si presenta agli occhi del suo lettore a cinquant’anni di distanza. Un testo che segna un momento di conflitto nella sinistra e che testimonia, insieme, della sua voglia di ricominciare, senza recedere.
Insieme abbiamo chiesto a due suoi “vecchi amici” di ricordarlo.
A Cesare Pianciola, autore di una monografia dedicata a Panzieri (Il marxismo militante di Raniero Panzieri, Centro di Documentazione Editrice, Pistoia 2014) pubblicata l’estate scorsa ne “I quaderni dell’Italia antimoderata”, abbiamo chiesto una riflessione sul profilo culturale di Raniero Panzieri rispetto alla tradizione marxista in Italia.
A Goffredo Fofi abbiamo chiesto di ricordarci non un ambiente, Torino alla fine degli anni ’50, ma anche che cosa ha voluto dire per lui l’incontro con Panzieri, il confronto con la nuova emigrazione meridionale a Torino da cui prende le mosse il suo lavoro di ricerca sulla condizione operaia nell’Italia industriale del boom economico, avviato su indicazione di Raniero Panzieri e che dopo una storia editoriale tormentata è pubblicato da Giangiacomo Feltrinelli nel 1964 con il titolo L’immigrazione meridionale a Torino.
Li ringraziamo per aver aderito con entusiasmo alla nostra richiesta.
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