Ricercatrice Fondazione Giangiacomo Feltrinelli

Nel dibattito sui modelli di sviluppo che ha seguito la conferenza delle Nazioni Unite Rio+20 orientato al tema della sostenibilità, e a partire dall’evidenza raccolta da ricerche che per tale tema propongono interpretazioni e soluzioni, è emerso il nesso tra la trasformazione strutturale di una economia, il ruolo, in questo senso, del settore agricolo e la redistribuzione della forza lavoro tra comparti economici. A questi fattori, poi, si connette anche il fenomeno delle migrazioni tra zone rurali e aree metropolitane.

Il catalizzatore di questa trasformazione strutturale è l’aumento della produttività dei sistemi di produzione agricola di piccola scala: un mutamento, questo, che innesca cambiamenti profondi nelle economie rurali fino a trainare trasformazioni sostanziali di tutto il sistema economico di un paese o di un’area geografica. Specificamente, incrementi nei redditi dei piccoli produttori rurali hanno l’effetto di determinare modelli di consumo e, quindi, di spesa che promuovono la crescita dell’economia rurale non agricola attraverso la creazione di una domanda di mercato relativa a beni di consumo per lo più di provenienza locale. Questo percorso mette in moto un circolo virtuoso in cui l’aumento dei redditi dei piccoli produttori agricoli alimenta lo sviluppo di settori produttivi non strettamente riconducibili al comparto agricolo che possono imprimere crescita e sviluppo a un intero impianto economico. Qui, poi, sono gli strumenti normativi che creano collegamenti e sinergie tra il settore agricolo e, più in generale, il comparto rurale con le aree urbane e peri-urbane a giocare un ruolo fondamentale nel garantire il consolidamento di sistemi funzionali entro i quali esistono opportunità per un’ulteriore crescita del reddito rurale assicurando, al contempo, la disponibilità di cibo a prezzi accessibili e di altri beni di produzione rurale per i quali esiste una domanda ‘urbana’. Quale conseguenza, si osserva che la forza lavoro locale passa gradualmente dall’agricoltura ai settori legati all’industria e dei servizi, alimentando un incremento nei livelli di migrazione verso le aree metropolitane dove tali settori tendono a concentrarsi.

In questo quadro, occorre evidenziare che le dimensioni sociali delle trasformazioni rurali – in particolare, la promozione dell’uguaglianza di genere e l’empowerment delle donne – definiranno le opportunità per quanti si affacceranno al mercato del lavoro. Ad esempio, secondo le tradizionali norme sociali proprie di molte società rurali, differenze di genere nell’accesso alle risorse di cui le famiglie dispongono – in particolare la terra – hanno implicazioni significative nel determinare scelte in materia di occupazione e migrazione tra i giovani. È il caso del nord della Tanzania, dove è consuetudine che le figlie femmine contribuiscano con il lavoro non retribuito alle aziende agricole a conduzione familiare, senza tuttavia avere il diritto a ereditare la terra, motivo per il quale un numero crescente di giovani donne sono attratte dalle possibilità di lavoro nei centri urbani e nelle località turistiche, anche a distanze considerevoli dalle località rurali di provenienza. Al contrario, i giovani, che invece hanno diritti sulla terra sono maggiormente orientati a spostarsi su piccole distanze e per periodi di tempo più brevi, ritornando a casa, spesso, per la stagione agricola.

Trasformazioni rurali nell’Africa sub-sahariana

Gli impatti di questi disequilibri di genere e la misura in cui le disparità che li generano persisteranno nelle società tradizionali in molti paesi dell’Africa sub-sahariana avranno implicazioni sociali ed economiche considerevoli per le comunità rurali nei prossimi decenni, soprattutto alla luce della portata dei numeri che descrivono l’evoluzione del mondo del lavoro in questa area. Qui, infatti, si prevede che nei prossimi quindici anni circa 330 milioni di giovani entreranno nel mondo del lavoro. È stato stimato che 195 milioni di questi vivranno nelle zone rurali insistendo sui mercati locali, quindi, per trovare occupazione. Tali dati sono in linea con il panorama mondiale: i soggetti di età inferiore ai quindici anni oggi rappresentano circa un quarto della popolazione totale dei cosiddetti paesi emergenti. I giovani tra i 15 e i 24 anni, invece, ne costituiscono circa un quinto.

Dato questo contesto, è importante osservare che, a parità di altri fattori, sono i giovani i più propensi a migrare. Questo, oltre a fare presagire sfide di grande rilievo nella previsione che il mercato del lavoro di aree economicamente ancora emergenti debba assorbire milioni di giovani garantendo la disponibilità di occupazione dignitosa, è stato indicato come leva per l’emersione di un dividendo demografico. L’energia e il dinamismo di una popolazione giovane, infatti, può potenzialmente dare un contributo significativo alla creazione e diffusione di innovazione nella produzione, nel marketing e nell’uso delle risorse naturali. Nel momento in cui le risorse umane depositarie di questo potenziale si spostano dalle aree rurali a quelle urbane, ecco che si delinea una perdita per il comparto rurale che, ancora, costituisce il contesto dal quale milioni di persone traggono le risorse per la propria sussistenza.

Sarà quindi sempre più importante garantire che la centralità delle zone rurali nei processi di sviluppo in un’ottica di sostenibilità si rifletta in modo prominente in un modello di sviluppo spazialmente integrato attraverso adeguati processi di pianificazione che sappiano tenere conto dei flussi di risorse, persone e competenze tra aree rurali e urbane. Riconoscere la centralità della trasformazione dell’economia rurale nel determinare un avanzamento strutturale di tutto il comparto economico di un paese passa, inoltre, attraverso lo sviluppo di opportunità per promuovere la mobilità del lavoro.

Un fattore chiave, in questo senso, sarà investire nelle popolazioni rurali: migliorarne le competenze, le conoscenze, promuovere l’uguaglianza di genere, l’empowerment femminile, facilitare l’accesso ai mercati, alle risorse ambientali e finanziarie, specialmente per donne e giovani dato il loro potenziale trasformativo dei contesti sociali di cui sono parte integrante.

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