Il rapido incremento della popolazione mondiale e la crescente urbanizzazione, in particolare nelle città del Sud del Mondo, associate agli effetti del cambiamento climatico e al depauperamento delle risorse naturali, pongono numerose sfide per lo sviluppo sostenibile delle aree urbane in una prospettiva globale.

Le città occupano il 3% della superficie terrestre e sono responsabili del 78% delle emissioni di carbonio, del 60% del consumo di risorse idriche a fini residenziali e del 76% di quello del legname impiegato a scopo industriale (Grim et al., 2008). Questi dati evidenziano la necessità di ridurre l’impronta ecologica delle aree urbane attraverso la definizione di approcci innovativi orientati al raggiungimento di uno sviluppo sostenibile ed equo nel lungo periodo, così come evidenziato dal programma d’azione dell’Agenda 2030 e, nello specifico, dal Sustainable Development Goal 11 – Make cities and human settlements inclusive, safe, resilient and sustainable,

Infatti, nonostante la positiva correlazione tra urbanizzazione e crescita economica, è necessario evidenziare come la mancata gestione di pattern urbani sostenibili possano influire nella concentrazione di povertà, ineguaglianze e malnutrizione nelle città, a partire dal degrado e l’alterazione funzionale degli ecosistemi naturali e di quei servizi ecosistemici da cui il genere umano dipende: cibo, acqua, regolazione della qualità dell’aria, del clima e del suolo e conservazione della biodiversità.

Al fine di rispondere a tali criticità, le città, a seguito dei processi di globalizzazione e decentralizzazione delle funzioni governative, sono sempre di più chiamate a recitare un ruolo chiave nella definizione di strategie e politiche volte alla protezione e valorizzazione delle green infrastructure (Borelli et al., 2015) e alla massimizzazione dei benefici ambientali, sociali ed economici da esse fornite.

 

Figura 1 – Pratiche di forestazione urbana dal basso da parte di Friends of Urban Forest, San Francisco (www.fuf.net)

In quest’ottica, i sistemi agro-forestali, riconosciuti come fonte primaria di servizi eco-sistemici, sono tra quelle pratiche implementabili anche in contesti urbani, sia nel Nord sia nel Sud del mondo, capaci di migliorare la sicurezza alimentare e nutritiva e il sostentamento familiare e individuale, contribuendo allo sviluppo di sistemi alimentari urbani più sani ed equi e, in generale, al miglioramento della sostenibilità e della resilienza dei sistemi urbani.

I sistemi agro-forestali, caratterizzati dall’integrazione tra alberi, coltivazioni e/o allevamenti, non rappresentano una pratica innovativa, essendo stati utilizzati per secoli, sia nelle regioni temperate sia tropicali, prima di essere sostituiti da sistemi di produzione semplificati e monoculturali.

Il rinnovato interesse per le pratiche agro-forestali è dovuto ai benefici aggiuntivi, in comparazione con i sistemi di agricoltura urbana convenzionale, che sono in grado di apportare, particolarmente in termini di ottimizzazione delle interazioni biologiche, fisiche ed ecologiche tra i diversi elementi naturali che li compongono.

L’integrazione di pratiche agro-forestali all’interno delle città dunque, se adeguatamente pianificata e gestita, può esaltare la loro multifunzionalità e favorire la fornitura di quei servizi ecosistemici che il The Economics of Ecosystems and Biodiversity (TEEB,2011), raggruppa in quattro categorie:

(i) servizi di approvvigionamento: forniscono materie prime come cibo, acqua, combustibile, legname e fibre;
(ii) servizi di regolazione: provvedono alla regolazione del clima, qualità dell’aria e delle acque, la formazione del suolo e l’assimilazione di rifiuti;
(iii) servizi di supporto: includono la creazione di habitat e la conservazione della biodiversità;
(iv) servizi culturali: forniscono benefici immateriali come l’identità culturale, i valori estetici e ricreativi e l’arricchimento spirituale e intellettuale.

Interessanti esperienze di urban and peri-urban agroforestry possono essere riscontrare in varie regioni del mondo. Ad esempio, nelle regioni tropicali, i tradizionali multi-storey home-gardens, fornendo frutta e vegetali freschi e nutrienti, svolgono un ruolo fondamentale per il miglioramento della sicurezza alimentare e del reddito familiare delle comunità locali. Nelle economie avanzate invece, solitamente queste pratiche svolgono per lo più un ruolo socio-educativo, orientato alla sensibilizzazione dei giovani verso temi di attualità in ambito ambientale, come avviene ad esempio nei school gardens, o anche all’inclusione sociale e lavorativa di persone svantaggiate.

In aggiunta ai progetti di piccola scala, le pratiche agro-forestali possono essere integrati anche all’interno del sistema di pianificazione urbana. A tal riguardo, un esempio calzante è rappresentato dalla green-way multifunzionale realizzata nella città di Bobo-Dioulasso, in Burkina Faso, come misura di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici (Di Leo et al., 2014).

 

Figura 2 – Progetto di Greenways Multifunzionali in Bobo-Dioulasso, Burkina Faso (Fonte: Commune de Bobo Dioulasso, 2014)

In questo contesto, nonostante i limiti alla diffusione di tale pratiche all’interno dei contesti urbani – per lo più relativi all’insicurezza della proprietà fondiaria, alla mancanza del necessario know-how e allo sviluppo di opportuni modelli di governance – i sistemi agro-forestali possono contribuire significativamente al miglioramento dell’economia urbana e alla sostenibilità dei sistemi alimentari locali, così come al benessere e alla salute di ogni abitante, rispecchiando quella visione, in parte utopica, promossa da Donadieu (2013) e indirizzata al superamento della dicotomia città-campagna e alla creazione di città agro-ecologiche, in cui l’agricoltura urbana è in armonia con le componenti ecologiche e il paesaggio.

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